mercoledì 28 dicembre 2016

Tell Me


Torna a casa tardi, dopo essersi ripulita di ogni cosa, cambiata, essersi passata le dita tra i ricci mori per ravvivarli. Il peso di una giornata infinita le grava al centro del petto. La rabbia della sconfitta per un errore sciocco, inspiegabile, l'attacco di panico che le ha imposto di chiudersi nei bagni del Nest finché non è riuscita a tornare a respirare, a mentirsi dicendosi che troveranno una soluzione, nonostante tutto. La sorpresa di trovare in Davey Callaway un essere umano pronto ad ammettere e a pagare per i propri errori, e non solo un gorilla di cui ha avuto timore dal primo momento in cui l'ha visto. L'incertezza di non sapere cosa accadrà, di sentire gli eventi sfuggirle di mano senza poterli in alcun modo recuperare. Quando sale le scale fino al suo piano è talmente assorta nei suoi pensieri da non rendersi conto fino all'ultimo dell'uomo seduto sul pianerottolo, di fronte alla sua porta. Trasalisce, e lui sembra riprendersi da un torpore antico, tetro.

- Marc, maledizione, cosa ci fai qui?

Marcus Brown, Titus Red, avrebbe bisogno di tagliarsi i capelli una volta per tutte, ma a quella parte della sua giovinezza non ha ancora rinunciato. Non ha rinunciato alle giacche di pelle, ai vestiti sgualciti, alla vita rock n' roll che il successo in California gli ha garantito, rendendolo una delle rockstar più apprezzate dei tempi moderni. Non ha rinunciato alle ore piccole e ai grandi gesti da infilare in una canzone. Non ha di certo rinunciato a presentarsi ubriaco alla sua porta, con gli occhi rossi di chissà cosa e grumi e nodi pesanti nel petto di cui non vede l'ora di liberarsi. Le sorride. Si lascia scavalcare. Quando lei entra nel proprio appartamento, lui si tira su a fatica e la segue come un randagio.

- Stai male?

Glielo chiede molto delicatamente, con la bocca impastata, mentre si richiude la porta alle spalle. Mare lo guarda come se non capisse, non risponde.

- Non sapevo perché venissi a New York. Sapevo che non era per me. Ti ho fatto seguire. Scusa.
- Mi hai fatto seguire a New York?
- Sì.

Mare sbatte le palpebre, incredula. Boccheggia senza spiegazioni.

- Sei andata allo stesso centro di Tish. Più volte. Con la stessa frequenza con cui andava lei quando stava provando a... ho chiesto a Jules. Mi sono fatto dire cose da Jules. Stai male?

Il modo in cui infila una parola dopo l'altra le fa girare quasi la testa.

- Non hai nessun diritto di chiedermelo.
- Lo so. Lo sto facendo lo stesso. Hai quello che ha Tish? Quello che...

Piega il capo di lato e strizza gli occhi. Geme come se gli stessero calpestando un piede.

- ... Quello che aveva vostra madre?

Lei continua a non rispondere. Martie si tiene in disparte, forse ha annusato la situazione dal suo cuscino d'angolo. Marcus oscilla il peso da una gamba all'altra, non le è mai sembrato più a disagio. Ha gli occhi lucidi e tira su col naso come fosse un ragazzino.

- Ti prego, di' qualcosa.
- Non so cosa dirti.
- Da quanto lo sai?
- Diversi mesi. La scorsa estate.
- Perché non me l'hai detto?

Mare sorride, ha scuse dolorose incastrate negli occhi. Spalanca le braccia, poi le lascia ricadere lungo i fianchi. Sembra delusa.

- Perché non volevo far star male Tish. Perché non volevo dover consolare altre persone. Te. Perché non mi andava di pensarci.
- Se lo avessi saputo...
- Cosa? 
- Avrei messo la testa a posto, sarei venuto da te prima.
- Non mi avresti trovato. Lo sai.
- E ora?

Marcus oscilla in avanti. Sono quattro passi, ma riesce lo stesso a non farli dritti, a ciondolare. Ha sempre oscillato come un giunco al vento. Deve essere il motivo per cui nulla è mai riuscito a spezzarlo: ha sempre avuto un modo di essere elastico.

- Avanti, Sherman. Sono io, siamo noi. Senza di te non sarei mai arrivato qui, non sarei niente. Ti piace Philadelphia? Okay, rimaniamo a Philadelphia. Rimaniamo in questo quartiere, in questo palazzo, in questo appartamento pulcioso se ti va. Tu puoi continuare a lavorare e io posso mollare i Cons e iniziare la mia carriera solista con qualche etichetta della zona. 
- I ragazzi avranno da ridire.
- Non me ne frega un cazzo dei ragazzi. Di nulla. E tu come farai quando arriverai al punto in cui è Tish adesso? Lei ha Jules. Tu hai bisogno di me. Io di te. 

Oscilla ancora in avanti finché lei non può sentire il suo respiro alcolico sulla pelle. Le prende le tempie tra i palmi, preme fronte contro fronte.

- Per favore non mandarmi via. Per favore ora basta. Per favore, dimmi cosa devo fare e lo farò.

Lei sospira. Marc ha il tepore di qualcosa di familiare. Le prende i polsi con le mani e lo costringe ad abbassarli. Gli accarezza il viso, ma lo bacia solo su una tempia.

- Puoi dormire qui. Ma domani devi andare via.
- Perché?
- Perché non ho più posto per te, Marc. Voglio altre cose.
- Posso dartele io. Dimmele.
- Non puoi.
- Dimmele

- - -



Slip back out of whack at your best.
It's a nightmare,
So I'm joining the army.

No house phones, but can I still call?
Will you wait for me now?

We got the right to live, fight to use it,
Got everything but you can just choose it
I won't just be a puppet on a string

Don't go that way.
I'll wait for you.

And I'm tired of all your friends
Listening at your door
I want, what's better for you,

So long, my friend and adversary.
But I'll wait for you.

Get dressed, jump out of bed and do it best.
Are you OK?
I've been out around this town
Everybody's singing the same song for ten years.

I'll wait for you.
Will you wait for me too?

And they sacrifice their lives
In our land are all closed eyes.
They've said it a billion times and they'll say it again.
So long my adversary and friend.

Don't go that way.
I'll wait for you.

I'm tired of all your friends,
Knocking down your door.
Get up in the morning, yelling no more,
So long, my friend and adversary.
I'll wait for you.

martedì 27 dicembre 2016

Street Lights


Ha comprato un libro di cucina nuovo, ha fatto chili di spesa e ha seguito pedissequamente le istruzioni cucinando per tutta la mattina e tutto il pomeriggio, nonostante le distrazioni.

Ha comprato un solo regalo, quello importante, perché tutti gli altri li farà in ritardo come sempre ed era l'unico che doveva arrivare in tempo.

Ha mangiato fino ad essere sazia, poi ha mangiato altri due bocconi.

Ha guardato la tv in compagnia, ha letto ad alta voce in compagnia, ha giocato a Monopoli e a Scarabeo in compagnia.

Avrebbe voluto addormentarsi in compagnia, ma è rimasta sveglia a contemplare il soffitto e a pensare di non dover pensare che ad alcune persone per vivere bene e felice basta quel senso di tepore gentile che può dare una casa pulita e una famiglia.

Sapendo di non essere una di quelle persone, ha comunque ripensato a quando è riuscita ad addormentarsi dolorante, in un letto che non era il suo, con qualcuno che giocava con i suoi capelli e una bambina serena incastrata tra i loro spigoli. Non era una persona diversa: era ancora insoddisfatta, arrabbiata, con il tempo contato.

Ma stava bene, ed era felice.


martedì 20 dicembre 2016

Perfect Illusion



«.. va bene così: sono sollevata.

«...» Sollevata?

sollevata«.. guardaci: tu hai bisogno di qualcuno con una vita pulita, che balli con te alle feste e sappia vivere in modo leggero. «sospira di nuovo, in maniera più contenuta.» Io ho poco tempo: ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a fare una rivoluzione. E tu... «c'è un affetto sincero nel modo in cui lo guarda, e allo stesso tempo la vibrazione di una delusione dolciastra. Reclina appena il capo di lato, senza terminare la frase.» [...]

«...» una rivoluzione, right. «ma la fissa più attento, forse ricollegandosi ai dettagli di cui Mare non ha voluto parlare. C'è affetto sincero negli occhi che guarda, e con altrettanta sincerità viene ricambiato nei suoi.»E io... well, I'm just not brave enough. «Non è abbastanza coraggioso. Lo ammette con un sorriso tenue, senza darsi troppi sconti.» O semplicemente scelgo di non vincere in altro modo. «.. 

«nell'intricato percorso di emozioni che le trovano dentro un percorso, quella più palese è un senso di liberazione schietto, pulito.» ho pensato che lo fossi, per un po'. «"coraggioso abbastanza". Reclina appena il capo di lato, assottiglia lo sguardo» sei bravo a far credere di esserlo. «...» 

Credo di aver pensato anch'io di esserlo, per un po' «lo ammette senza remore di sorta, con una sincerità che solitamente concede a pochi, senza maschere.» fa parte del mio lavoro «far credere di esserlo» ma suppongo di essere più insubordinato e ribelle di quanto potrei diventare coraggioso. «...»

è stato bello pensarti in quei termini, per un po'. «coraggioso, cioè. Lo dice con un sospiro pieno di una rassegnazione pulita, definitiva [...].» 

* * *

Quando torna a casa, l'ascensore è sbloccato e lo usa per portare fino al suo appartamento buste piene di spesa. Sul pianerottolo incontra Scarlett, che la guarda incuriosito. "Stai bene?", le chiede. Lei sorride mostrando tutti i denti dritti, bianchi, allineati. E risponde: "non sono mai stata meglio". Non ha nemmeno bisogno di mentire.

* * *


Now that I'm waking up
I still feel the blow
But at least now I know...

giovedì 8 dicembre 2016

Light Headed


"Hai controllato il cellulare ogni cinque minuti per tutta la sera."
"Scusami mamma, hai ragione. Aspetto notizie importanti."
"Che tipo di notizie?"

Mare scuote appena il capo e ripone l'iPhone nella minuscola pochette che ha con sé, allargando lo sguardo di lato sulla vista di New York dall'alto che poche sale in tutta la città offrono. Manhattan è un'isola molto piccola, e la serata di gala a cui si trovano (un altro evento per nutrire i bambini in Africa tramite grandi operazioni di beneficenza che risolvono un problema temporaneamente distruggendo allo stesso tempo le infrastrutture locali) un'isola ancora più piccola, popolata da grandi personalità e, più in generale, gente con molti soldi. Mare ha accettato di partecipare insieme a sua madre e al suo compagno - uno dei più famosi compositori di colonne sonore per Hollywood - alla serata sperando di individuare tra i partecipanti qualcuno che possa essere interessato a investire in Mutiny, ma fino ad ora tutti i suoi tentativi sono falliti.

Ha un vestito verde, un trucco volutamente eccessivo sugli occhi che si arrampica lungo le tempie e prende anche parte dei capelli. Ha anche incrociato Marcus, al suo braccio una bella modella che ha ben imparato a fingersi frivola per compiacere gli uomini che se la portano in giro come fosse un accessorio. Bea, la compagna di Sally, le è sempre sembrata lo stesso tipo di persona, e il fatto che avesse due anni meno di lei non ha mai aiutato. Quando le tamburella su una spalla sarebbe quasi tentata di non voltarsi, ma poi le sussurra che c'è bisogno di lei al piano di sopra. Mare si scusa, sorride, e la segue fuori dalla sala.

L'ampio terrazzo è vuoto: è troppo freddo perché qualcuno vi si avventuri. Mare rabbrividisce, si massaggia le braccia scoperte, segue il gesto con cui Marcus, incerto sulle proprie gambe, le suggerisce di avvicinarsi. Sally Sherman è seduto sul parapetto, ha una bottiglia di champagne in mano trafugata di nascosto e oscilla il busto verso il vuoto, un codino di capelli biondi e un bel completo nero con la camicia sgualcita. Mare si toglie le scarpe con i tacchi alti, osserva Bea (ma non le sembra abbia intenzione di avvicinarsi) e quindi si avvicina al parapetto. Lo scavalca, si siede accanto a Sally e sospira, mentre lui le fruga il viso con gli occhi finché non riesce a metterla a fuoco.

"Sono felice di vederti, baby girl."
"Anche io sono felice di vederti, Jake. Che stai bevendo?"
"Una cosina leggera."
"Hai preso qualcosa?"
"Sei la polizia?"

Sally sorride inebetito, Mare sorride a sua volta, agli angoli degli occhi una rassegnazione amareggiata. Ripensa a tutte le volte che ha dovuto salutarlo per mesi interi da passare in riabilitazione, sperando sempre che fosse la volta buona, quella che le avrebbe restituito un padre se non perfetto, quantomeno dignitoso. Gli poggia una mano su una spalla, lui vibra di sorpresa, oscilla in avanti mentre lei lo tira delicatamente all'indietro. Gli infila una mano nel taschino della giacca, tirandogli fuori le sigarette. La prima la accende per lui, gliela consegna. La seconda per sé.

"Come stai, baby girl? Non parliamo più da così tanto... sei sempre così impegnata, e io ho sempre paura di disturbarti, ah? Ma non pensare che mi sia dimenticato di te. Di voi. Te e Tish, siete la luce dei miei occhi, lo sai? La luce dei miei occhi..."

Bea, più indietro, vibra di insofferenza ferita - a casa il figlio ancora neonato che ha avuto con una rockstar con quasi il triplo dei suoi anni. Mare immagina, ma non le importa.

"E lo so che sembrava di no. Io sono fatto così, mi distraggo facile. E quando faccio musica mi perdo, faccio solo quello, e tutto il resto diventa sfumato... ma non è perché non sia importante. Voi due lo siete sempre state. Voi due, e tua madre... non ho mai amato nessuno come ho amato tua madre. Anche con tutte le stronzate che ho fatto. La coca, i tradimenti... quella bella macchina che ti ho perso a poker, ancora racconti la storia quando devi parlare di me, vero? Bel padre del cazzo che vi siete ritrovate. Ma ci ho provato. Non ci sono riuscito, ma ci ho provato... ma voi, tu soprattutto, tu hai preso i geni di tua madre, invece che i miei."
"Temo di non aver preso i geni di nessuno di voi due, Jake."
"E' tutto ciò che un genitore vuole, lo sai? Una connessione con i suoi figli. E hai ragione tu, io con voi non ce l'avevo. Non di sangue, e non artistica, perché tu e Tish siete uscite con una testa così, enorme e piena di cose, mentre io ho sempre suonato con le vene, con la pelle, e la testa ce l'ho sempre avuta vuota. E poi quando abbiamo scoperto delle ali... l'ho capito subito, prima di capirlo con questa zucca leggera che mi ritrovo. Ho capito che sarebbe stata una cosa troppo enorme perché non diventasse la parte più grande della vostra vita, e io non ce l'avevo. Io non potevo capirla. Capire voi. Mi si è spezzato il cuore. E ho rinunciato. Non avrei dovuto, ma ho rinunciato."
"Jake..."
"No, fammi finire. Non sto cercando giustificazioni, ti prego credimi, non sto cercando giustificazioni per tutta la merda che vi ho fatto piovere addosso. Però è importante che tu lo sappia. Perché... perché penso sempre a quello che direte al mio funerale, tu e Tish. Siete due giovani donne meravigliose, te l'ho mai detto? Siete piene di cose, e di parole, di parole enormi e giuste e mi chiedo sempre se quelle parole le spenderete anche per me, o se... ora che non ho più niente da darvi. Ora che siete cresciute senza di me, aspettando che io mettessi la testa a posto, e non l'ho messa. Mi dispiace baby girl."

Mare oscilla le gambe nel vuoto, fingendo di non avere gli occhi lucidi. Marcus la guarda da lontano, può sentirne il cuore sbattergli contro le costole, ma lo ignora. Ignora Bea dietro di loro, anche lei a distanza, abbastanza intelligente da sapere bene come gli Sherman siano una bolla di individui feriti e disfunzionali, ma una bolla impenetrabile nondimeno. Mare fa un altro tiro alla sigaretta, si fa scendere il fumo fino in fondo ai polmoni.

"Quando Marc mi tradì, e finì su tutti i tabloid, ti stava già simpatico, lo trattavi già come fosse un tuo figlioccio. Però prendesti la mazza da baseball che ti autografò quando eri piccolo Nolan Ryan e andasti a spaccargli tutti i finestrini della ridicola Ferrari che si era comprato da neanche un mese. E quando Tish finì in ospedale la prima volta e il chirurgo vi disse che non erano riusciti a ripararle l'ala, minacciasti tutti di denunciarli e poi gli desti un pugno per cui fosti denunciato tu."

Marcus sbuffa una risata esasperata, mentre gli occhi di Sally si irretiscono di lacrime commosse. E' un uomo ormai anziano, pensa lei. Si sporge di lato e gli poggia un bacio dei più affettuosi sulla guancia.

"Nessuno è perfetto, papà. Hai sempre ragionato poco e reagito di pancia, ma hai fatto quello potevi. Mi hai mandato alle migliori scuole e mi hai fatto sempre fare quello che volevo, anche quando non lo capivi. E' tutto ciò di cui avevo bisogno."
"E sei felice adesso? Hai una vita felice, baby girl? Qualcuno che ti ama, e un lavoro che ti piace?"

Marcus sembra irrequieto sulle proprie gambe, lei lo percepisce appena con la coda dell'occhio. Si ricorda di aver lasciato la pochette con dentro il suo cellulare al tavolo, e all'improvviso sente un senso di urgenza scivolarle sulla pelle.

"Sì."
"Me lo giuri?"
"Te lo giuro."

Sally prende un respiro profondo, sorride, spalanca le braccia e si lascia cadere all'indietro. Sbatte una spalla contro il pavimento della terrazza prima che Marcus riesca ad acchiapparlo, ma non è grave. E' pronto ad essere trascinato nel suo hotel da Bea, e Mare lo lascia fare.

* * *

La notte la passa nella suite di Marcus a parlare e a bere alcolici che non potrebbe comprare, tracannandoli senza gusto come se dovesse fare scorta di oblio prima di tornare nel mondo reale. Esagera, e la mattina dopo ha solo un ricordo molto vago di Marcus che le accarezza i capelli nel panico più totale mentre lei piange parole incomprensibili rannicchiata sul pavimento del bagno. Riceve due chiamate: la prima riguarda Routh, la seconda riguarda Benedict. Lo stomaco le viene stretto e contorto da due tenaglie di angoscia che esercitano prese ugualmente salde ma diverse, accomunate da un senso di imminente disastro che la sta rincorrendo ormai da mesi, e che da poche settimane pensava di essere riuscita a scavalcare.

Evidentemente no. Sveglia Marcus e gli chiede molto piano di prendere la sua macchina ridicolmente costosa e accompagnarla a Philadelphia. Lui si lamenta un po', finché non apre gli occhi e la guarda in faccia. Le chiede dieci minuti per vestirsi, ma gliene bastano nove per essere già fuori dalla porta.




giovedì 1 dicembre 2016

Here Now


"I'm here now."

* * *

Martie (finalmente le ha trovato un nome) le va a poggiare il naso umido contro il piede, infastidendola. Lei prende il primo respiro profondo dopo un'ora di respiri brevi, sincopati, il sintomo del più dolce degli annegamenti. Le lenzuola profumano di qualcosa di familiare, ma anche di pericolo, della minaccia di lutto che torna a bussarle contro la nuca, puntuale. Ma finché ogni cosa rimane chiusa nelle sue ali bianche, finché ogni cosa continua a dormire, può chiudere gli occhi e fingere che il mondo finisca là dove finiscono le sue piume. Per quel momento, le va bene.

* * *

Ignorant before the heavens of my life,
I stand and gaze in wonder. Oh the vastness
of the stars. Their rising and descent. How still.
As if I didn't exist. Do I have any
share in this? Have I somehow dispensed with
their pure effect? Does my blood's ebb and flow
change with their changes? Let me put aside
every desire, every relationship
except this one, so that my heart grows used to
its farthest spaces. Better that it live
fully aware, in the terror of its stars, than
as if protected, soothed by what is near.

* * *

"Are you?"

domenica 27 novembre 2016

Dropping Keys


"E' quello che vuoi fare, Miramàr?"

"E' il libro che credo di aver avuto sempre dentro, e quando mi sono seduta non ho avuto bisogno di schemi, bullet points, scalette: ho iniziato e due ore dopo avevo il primo capitolo. E' la visione di un progetto, e nel progettare quel futuro c'è la nostra storia. La mia, la tua, quella di nostra madre. Ma è anche la storia di tutti i superumani come noi, di quello che ci ha messo in ginocchio e di quello che potrebbe salvarci. Sono molte strade, ma portano tutto nello stesso luogo. Un luogo nostro. Un luogo libero."

* * *
The small man
builds cages for everyone
he knows.
While the mutant,
my sister,
who has to duck her head
when the moon is low,
keeps dropping keys all night long
for the beautiful,
rowdy
prisoners.

* * *
Loving me isn’t easy, 
I have sharp edges, 
I have missing parts.

Dalla raccolta di poesie "Hollow Bones",
di Tirunesh Sherman.

lunedì 21 novembre 2016

Revolution 30


Amelia è sottile. La saluta con baci sugli zigomi volatili, e ogni volta che vogliono vedersi hanno bisogno di prendere in mano le proprie agende a pianificare luoghi e momenti nei minimi dettagli. Lei si ritrova spesso a scrutarne i lineamenti e, quando affrontano l'argomento della Cittadella, Mare deve decidere quanto scaldarsi, quanto è disposta a dire e a farsi dire. Mantiene un tono moderato per opinioni radicali, ma comunque stemperate rispetto a ciò che pensa veramente. In macchina, sulla via verso Mutiny, decide di fare una deviazione per percorrere a distanza di sicurezza angoli di North Town vicino alle barricate. Mentre guida in silenzio, inizia a chiedersi se non sia diventata a pieno titolo un'estremista. Si risponde che sì, forse lo è, e lo pensa con una leggerezza che le riempie il petto di una risata allegra, liberata da una vita passata a farsi intimare moderazione mentre il mondo attorno a lei andava a puttane. "L'importante è mantenere la calma, miss Sherman", recita a voce alta ciò che le disse il preside dell'UCLA, dopo averla convocata di fronte a un comitato disciplinare, "calma e pacatezza possono risolvere ogni cosa, e portano di certo più frutti di tutto questo urlare." Mare batte i palmi contro il volante, accelera e urla, a pieni polmoni, come una ventunenne durante lo Spring Break.

Nick è deluso? Non ne è sicura. Ne guarda il colorito alla menta e per l'ennesima volta è costretta a mettere in discussione ognuno dei propri passi. Prima lo corteggia con l'idea di un cambiamento pacifico, tacendo come abbiano dovuto ripetere mille volte di non fare vittime tra gli umani da sfrattare, tacendo come uno di loro le abbia puntato contro un fucile a pompa e abbia premuto il grilletto, tacendo come abbia fatto parte del gruppo che ha vegliato sull'allontanamento di una famiglia dopo l'altra dalle loro case. Vorrebbe prendergli la faccia tra le mani, premergli le dita sulle tempie, baciargli entrambi gli occhi e farglieli riaprire sul mondo come lo vede lei, un posto ostile, pieno di nemici in fila per ottenere un barattolo del loro sangue. Si dice che non è consapevole di essere un mutante da abbastanza tempo, che non ha vissuto come un estraneo nel mondo tanto quanto l'ha fatto lei, che ora non è pronto a capire, ma un giorno capirà. Se lo dice, ma non può fare a meno di pensare che, un giorno, dovrà imparare ad accettare che non tutte le persone che vuole al suo fianco saranno necessariamente d'accordo con lei.

Ma alcune sì. Max è dalla sua parte. Lo scopre e lo riscopre ogni giorno, conquistata da un'incredulità che ha difficoltà a rimodellare. Ricorda le prime volte in cui hanno parlato, il distacco di lui e la sua inesauribile ostinazione a volerlo chiamare fratello, a stabilire un legame, a sentirlo parte della sua comunità. Quando si è affacciato alla porta di Mutiny, lei ha trasalito e si è chiesta cosa ci facesse lì. Quando se ne è andato, ha combattuto contro se stessa, dicendosi di dover operare maggiore cautela, un po' di sanissima diffidenza. Ma quando è andata a dormire sorrideva, e non è riuscita a fare a meno di riempirsi di una fiducia immensa e devota.

Jo si è fidata di lei. Ha distrutto una delle sue piante preferite e danneggiato la libreria, ma quando non sapeva dove andare, è andata da lei e le ha detto guardami, sono speciale anche io. Non ha pensato neanche per un istante che non avrebbe dovuto fidarsi? La notte gioca con i suoi capelli mentre dorme stesa accanto a sé, ne guarda i lineamenti morbidi e un corpo generoso in cui non legge privazioni. Per lei inizia qui, pensa, la scoperta di chi è veramente e la frustrazione di non poterlo dire al resto del mondo - oppure dirlo, e poi rassegnarsi a vivere una vita marchiata di nero, di lutto -. In mezzo ai suoi baci ha trovato un angolo di oblio, dimenticanza. E' una parentesi, ma una parentesi piacevole di cui spinge i limiti finché non è mattina, e non si rende conto che il suo frigo è vuoto e l'unica colazione che può offrire è un bastoncino di sedano intinto in caffè non zuccherato.

Benedict è un fantasma, vive in un limbo sospeso tra desiderio e diffidenza. Quando stanno insieme, lei si ritrova a oscillare fisicamente tra lui e lo spazio vuoto alle proprie spalle, magnetizzata da un uomo che non è più sicura di conoscere così bene e, allo stesso tempo, tirata indietro da tutte le cose che dovrebbe dirgli se davvero compiesse quel salto. Non è pronta, e di certo non lo è lui. Quando la mattina le suona la sveglia e non ha voglia di alzarsi, si nasconde sotto il piumone e scorre la rubrica del cellulare, stendendo piani di riserva per il matrimonio di sua sorella.

Tish è felice e Tish sta morendo, ma Mare si impegna per pensare solo alla prima parte. Galleggia in un oceano di negazione, affastella un impegno sull'altro e si preoccupa della propria pelle, della terapia, delle pasticche, della Guyana, della Cittadella, del suo cane che è costretta a lasciare ciclicamente da Routh, con le scuse più improbabili. Le rende improbabili appositamente: spera che lei dia per scontato che siano false, che in verità riguardino tutte le cure che sta facendo. Menzogne stratificate su altre menzogne, vorrebbe caderle ai piedi e chiederle perdono per ogni stronzata che le dice con un sorriso. La abbraccia meno di quanto vorrebbe, quasi temesse che la sua doppia (tripla, quadrupla) vita si indovini dalla tensione dei suoi muscoli.

A Inara invece non dice bugie, non tace verità: non vuole, almeno a qualcuno deve dire le cose come stanno. Quindi le racconta di Amy, e in parte le racconta anche di Birkenhead, seppur non pronunci mai il nome di nessuno dei due. Parlano di Martha's Vineyard, e sulle prime ride nell'immaginare Joseph Patrick Kennedy III così come l'ha conosciuto impacchettare i cimeli di famiglia e lasciare la sua villa sul mare alla popolazione superumana. Poi ci pensa di nuovo, inizia a contare, a considerare un piano programmatico in quattro, cinque anni. A pensare che forse la sua eredità potrebbe essere questa: un'isola libera. Un angolo di mondo libero. Inara le ha cambiato la vita, gliel'ha salvata, e ora le offre l'opportunità di cambiarla (di salvarla) a qualcun'altro. La mattina dopo, sotto il piumone, invece di scorrere la rubrica, mormora contro il lenzuolo l'iscrizione su una tomba: qui giace Mirabe Sherman, idealista feroce, mutante con ali solide e polmoni enormi, che liberò questa terra e ora si è meritata di dormirci dentro. Non ebbe mariti, mogli, non ebbe figli. La sua famiglia siamo noi, le abbiamo perdonato tutti gli errori perché ciò che ha ottenuto è più grande di ogni sbaglio che ha compiuto. 

E' una casa, e un posto dove vivere. La notte del suo compleanno, cinque minuti prima della mezzanotte, Marc si presenta alla sua porta con una bustina d'erba e un sorriso che lei, fosse una persona più coscienziosa, gli schiaffeggerebbe via dalla faccia. Invece lo fa entrare, fumano insieme, e passano tutta la notte seduti sul divano a guardare dei filmini di quando avevano diciott'anni, a prendere in giro le loro capigliature, a fingere di non passare tutte le sere a contarsi le prime rughe. Alla fine lui si addormenta sulle sue gambe, e lei gli accarezza i capelli disordinati, un velo di barba troppo tenera per essere quella di un ultratrentenne. Sulla nostra isola, per te non ci sarà spazio, gli mormora pianissimo, un respiro e un bacio che gli poggia sulla tempia con tutto l'affetto nostalgico di cui è capace. L'ha già perso, è ancora lì. Si addormenta anche lei dopo poco, i suoi sogni popolati da draghi e monumenti agli eroi.

mercoledì 16 novembre 2016

Right Angle

In Ohio piove e fa freddo, che novitá. Durante tutto il viaggio sull'autobus che l'ha presa da Cleveland, Mare ha preferito settare sveglie sul suo cellulare per tutte le pillole che deve prendere per il resto della settimana piuttosto che guardare fuori dal finestrino lo skyline grigio e piatto di una Youngstown in avvicinamento. Fabbriche dismesse si avvicendano in un calo industriale che dietro di sé ha lasciato il vuoto, e quando scende dal bus puó sentire lo smog inquinarle i polmoni come un tiro di arsenico vaporizzato. Jules la aspetta fuori da un'utilitaria che ha avuto giorni migliori, gli specchietti retrovisori tenuti su con lo scotch. Lei sospira e mormora: aria di Midwest.

Jules é nato quattro giorni (e qualche anno) prima di Mare e Tish Sherman. Tornava a casa sua (la fumosa Youngstown) ogni novembre, perdendosi il compleanno delle gemelle, finché un anno non decisero loro di spostarsi verso Ovest per poter festeggiare insieme. Da quel momento é diventata una tradizione: i coniugi Gold hanno una stanza degli ospiti piccola e calda, e ogni anno Mare e Tish restano qualche giorno a fingere di sapere come funzioni una famiglia normale, accogliente - e a sperimentarlo sulla loro pelle -.

John Gold é un uomo smilzo con una barba candida, Roselynn una donna imponente che la circonda con le braccia e quasi la stritola mentre le semina baci sulla testa. Odora della lavanda che si infila nel reggiseno, ma é calda, e a Mare sembra di avere freddo da una vita. É un effetto enorme e antico che quasi la commuove. Forse Tish se ne rende conto, perché la prende tra le braccia e le fa poggiare la testa sulla propria spalla, cullandola dentro le proprie ali morbide finché non le sembra di nuovo in sé. "É stato un anno difficile, - le mormora - ma ho buone notizie."

La buona notizia gliela legge negli occhi, prima ancora che a cena, quella sera stessa, mostri un anello all'anulare destro, il diamante da mezzo carato rende chiaro che stia sposando proprio Jules. La tavolata esplode di applausi e lacrime, e anche lei é felice, ma terrorizzata: anche nel ridere Tish é delicata, piú di quanto ricordasse, come se le ossa volessero evitare di essere sconquassate dal divertimento.

La sera Tish le si addormenta sulle gambe mentre Jules suona. Mare le accarezza le tempie e le ali usando solo la punta delle dita, terrorizzata dall'idea di farle male. "Rachel e Sally lo sanno?", chiede a bassa voce, e Jules le risponde ancora piú piano.
"No, volevamo che lo sapessi prima tu."
"E poi dove andrete?"
"Penso che ci sposteremo a sud, sulla East Coast."
"Miami?"
"Pensavo piú Palm Beach."
"In Florida, quindi."
"Siamo stanchi entrambi... della California, di L.A., di Portland. Abbiamo bisogno di un posto tiepido, per Tish, e lí un mio amico ha un lavoro per me in una scuola di musica."
"Qualcosa con una busta paga?"
"Qualcosa con una busta paga."

Jules ride, Mare sorride amareggiata. Percorre con la punta dell'indice la linea fragile della mascella di Tish, guardandola a bocca chiusa.

"Marcus dovrebbe arrivare domani in serata."
"Lo incroceró all'aeroporto: riparto in serata anche io."
"Hai da fare a Philadelphia?"
"Ti ha detto cosa le dicono i medici?"

La domanda é cosí improvvisa che per un attimo a Jules gira la testa. Poggia la chitarra e si va a sedere dall'altra parte del divano. Si poggia i piedi di Tish sulle gambe, e sfiora a stento le ali richiuse sulle sue spalle.

"Dovresti chiederlo a lei."
"Tra quanto vi sposate?"

Jules tentenna, sospira. "Il mese prossimo."

Mare sente una voragine aprirsi dentro. Il vuoto industriale, lo smog velenoso, aria di Midwest. Invece di piangere, come vorrebbe, si annoda la gola e gli mormora, quasi senza voce: "puoi suonarmi qualcosa che hai scritto per lei?"

Jules dice okay.

 

You have found me on the other side of a loser's winning streak
Where my thoughts all wander further than they should
Let me sing to you my solitude, let me pay for your next drink
Let me defend these hearts which are so rarely understood

From the right angle, in the right light
I might seem like I could take care of you
For a brief moment, for a few nights
Until the changing world has tumbled back into view

When nothing really matters the world gets harder to resist
And saves you a place at the end of an empty glass
I am here as a reminder, the quick glance off of a cliff
I guess that's why I though you would never ask

From the right angle, in the right light
I might seem like I could take care of you
For a brief moment, for a few nights
Until the changing world has tumbled back into view

At the scene of all I've left unlearned, in the directions to your house
In every swing I took to crack the code
I need a cold beer from a dressing room, I need a string of dates back out
I think there are a few of us that still belong out on the road

From the right angle, in the right light
I might seem like I could take care of you
For a brief moment, for a few nights
Until the changing world has tumbled back into view

Until all you want is all I know how to do
I might seem like I could take care of you

sabato 12 novembre 2016

Mutate Elsewhere


- Come già sa, è un trattamento che abbiamo avuto modo di testare così poche volte da rendere impossibile tracciare una timeline precisa e universale degli effetti...
- Ogni corpo reagisce diversamente.
- Esatto, è ciò che le ho detto più volte. La prego quindi di persistere, e non agitarsi.
- L'agitazione per me è lo stato dell'arte. La sconfitta, invece, ho difficoltà a riconoscerla. Spero per questo che sarete puntuali e chiari nel comunicarmi il momento in cui potrò smettere di sentirmi agitata e dovrò iniziare ad essere rassegnata. 
* * *

...E non so quale sia il tuo potere, Jason, ma l'unico modo in cui io sono utile a questa causa è impiegando la mia reputazione. Se quella viene distrutta, il mio ruolo in questa organizzazione lo è a sua volta.

* * *

[ La foto di una berlina su cui qualcuno ha lanciato uova marce e scritto con una bomboletta spray "MUTA ALTROVE". ]

* * *

[...] La ribellione è doverosa-- « prende un altro respiro profondo, quasi secco, che sembra contenere un grumo di frustrazione che si scioglie in un sorriso obliquo, dal sapore amareggiato. » ma non importa a nessuno. Se tutti facessimo ciò che è giusto, avremmo bruciato questo intero paese da tempo.

giovedì 3 novembre 2016

Plaza Revoluciòn


Wes torna da lei con un bicchiere di Paloma guarnito con una fettina di lime. "Sai che non posso", dice lei gentilmente, prendendolo in mano. "Sarà il nostro piccolo segreto", lui risponde facendole un occhiolino e ricamandole una carezza sulle dita.

Lei lo beve tutto, ma è perché lo vuole o perché pensa di volerlo? Ingoia la diffidenza a sorsi, ma non la lascia trapelare. Si è vestita bene, con un abito corto ma non volgare, anche se si sente congelare e vorrebbe solo prendere il cappotto e chiudercisi dentro. I tacchi alti non le lasciano riposo alla caviglia, e non può fare a meno di chiedersi, a un certo punto, se il potere di Wes non sia in fondo una splendida metafora di tutta la sua vita passata a farsi dire come vestirsi, come sentirsi, come vivere. Sono ancora io, si dice, cin cin.

Parlano del motivo per cui lei è lì, per un po'. Lui rimane sul vago, oscilla il capo e il bicchiere, lasciandole capire che ha gli strumenti per aiutarla, senza però offrirgliene. Invece di aspettare il secondo drink e accettarlo passivamente, è lei ad alzarsi per prima e andare a preparare i cocktail: un Old Fashioned per lui (per dimostrargli che lo conosce), un altro Paloma per sé (per blandirlo con l'idea di conoscerla). Dopo il secondo drink, sorridere le viene più facile (ma è l'alcol o è lui?), bene, mette la canzone che suonavano la sera che lei andò a proporgli di essere il primo repubblicano in campagna elettorale a portare la bandiera dei diritti superumani, lui ride, bene. Sua madre una volta disse che questo mondo è una partita a scacchi, lei lo ricorda ancora. Torna a sedersi, ma questa volta sul divano accanto a lui. "Ti sono mancata?", gli sfiora le maniche rimboccate della camicia. "Da morire", mente lui, una moglie e due figlie ad aspettarlo a New York (lei sterile, loro adottate, nessun pericolo di trasmissione del gene X da padre in figlia, un segreto custodito al sicuro e rivelato a lei per sbaglio, per mancanza di controllo, anni prima).

"A cosa ti servono tutte queste informazioni? Stai organizzando una guerra?": lei ride e non risponde, invece lo prende in giro per avere anche solo pensato una cosa del genere. Getta il capo all'indietro ignorando le raccomandazioni di chi le ha detto che, con la terapia in corso, qualsiasi sostanza esterna dovrebbe essere evitata (alcol, gliel'hanno fatto capire bene). Ignora anche che non essersi sentita troppo male, questa settimana, è un segnale negativo: che abbia smesso di funzionare? Che non abbia mai funzionato? Wes ha la risata migliore che abbia mai sentito e se ne sta accorgendo solo ora? Ha denti bianchi e ogni tanto, quando dice qualcosa in spagnolo, la sua voce si fa più calda. Gli passa le dita tra i capelli neri. Sono io, sono ancora io, o lo sta facendo lui?

* * *

Con Inara si prende un attimo per sognare, uno solo. Georgetown diventerà Libertad e loro potranno andare a far colazione in Plaza de la Revoluciòn. Qualcuno scriverà canzoni su coloro che hanno liberato la Guyana, poi l'America Latina, poi il mondo. Quando esce dalla stanza di hotel di Wes, rimane nell'abitacolo della macchina spenta a prendere appunti prima che possa dimenticarsi tutto, odiandosi come al solito. Ma era lei? O era lui? Ore dopo, si risveglia nel proprio letto dopo aver sognato sua madre, così come la ricorda. Si sveglia in un altro corpo, chiusa nelle proprie ali.

* * *

Il giorno dopo si infila in tacchi alti (la caviglia, la dannata caviglia) e in un vestito d'oro che brilla anche sotto la luce più tenue. Si ferma in cima a una scalinata e respira i jazz dalle narici, se ne riempie i polmoni. Esamina la sala circostante dall'alto, come se ne fosse la regina. Ferma gli occhi dalle parti del bancone, il petto le si scalda. Sorride. Sono io. Ora sono io.


sabato 22 ottobre 2016

Please Wait


(Non avevi detto che...
Potrei aver mentito.)

Mare torna a casa la sera ormai tardi, dopo aver girato nel nulla per ore, in macchina, per qualche motivo sicura che qualcuno la stesse seguendo. La accoglie una cagnetta affezionata a cui deve ancora trovare un nome, e quando la porta a spasso e qualcuno le chiede come si chiama, si limita a inventare.

Sul tavolino all'ingresso trova un pacco postale che Scarlett deve averle lasciato ore prima. Il timbro postale dice Portland, quindi sa già cos'è (è stato annunciato). Scavalca le bollette senza neanche guardarle e va a mettersi sul divano. La sveglia del suo cellulare squilla, lei prende un paio di pillole che ha in tasca e le manda giù. Sospira.

(Speravi che me ne andassi... o che restassi?)

I bambini sono quattro, non tre: aveva informazioni sbagliate. Ad una prima occhiata tre, cinque, dieci e sedici anni, più un vecchio e una donna di una quarantina d'anni. I piccoli sono tutti diversi, e nessuno di loro somiglia alla madre, ma dietro la madre si nascondono quando un gruppo di sconosciuti entra in casa loro a informarli che devono andarsene. Il sedicenne no: si butta in avanti e prova ad aggredirla con una mazza da baseball, ma qualcuno di più grosso di lui lo prende per la collottola e lo inchioda a terra.

(Per cui ora ti dirò questo, e tu potrai farne quello che vuoi.)

Aspettate, prega l'anziano mentre vengono scortati fuori, aspettate, vi prego. Non hanno altri posti in cui andare, nessuna famiglia all'infuori di loro, che cosa potranno fare? Il clima è ancora tiepido, si dice lei, e riusciranno a trovare una soluzione prima che diventi inverno. Spinge sotto il tappeto tutto ciò che ha studiato sui corsi e ricorsi della povertà, ma non riesce a fare a meno di pensare di essere, ancora prima che una mutante che caccia degli umani, una privilegiata che sottrae un tetto a una famiglia in difficoltà.

(Potrò essere più... precisa, nell'immaginare il futuro.)

Un brivido le suggerisce che potrebbe starle tornando la febbre. Come ha imparato, si prende il polso e conta i battiti al minuto. E' ancora sotto controllo, si dice, non ha motivo di preoccuparsi. E ha ancora un giorno intero prima della prossima seduta, lunedì mattina. Prende in mano il pacchetto e lo scarta. E' un volumetto di una novantina di pagine, sottile e con un'illustrazione espressionista in copertina. Di Tirunesh Sherman. Il titolo della raccolta di poesie è "Hollow Bones".

(Ero furiosa. Non stavo ascoltando.)

Non piange solo perché non ne ha più forza, ma il sospiro che prende le si spezza a metà. Solleva la copertina e sfoglia le prime pagine. La dedica dice: "a chi mi somiglia".

(Devi solo... darmi un attimo. Un attimo soltanto.)

E tutto avrà senso, di nuovo.

- - -

Forget the ink, the milk, the blood—
all was washed clean with the flood
we rose up from the falling waters
the fallen rain’s own sons and daughters
and none of this, none of this matters.






martedì 11 ottobre 2016

The Party



"Qui va bene?"

La festa é iniziata da un po', lei é in elegante (spaventoso) ritardo, ma di proposito. É una cosa che le insegnó sua madre da piccola: alle feste, arrivare primi é peccato.

L'autista della limo - si chiama Andrew - non riceve risposta, guarda nello specchietto retrovisore. Tamburella delicatamente le dita sul volante, strattonando rapidamente lo sguardo di lato quando si sorprende a indugiare sullo scollo del vestito.

É uno splendido vestito. Lungo e morbido, di un blu sfumato nell'azzurro e con tonalitá che complimentano la sua carnagione. Ha dipinto le labbra dello stesso colore della pelle e caricato gli occhi di un trucco luminoso ed eccentrico, impossibile da non notare. I capelli ricci modellati in una cresta diagonale completano un aspetto quasi alieno, rapace. Si é preparata per essere notata, ma invece tentenna. Tocca il tessuto.

"É uno splendido vestito", Andrew accenna, tanto per testare se lei ci senta o meno. La vede schiudere le labbra in un sorriso divertito, malinconico. Ridere piano senza alzare gli occhi dalle proprie mani sottili.

"É in vendita, qualora ti interessasse."
"Vuole che mi avvicini di piú all'ingresso...? O che mi allontani."

L'insegna luminosa si riflette sul finestrino. É un mondo splendente, le é familiare: é anche il suo, non é cosí? Non c'é posto in cui dovrebbe sentirsi piú a casa sua che a una festa data da una star hollywoodiana. Soprattutto una a cui vuole dimostrare qualcosa.

"Come ti chiami?"
"Andrew, miss."
"Andrew. Devi perdonarmi, temo di averti fatto un viaggio inutile. Ti dispiacerebbe riportarmi a casa?"

Andrew guarda di nuovo nello specchietto retrovisore.

"É sicura?"

Lei sulle labbra ha ció che resta di quella risata malinconica. Poggia il busto contro lo schienale morbido del sedile.

"No. Ma tu portamici lo stesso." 

Prende un sospiro. Sembra non finire piú.

venerdì 7 ottobre 2016

Twelve Weeks


In Guyana é caldo, Abay respira a pieni polmoni e per la prima volta da settimane non sente gelarsi da dentro. Neanche l'umiditá riesce a opprimerla: per la prima volta dopo una settimana infernale non sente dolore osseo, nausea, vertigini, disorientamento, stanchezza. Gli effetti dell'ultimo ciclo di terapia sono scemati, e ha ancora un paio di giorni prima di dover tornare alla centro medico che la sta seguendo, a New York, per riniziare tutto daccapo.

Ma quella non é Abay, é Mare Sherman, e Mare Sherman si é data altri tre mesi di tentativi prima di gettare la spugna. Mare Sherman si é segnata l'ultimo giorno di terapia sul calendario, l'ultimo giorno in cui chiederá al suo corpo di fare uno sforzo sovraumano, superumano. Mare Sherman sa che a un certo punto si stancherá di passare le sue giornate senza l'energia necessaria ad alzarsi neanche dal letto, con la testa piena di incubi e di mantra che si ripete per non pensarci.

Ad alcuni ricordi torna sempre: non sono molti, ma sono i suoi preferiti. In uno lei e Tish prendono un motoscafo fino al largo e poi spalancano le ali e passano ore a volare, dall'alba fino a mattina inoltrata. Sfiorano l'acqua dell'oceano con i piedi e seguono un branco di delfini che nuotano sopra e sotto le onde dolci. In un altro, mezza Los Angeles rimane al buio a causa di un black out che dura un'ora piena, proprio l'ultima sera di uno dei weekend che la corte ha imposto che passi con suo padre, e lui nel panico del silenzio (niente tv, niente film, niente videogiochi) tira fuori la chitarra e le fa cantare tutte le sue hits, senza elogiarla, ma ridendo piano e scuotendo il capo ogni volta che finisce una canzone in un modo che le fa sentire una connessione sincera che ha disperatamente cercato per anni dopo il divorzio.

In un altro ancora, balla a piedi nudi sull'erba, all'Independence Park.

Dodici settimane, si ripete Mare Sherman mentre si addormenta stretta nelle proprie ali nella speranza che riescano a scaldare l'aria che le arriva poi nei polmoni. Ma ad Abay non importa: quando é in volo, il suo organismo non perde un solo colpo, perché sta facendo esattamente ció che é stato creato per fare. Quando Mare Sherman si nasconde sotto i piumoni durante un settembre ancora tiepido, si chiede se non sarebbe meraviglioso fare, per tutta la propria vita, esattamente ció che si é stati creati per fare.

Mare Sherman siede nella sala d'attesa di uno studio medico. Si fa accompagnare alla sua poltroncina e vi rimane composta mentre le cercano le vene, e quando gliele bucano non si lamenta. Per tutto il tempo della terapia, legge. Quando esce é quasi sera, e sa di avere tra le sette e le dieci ore prima di iniziare a sentirsi male. A volte lavora, piú spesso cerca spasmodicamente un briciolo di vita. Si trucca e si mette scarpe alte e scorre la propria rubrica alla ricerca di persone da visitare. Quando non le va di andare in giro su scarpe scomode, bussa semplicemente a casa di Marc, e si lascia irretire dalla familiaritá della sua presenza in un mondo che non le sembra mai il suo.

Ma non Abay, Abay non ha bisogno di radici perché Abay non appartiene alla terra, ma al cielo. Se Mare Sherman va avanti gemendo una settimana ancora, Abay ha deciso perfettamente il momento in cui sará abbastanza. 

Cosí, quando Inara le chiede se non ci siano strade alternative da percorrere, o altre cose che puó fare, Mare Sherman non risponde. Ma dentro, Abay conosce giá la risposta: vivere il tempo che mi é stato dato da vivere. E viverlo facendo in modo che sia abbastanza. Del resto, non le é forse stato dato esattamente ció che é stato dato a tutti gli altri? 

Una vita. Fai che basti. 

venerdì 30 settembre 2016

Bad Credit



"Ve l'ho detto mille volte. Mille. Tua madre é l'unica persona che ha capito che spendere soldi che non si hanno non é mai una buona idea."

L'ufficio di Cornelius Golster é in un bel palazzo a New York. Ne ha un altro a Los Angeles, e nella Grande Mela ci viene non piú spesso di una volta al mese. Mare prende un respiro profondo. Il suo medico le ha detto che con il calare delle temperature inizierá ad avere problemi nel regolare la propria temperatura corporea, con tutta quell'aria gelida che le entra nei polmoni. Di vestirsi pesante. o respirare in maniera piú superficiale. Avrebbe dovuto mettersi un maglione in piú.

"Come pensavi che sareste andati avanti? Tutti i modelli che abbiamo fatto insieme... mi hai fatto lavorare per un mese su delle proiezioni di sostenibilitá economica che prevedevano che la sede fosse un monolocale, non un intero palazzo con clinica medica annessa. Sai solo di assicurazione quanto devi pagare, dopo tutto ció che é successo? Gli ispettori non ci credevano che non te lo fossi mandato a fuoco da sola. Nessuno ci crederebbe."

"Quindi i soldi stanno finendo."

"No: sono finiti, Mirabe. Succede quando investi in progetti senza un business plan e senza una sola buona idea per tirarci fuori qualche soldo. Questa cosa ha succhiato dalle tue risorse, praticamente solo dalle tue risorse, e ora le tue risorse sono finite. Hai bisogno di soldi, e in fretta. Quanto sono generosi i tuoi amici di Los Angeles?"

Lo sarebbero molto. Mare peró oscilla il capo a destra e a sinistra, senza scomporsi, a indicare come chiedere soldi ai suoi "amici di Los Angeles" non sia un'opzione.

"Tua madre, allora?"

"Perché non mi hai ancora proposto Sally? Non ha fatto uscire un Greatest Hits di recente?"


"A Sally dovrei amputare entrambe le mani, se volessi togliermi il problema. É un fottuto irresponsabile... sai cosa ha regalato al figlio nuovo? Una barca. Non una barca da il vecchio e il mare, no, uno yacht a vela di trenta metri che gli é costata quattro milioni e cinquecentomila dollari. Quattro milioni e cinquecentomila dollari e l'ultima volta che l'ho visto si é lamentato della mia parcella. Sai come l'ha chiamata? Dai, prova a indovinare. Provaci, su. No, niente? L'ha chiamata Héritier. Erede. Come quel vino del cazzo che sta producendo in California... no, non farmi neanche iniziare a parlare del vigneto, o non ne esco piú. Tutto questo per dire: non chiedere niente a Sally, Sally non é in grado di darti niente. Scordatelo proprio. Devi trovare un modo per fare soldi, Mirabe, Cristo Santo. Perché non torni nel cinema, eh? Oppure la tv... l'agente di tuo padre mi stava dicendo che pare che Raven Simone mollerá The View a breve, non ti va di fare l'opinionista? Con tutte le cazzo di opinioni che hai, Gesú santo, basta che vai lí, ne spari un paio a settimana e a fine anno stai serena sulle sei cifre, magari sette dopo il primo anno, se al pubblico piaci... a quel punto puoi aprire tutti i Mutiny che ti pare."

"Possiedo oggetti di un certo valore, posso iniziare a venderli."

"Di quanto valore?"

Mare tamburella le dita sottili sul bracciolo della poltroncina girevole. Le cose belle le sono sempre piaciute, é stata educata ad apprezzarle. Si guarda i piedi, sfuggentemente. Indossa scarpe da novecento dollari, e non sono neanche le piú costose che possiede.

"Dimmi quanti soldi mi servono per andare avanti ancora un paio di mesi, e troveró tutto ció che é necessario."

Cornelius la guarda stralunato, esausto. Sta per argomentare qualcosa, di nuovo, ma la soliditá dello sguardo di lei é un muro contro cui si puó solo sbattere.

"Inizio a fare il calcoli."




martedì 27 settembre 2016

Ordinary Day


"E quali sono i momenti in cui il dolore é piú intenso?"

Sempre, vorrebbe rispondere. Anche quando si sente bene, la paura del dolore che arriverá piú tardi le totalizza la mente, le impedisce di concentrarsi su ció che sta facendo.

Invece risponde "la sera". La sua dottoressa appunta qualcosa, lei prende un respiro profondo. "Soprattutto nei giorni immediatamente successivi. A volte non riesco a muovermi. Vuol dire che sta funzionando?"
"Non esattamente, vuol dire solo che sta avendo un effetto. Come sai, non ci sono cure definitive, solo trattamenti. Ed é presto per dire se stiano avendo successo o meno. Deve avere pazienza, miss Sherman."

Lei sospira. Guarda l'orario, é giá tardi. Una volta uscita dalla clinica, chiama Marc e gli dice che dormirá da lui - si dimentica che dovrebbe chiedere, e lui glielo fa notare. La cosa la fa arrabbiare cosí tanto, e in modo cosí irrazionale, che gli attacca in faccia e ignora tutti i suoi successivi messaggi. Invece va a Grand Central e compra un biglietto per tornare a Philadelphia la sera stessa.

Sul treno, é impegnata a leggere il romanzo d'esordio di un'autrice etiope quando un trentenne con una bella mascella squadrata e occhi azzurri le si siede accanto senza chiederle il permesso, e le chiede se non é "quell'attrice mutante di quel film quasi famoso". Lei risponde di no. Lui ride, poggia un dito sulla copertina del libro e la spinge, chiedendole cosa sta leggendo. Lei non risponde. Lui inizia a spiegarle il vero problema con i superumani e come risolverlo. Senza che lei apra bocca neanche una volta, continua a parlare per tutto il viaggio.

Dal momento in cui varca la soglia di Mutiny a quello in cui riesce a salire al secondo piano, dove c'é il suo appartamento, passano due ore. Cade sul divano e accende la tv. Fa zapping finché le news mondane non mostrano il volto di sua madre, in un abito sobrio e costosissimo, mentre parla di fronte a una platea di suoi pari di come sia difficile avere successo nello show biz da donna. Sprofonda un po' piú nel divano e continua a fare zapping, finché non inciampa nella replica di una vecchia stagione di Dancing With The Stars. Ci incontra una faccia conosciuta che le strappa nonostante tutto un sorriso. Quel ballo se lo ricorda, l'ha giá visto su una televisione decisamente piú grande. Si mette comoda sul divano, prende un paio di antidolorifici e si addormenta guardando la puntata, sorprendendosi di come il dolore, almeno per quella notte, non riesca a svegliarla.

martedì 20 settembre 2016

Third Floor


É un terzo piano esterno, sulla scala antincendio, e lei si tocca i lunghi capelli finti (ma é una delle migliori parrucche che si possano acquistare, senza dubbio). La visiera del berretto, poi gli occhiali da sole: ci pensa un po', ma alla fine tiene tutto. Guarda verso il basso. Lui é lí, a un piano di distanza, nascosto. Prende un sospiro profondo, una sigaretta dalla tasca e bussa contro il vetro.

Il ragazzotto all'interno gioca all'x-box, e quando sente il rumore rotola giú dal divano con il cuore a mille. Mare gli fa ciao da dietro il vetro, sfoderando uno dei suoi sorrisi piú rassicuranti, piú giovani. Mostra la sigaretta e tamburella il pollice contro il lato dell'indice, poi pensa che avrebbe dovuto indossare qualcosa di piú scollato. Per qualche secondo ha il terrore di aver fatto una cazzata: casa sua é il suo spazio, lei l'ha invaso, la reazione inconscia sará cercare di respingerla. Tirare le tende, se ce ne fossero.

Invece il ragazzotto apre, chiede ti conosco? Lei rimane accucciata sulle caviglie, si rigira la sigaretta tra le dita. Quando lui le porge l'accendino, lei tira un intimo sospiro di sollievo: da adesso, é solo una questione di pazienza.

- - -

Un'ora dopo, si salutano ridendo. Lei esce da dove é entrata: la finestra, facendosi promettere che spargerá la voce. Odora dell'erba che hanno fumato insieme e della birra economica che lui le  ha offerto e lei non ha rifiutato. Barcolla lungo la scala antincendio in discesa, aggrappandosi al corrimano meno di quanto dovrebbe. Un piano piú giú rischia anche di inciampare, ma Damien la acchiappa prima che rovini lungo un'intera rampa metallica. Lei ride senza motivo, ma molto piano. Farfuglia qualcosa di incomprensibile mentre cerca vanamente equilibrio (qualcosa su come vorrebbe vivere una vita intera cosí, allegra senza motivo di esserlo, leggera senza aver bisogno di una bilancia a testimoniarlo?). Poi, ancora sorridendo, annota: "sei ancora qui. Grazie". Come se, nella sua vita, fosse una completa novitá.

giovedì 15 settembre 2016

Land Mine



"Potresti dirmelo. Qualsiasi cosa fosse."

Mare rovescia il capo all'indietro, guardandolo all'incontrario dall'ampio letto della stanza d'hotel in cui si trovano. Si è fatto tornare i capelli di un colore normale, dopo le sue insistenze. Lei prende un tiro dalla sigaretta che sta fumando. Fuori dalla finestra aperta, Manhattan si sente a stento: è troppo più in basso.

"Lo so che non vieni a New York tutte le settimane per vedere me", continua Marcus, pizzicando le corde della chitarra che ha in braccio. "E che preferisci non dirmi mai un cazzo perché pensi che non sappia gestirlo e faccia solo casini."

Sospira a fondo, mentre Mare assottiglia lo sguardo e si chiede se con un paio di occhiali vedrebbe le prime rughe sul suo volto. "Quante volte hai riscritto il ritornello?", gli chiede all'improvviso.

Lui si stringe nelle spalle, imbronciato.

"Dovrebbe fare così", mormora lei, un buco nello stomaco e uno nel petto, prosciugato da giorni difficili di immobilità imposta, attese lunghe, cattive notizie da vicino e da lontano. Gli canticchia due strofe, lui si illumina. Pizzica le corde, aggiusta la melodia.

"La canti tu?", le chiede dopo un po'.
"Non è dedicata a me?"

Lui ride.

"Non lo sono tutte?"



Well it died, on the fourth of july
But we'll think of something
To patch up our sides

Honey my head bleeds
And tears at the seams
But we'll think of something
And sleep by the ocean

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
And it's just a matter of time

My one and only
This life is so lonely
But we'll think of something 
To pass the time

Maybe we should go
Let the full moon glow
We'll think of something 
before we get old

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
And it's just a matter of time

We are a raging sea
And I know you love me
We'll think of something
to fix this broken thing

And I was told
On the day we were born
But we'll think of something
And feel new again

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
It's for you, and you to decide

All of my lies
And holes on my insides
But at least think of something
Just be my wife

But I can see your eyes already know
I can see in your eyes already know
This disguise just makes us old
You're gonna need someone to hold

I can see in your eyes already know

Hold on, our days are on fire
Hold on, our nights are on fire
Hold on, your life is on fire
Hold on, the whole world is on fire

martedì 6 settembre 2016

Buying Time


- Il tè ha il potere di cambiare l'umore, vero?
- Perché non sei ancora tornato sotto una cascata, fino ad ora?
- Ci sono molte cose da fare qui a Philadelphia.

- - -

- Una bella batteria di esami, miss Sherman. Vorrei aggiungervi anche uno stress test, se non va di fretta.
- La nostra ultima conversazione suggerisce che vada discretamente di fretta, in effetti.
- Lei è divertente, gliel'hanno già detto?
- Mai.

- - -

[...] Un mese?
Ok, un mese.

- - -

Non deve esserci tortura più grande del rimanere quaranta minuti sotto una TAC a contemplare le proprie scelte.

- - -


I remember when
I remember, when I lost my mind
There was something so pleasant about that phase
Even your emotions had an echo
In so much space

And when you're out there
Without care
I was out of touch
It wasn't because I didn't know enough
I just knew too much

Does that make me crazy
Probably

An I hope that you are having the time of your life
Oh but think twice
That's my only advice

Come on now
Who do you
Who do you think you are
Woah Woah
Bless your soul
Do you really think that you're in control

Well I think you're crazy
Just like me, yeah

My heroes had the heart
To lose their lives out on a limb
An all I remember
Is thinking I wanna be like them

Ever since I was little it looked like fun
It was no coincidence that I've come
I can die when I'm done

Maybe I'm crazy
Maybe you're crazy
Maybe we're crazy
Probably

sabato 3 settembre 2016

Light Meal


"Tu piuttosto stai bene?"

Il momento è arrivato: quello in cui sembra malata. Ha risposto ad Athanasius che si tratta di un po' di stress, senza riuscire a trovare nei suoi occhi preoccupazione genuina. Ma era una bugia: inizia sempre così, con un momento difficile, e poi esce fuori dal suo controllo. Non è una dimenticanza - non si dimentica di mangiare, non pensa ad altro tutto il giorno -, ma un demone antico con cui il suo corpo sabota sistematicamente se stesso.

Passa un'ora a cucinare. Ingredienti: broccoli, seitan naturale, mezzo limone, semi di girasole, olio e sale (ma il sale non ce lo mette, e l'olio solo mezzo cucchiaino). Mezza fetta di pane fatta a cubetti. Si siede e ciò che vede sono solo valori nutrizionali: proteine, vitamine, antiossidanti, carboidrati. Li misura a mente usando una tecnica che le insegnò il suo primo dietologo quando aveva dodici anni. Tamburella le dita vicino alla forchetta. Spinge il busto indietro per assicurarsi che il cane (a cui ancora non ha dato un nome) non abbia bisogno di niente. Prende il telecomando, accende la televisione per distrarsi e poi, con un gesto risoluto, di slancio, prende la forchetta.

Le fa male la testa. Ti fa male la testa, si dice chiaramente, a voce alta, non puoi andare avanti a integratori. Non puoi assottigliarti fino a scomparire, il tuo compito è allargarti, prendere spazio. Nulla di ciò che vuoi realizzare sarà possibile se diventerai di carta. Lascia che sia ciò che non puoi controllare a ucciderti. Ti serve la mente lucida. Ti serve il cuore forte se vuoi volare, e ti serve energia se vuoi fare tutto ciò che vuoi. Che devi.

Raccoglie il primo, risicato boccone con la forchetta. Un pezzetto di broccolo, un pezzetto di pane, un pezzetto di seitan. Lo avvicina alle labbra e può sentire l'odore di limone con una prepotenza che le fa quasi girare la testa. Stringe gli occhi mentre la tv manda l'ennesima puntata di CSI in cui l'assassino è un superumano fuori controllo. Spinge il boccone oltre i denti, lo mastica poco e poi lo manda giù.

Le sembra disgustoso, ma prende coraggio e prepara un secondo boccone.


mercoledì 31 agosto 2016

Be Fine


- Sei sicura di stare bene?

La voce di Tish non è mai troppo allarmata, ma vibra di qualcosa di più intimo.

- E' stata solo una notte, Tiru. E ho dormito benissimo. Come quando da ragazzine scappavamo col buio per andare a volare, te lo ricordi? 

Si trova in piedi di fronte a un loft enorme, con soffitti altissimi e pareti vetrate. Un loft vuoto, ripulito di ogni cosa che l'ha occupato, ogni traccia del suo passaggio.

- Sei sicura di stare bene per tutto il resto?

Mare non risponde. Tish sa tutto, o quasi tutto. Non sa della malattia. Non sa che ha passato il pomeriggio sotto terra, in un angolo di mondo claustrofobico e minato - letteralmente minato - che però l'ha accolta. Non sa di Inara Roads (un po' più magra, un po' più alta, un po' più giovane, un po' più chiara di pelle). Un po' più coraggiosa. Un po' più solida, un po' più potenzialmente longeva. Un po' più autentica. Un po' più onesta.

- Ricordi di quando nostra madre ci permetteva di dormire assieme a lei? Ci chiudeva nelle sue ali e ci raccontava storie che aveva imparato dai suoi genitori.
- Sì, lo ricordo. Non pensavo lo ricordassi tu, Miramar
- Non ho mai più provato un senso di sicurezza così. La sensazione di essere protetta. Di poter essere protetta. Quel tipo di amore incondizionato. Darei ogni cosa per averlo di nuovo.
- Non stai bene, perché non torni un po' a Los Angeles? E' una vita che non passiamo più del tempo insieme.

Mare solleva il manico del suo trolley - l'ultimo bagaglio. L'ultimo carico di quella vita fatta di cose sporche e brillanti. Se potesse strapparsi dal petto la sedicenne insicura che permise a una serie di circostanze sfortunate di obnubilarle il giudizio e chiuderle il cuore, lo farebbe in quell'esatto momento. La lascerebbe lì, sul pavimento, dopo averle baciato la fronte e averle detto basta così.

 - Sto bene, Tiru. Te lo prometto. Ora prendi carta e penna, per favore.

Si volta e si trascina dietro il trolley. Una ruota traballa e rende spostare la valigia un'operazione più complicata. Mare dà uno strattone. Imbocca la porta.

- E segnati il mio nuovo indirizzo. 

martedì 30 agosto 2016

Just No



Quando la mia baby sitter mi impose di mangiare tutto ciò che c'era nel piatto, quando mamma e Sally mi dissero che sarebbe stato meglio tenere nascoste le mie ali, quando mi dissero di mostrare un po' più di "spalla" per il photoshoot, quando il mio agente disse che per il ruolo serviva qualcuno di "disposto a tutto", quando Reitman e il suo attore preferito mi proposero un modo per sciogliermi ed entrare in contatto con la mia sessualità, quando Marc mi chiese di chiamarlo alle cinque del mattino tutti i giorni, per una settimana, per aiutarlo a svegliarsi e assumere "nuovi schemi di vita", quando mamma suggerì per la prima volta una piccola dieta, quando registrarsi diventò legge e mi dissero che non c'erano altre opzioni, quando Donna volle che trovassi un fidanzato ufficiale di facciata, quando Birkenhead mi propose di svolgere un tirocinio presso il suo programma, quando mi invitò a ballare, quando quell'amico di Sally mi invitò ad andare a trovarlo sul suo yacht, quando mi dissero che la passerella sarebbe stata mia se solo avessi perso un'altra mezza taglia, quando Jules mi chiese se la mia vita mi piaceva, quando Jules mi chiese se ero felice.

Sul sedile posteriore di una Black Car dell'SCF, Mare guarda fuori dal finestrino e pensa che avrebbe dovuto rispondere no, ogni singola volta. A tutto ciò che la restringeva invece che allargarla.

Ma lo ha fatto stasera. Con l'ostinazione degli idealisti della peggiore risma e l'incoscienza di chi non ha niente da perdere, con la calma di Lin, il coraggio pulito di Routh, il desiderio di rivalsa di Calliope, la mano di Nicholas a stringere la sua più forte quando gli ha detto che, se voleva, poteva andare... è rimasta ferma. Ha pensato a tutto ciò che avrebbe fatto con una vita intera piuttosto che con il tempo monco che le rimane, e a quanto dovrà fare nell'ansiosa frenesia di lasciare un segno che le sopravviva - al tempo che ha perso, alle cose inutili per cui si è preoccupata, alle persone su cui ha investito troppo e che le hanno restituito troppo poco. A quanto sarebbe felice, vergognosamente felice, se potesse spalancare le ali e lanciarsi contro il sole come Icaro, correre in volo e guardare il mondo dall'alto - cinque, dieci anni, se potesse vivere in quel modo sarebbero abbastanza -.

E così, quando un guardiano le ha detto spostati, ha risposto.

Ho risposto.

No. 


But I was late for this, late for that, late for the love of my life
And when I die alone, when I die alone, when I die I'll be on time
[...]
I won't be late for this, late for that, late for the love of my life
And when I die alone, when I die alone, when I die I'll be on time

lunedì 29 agosto 2016

Silly Me



E' una scelta senza ritorno. E alla lunga, comporterà l'abbandonare tutto quel che hai: famiglia, amici, amori. Non c'è spazio per altro, se non per la guerra. 
Non mi interessa. [...] Farò ciò che è necessario

- - - 

Non posso fare meglio di così, adesso. Non posso davvero. 
Che sciocca. Sei veramente l'uomo che dicono che tu sia. 

- - -



domenica 28 agosto 2016

All Right


"Non saresti dovuta passare qui."
"Ho i documenti dell'annullamento da farti firmare e non mi rispondi al telefono."

Amy non trova nulla da obiettare. La lascia passare e le fa poggiare la borsa sul tavolo della cucina. Mare apre la borsa e cerca con pochi movimenti efficienti la cartellina e la penna di cui ha bisogno. Prende la prima, la apre, stappa la seconda. Non sorride mai e non si toglie gli occhiali da sole.

"Una firma qui e altre due dietro."
"Tutto qui? Non dobbiamo andare di fronte a un giudice?"
"Non se siamo d'accordo."
"E lo siamo?"
"E' ciò che vuoi, no? Me lo farò andare bene."

Amy sfiora il foglio con la punta della penna, ma ancora non firma.

"E' assurdo che sia tu a fare l'offesa, in questa situazione."
"Non sto facendo l'offesa, Amanda. Firma i fogli, per favore."
"Eravamo ubriache. Come mai potresti pensare che io possa sposarmi in condizioni simili? Ti avevo detto di quanto sia importante la mia famiglia, per me... di mia madre che mi dice sempre che indosserò il vestito che indossò lei quando si sposò, e di come mio zio promise a mio padre che mi avrebbe accompagnato lui all'altare, quando sarebbe morto... ti ho raccontato tutto pochi giorni fa."
"Come hai detto più volte, eravamo ubriache."
"E il giorno dopo... tutta quella gente, come potevi non sapere che ci fossero dei paparazzi?"
"Non c'erano paparazzi, solo qualche intruso con uno smartphone."
"Mia madre l'ha saputo dalla sua parrucchiera, le è quasi preso un colpo."
"Mi dispiace. Mi dispiace di tutto, ma non è una cosa su cui ho controllo, Amy. Pensavo te ne rendessi conto."
"Avresti potuto essere più attenta."

Mare si trascina una mano sul volto, e le parole successive le escono quasi come un gemito: "ho capito. Non ho fatto che scusarmi. Ora puoi firmare?"

Amy prende un respiro profondo. Quando torna a parlare, lo fa più mitemente. "Mare, ci conosciamo a stento. Non voglio che tu pensi che ciò che abbiamo avuto fino ad ora sia stato senza valore, o insincero... ma è troppo. Lo so che non è colpa tua, ma è comunque troppo."

Mare non risponde. Amy firma i documenti.

"Magari tra qualche mese ti chiamerò. Per sapere come stai."

Mare sfiata dalle labbra un sorriso frustrato e infelice, pieno di sarcasmo, e intanto ripone i documenti nella cartellina, la cartellina nella ventiquattrore.

"Puoi anche non farlo: starò bene. Sto sempre bene."

E' l'ultima cosa che le dice.

sabato 27 agosto 2016

Something More

Sabato sera Sally insiste perché sua figlia e il suo protetto rimangano a festeggiare la nascita del suo primo figlio maschio (riconosciuto, pensa Mare). Lei evita il neonato il più possibile, con la scusa di non disturbare lui e la madre, e si va invece a fare il bagno nella profonda piscina che suo padre ha fatto scavare nel giardino terrazzato. Galleggia sulla schiena e osserva il cielo, poi prende un respiro profondo e si lascia affondare nell'acqua. Inizia a contare.

A sessantacinque secondi, Marcus la prende e la riporta in superficie. "Non starai mica provando ad affogare per dispetto, honey bunch?", le chiede con un sospiro, togliendole i ricci zuppi dalla fronte, "e neanche ventiquattro ore dopo il tuo bel matrimonio, è una morte un po' troppo rock n' roll per qualcuno che sta provando a diventare una persona seria e rispettabile?"

Mare si passa i palmi sugli occhi pieni di cloro e si agita scontenta. "Dov'è finita tua moglie, mh?", infierisce lui, scuotendo il capo. "Ha bisogno di qualche giorno, aggiusteremo tutto", fa lei.
"E' già rotto?"
"Lo stai adorando, non è così?"
"Non adoro mai vederti tutta triste, you funny valentine, ma non posso dirti di non essere almeno un po' felice quando i tuoi tentativi di calpestare il mio povero cuore ti portano un po' sfortuna."

Rimangono a galleggiare per un po'. Senza neanche permetterle di accorgersene, Marcus la indirizza lentamente verso il bordo piscina, dove può tenerla meglio sotto controllo. La vede vibrare di fastidio solo quando si rende conto di non essere più dove l'acqua è più alta. "Sei un egocentrico e un prepotente. Perché continui a girarmi intorno? Perché sei qui? Perché sei a casa di mio padre? Non sei già famoso abbastanza senza tutta questa pubblicità?"
"You lil' scamp, pensi davvero questo? Che sono io che ti sto intorno? Sono dieci anni che ci pigliamo e ci lasciamo, non pensi di aver avuto nessuna parte in questo?"
"Sono anni che non stiamo più insieme. Che ti dico di lasciarmi in pace."
"Sono anni che mi chiami alle due di notte e mi dici di correre da te. Ogni volta che ti viene un prurito. Io ho fatto tutto quello che volevi. Mi sono messo delle parrucche improbabili perché non mi riconoscessero quando entravo nel tuo palazzo mentre eri in campagna elettorale.”
"L'unica cosa improbabile sono i tuoi capelli veri..."
"... Ho detto in tv di andare a votare per te. Non mi sono mai lamentato..."
"Sei andato al letto con mezza Los Angeles."
"Non mi hai mai chiesto di aspettarti. Neanche quando volevo farlo: mi hai detto vai, togliti di torno. Ti ho chiesto di sposarmi tre volte e hai detto sempre di no."
"Eri ubriaco tutte e tre le volte. Sei andato al letto con Ivy Rose mentre stavamo insieme e ti sei fatto fotografare per tutta Hollywood."

Marcus sorride tristemente e scivola verso il basso fino ad avere il mento nell'acqua. Ma, conoscendo la sua propensione alla fuga, la intrappola anche tra le proprie braccia, agganciando le mani al bordo della piscina, oltre i fianchi di lei.

"Ho fatto una cazzata. Ti ho chiesto scusa mille volte. Ma Mirabe, ci conosciamo da dieci anni e non mi hai mai detto che mi ami. A un certo punto anche una persona con 'un ego smisurato come il mio' delle domande se le fa. E le ho fatte anche a te. Ma non mi hai mai risposto. E io continuo ancora a fartele: mi hai amato, almeno un po'?"

La domanda le sembra semplicemente assurda, ma non sa dire il perché. "Certo che sì. Te lo dicevo sempre."
Marcus scuote il capo. Lo spostamento del naso sul ciglio dell'acqua propaga onde basse che si infrangono sulla pelle di lei. "No, non me l'hai detto mai. Neanche una volta da quando ti conosco. Non l'hai detto neanche adesso." sospira. "L'hai mai detto alle tue fidanzatine o ai tuoi hot daddies? O a tua moglie che conosci da poco più di un mese, per quello che vale? E da quando vuoi sposarti, comunque? Non volevi aspettare fino ai quar--"
"Fino ai quarant'anni? No: è una cosa che ho detto a te perché mi lasciassi in pace e smettessi di coprirti di ridicolo."

Marcus soffia dalle narici, ma sott'acqua: sulla superficie arriva solo un borbottio di bolle. 

"Perché non te ne sei andato, allora?"
"Te l'ho detto, chocobun: perché ti amo. E perché so per certo che ti piacevo anche quando non ero ricco e famoso, ma solo un post adolescente senza un quattrino alla ricerca di gloria. E mi fido di te perché sei troppo bella e ricca per voler qualcosa da me, e tu puoi fidarti di me per lo stesso motivo. Guardami: ti sei sposata e sono ancora qui. Di quanti ex innamorati puoi dirlo, ah?"
"Pensi che ci lasceremo."
"E' partita senza di te..."
"Abbiamo trent'anni, la risolveremo... faremo dei piani, abbiamo l'età giusta per una famiglia, per una vita che sia..."
"Mi dispiace lovely dove, ma penso vi siate già lasciate."

Lo dice pieno di delicatezza, ma non si preoccupa neanche per un attimo di provare a sembrare dispiaciuto. Invece gli fa scivolare il naso sulla pancia e poi va sott'acqua. Le bacia l'ombelico, l'orlo del bikini mentre le poggia le mani sui fianchi. Lei lo scalcia via piena di fastidio e si tira in su, a sedere sul bordo piscina. Lui riemerge e sospira, nuotando pigramente all'indietro. 

"C'è un mondo intero là fuori che ti riterrebbe la persona più fortunata della terra, pretty punk, lo sai? Che hai che non ti va mai bene niente? Che devi essere il pesce più grosso dello stagno, cambiare il mondo, e ora una famigliola allegra? E i cuccioli con o senza ali? Se fossi Tish lo capirei, ma a te che ha mai fatto il mondo per renderti così scontenta?"
"Non ho tempo da perdere."
"Siamo in mezzo al nulla e l'alternativa è andare a contemplare un ragazzino che somiglia al mio alluce e che ti chiamerà sister per il resto dei tuoi giorni, ammesso che Sally non lo molli come fa di solito, quindi direi che non ci corre dietro un cazzo di nessuno. Che hai? Che vuoi? Cosa diavolo vuoi, Mirabe Sherman?"

Non ha bisogno di alzare la voce per suonare finalmente ostile.

"Non te", sbotta seccamente lei mentre si alza in piedi. Cerca un asciugamano mentre il cuore le batte direttamente in gola. "Non una vita passata a fare il pagliaccio per intrattenere il pubblico, ad accumulare cose inutili, statuette inutili, persone inutili, per poi morire ed essere ricordata se tutto va bene come la migliore clown tra tutti i clown. Non questo. Voglio qualcosa di meglio e lo voglio presto, okay?"

Marcus scuote il capo, deluso, e scompare sotto il filo dell'acqua, mentre lei continua a urlarglielo dietro: voglio qualcosa di meglio, Marcus, mi hai capito? Voglio qualcosa di più.