venerdì 30 settembre 2016

Bad Credit



"Ve l'ho detto mille volte. Mille. Tua madre é l'unica persona che ha capito che spendere soldi che non si hanno non é mai una buona idea."

L'ufficio di Cornelius Golster é in un bel palazzo a New York. Ne ha un altro a Los Angeles, e nella Grande Mela ci viene non piú spesso di una volta al mese. Mare prende un respiro profondo. Il suo medico le ha detto che con il calare delle temperature inizierá ad avere problemi nel regolare la propria temperatura corporea, con tutta quell'aria gelida che le entra nei polmoni. Di vestirsi pesante. o respirare in maniera piú superficiale. Avrebbe dovuto mettersi un maglione in piú.

"Come pensavi che sareste andati avanti? Tutti i modelli che abbiamo fatto insieme... mi hai fatto lavorare per un mese su delle proiezioni di sostenibilitá economica che prevedevano che la sede fosse un monolocale, non un intero palazzo con clinica medica annessa. Sai solo di assicurazione quanto devi pagare, dopo tutto ció che é successo? Gli ispettori non ci credevano che non te lo fossi mandato a fuoco da sola. Nessuno ci crederebbe."

"Quindi i soldi stanno finendo."

"No: sono finiti, Mirabe. Succede quando investi in progetti senza un business plan e senza una sola buona idea per tirarci fuori qualche soldo. Questa cosa ha succhiato dalle tue risorse, praticamente solo dalle tue risorse, e ora le tue risorse sono finite. Hai bisogno di soldi, e in fretta. Quanto sono generosi i tuoi amici di Los Angeles?"

Lo sarebbero molto. Mare peró oscilla il capo a destra e a sinistra, senza scomporsi, a indicare come chiedere soldi ai suoi "amici di Los Angeles" non sia un'opzione.

"Tua madre, allora?"

"Perché non mi hai ancora proposto Sally? Non ha fatto uscire un Greatest Hits di recente?"


"A Sally dovrei amputare entrambe le mani, se volessi togliermi il problema. É un fottuto irresponsabile... sai cosa ha regalato al figlio nuovo? Una barca. Non una barca da il vecchio e il mare, no, uno yacht a vela di trenta metri che gli é costata quattro milioni e cinquecentomila dollari. Quattro milioni e cinquecentomila dollari e l'ultima volta che l'ho visto si é lamentato della mia parcella. Sai come l'ha chiamata? Dai, prova a indovinare. Provaci, su. No, niente? L'ha chiamata Héritier. Erede. Come quel vino del cazzo che sta producendo in California... no, non farmi neanche iniziare a parlare del vigneto, o non ne esco piú. Tutto questo per dire: non chiedere niente a Sally, Sally non é in grado di darti niente. Scordatelo proprio. Devi trovare un modo per fare soldi, Mirabe, Cristo Santo. Perché non torni nel cinema, eh? Oppure la tv... l'agente di tuo padre mi stava dicendo che pare che Raven Simone mollerá The View a breve, non ti va di fare l'opinionista? Con tutte le cazzo di opinioni che hai, Gesú santo, basta che vai lí, ne spari un paio a settimana e a fine anno stai serena sulle sei cifre, magari sette dopo il primo anno, se al pubblico piaci... a quel punto puoi aprire tutti i Mutiny che ti pare."

"Possiedo oggetti di un certo valore, posso iniziare a venderli."

"Di quanto valore?"

Mare tamburella le dita sottili sul bracciolo della poltroncina girevole. Le cose belle le sono sempre piaciute, é stata educata ad apprezzarle. Si guarda i piedi, sfuggentemente. Indossa scarpe da novecento dollari, e non sono neanche le piú costose che possiede.

"Dimmi quanti soldi mi servono per andare avanti ancora un paio di mesi, e troveró tutto ció che é necessario."

Cornelius la guarda stralunato, esausto. Sta per argomentare qualcosa, di nuovo, ma la soliditá dello sguardo di lei é un muro contro cui si puó solo sbattere.

"Inizio a fare il calcoli."




martedì 27 settembre 2016

Ordinary Day


"E quali sono i momenti in cui il dolore é piú intenso?"

Sempre, vorrebbe rispondere. Anche quando si sente bene, la paura del dolore che arriverá piú tardi le totalizza la mente, le impedisce di concentrarsi su ció che sta facendo.

Invece risponde "la sera". La sua dottoressa appunta qualcosa, lei prende un respiro profondo. "Soprattutto nei giorni immediatamente successivi. A volte non riesco a muovermi. Vuol dire che sta funzionando?"
"Non esattamente, vuol dire solo che sta avendo un effetto. Come sai, non ci sono cure definitive, solo trattamenti. Ed é presto per dire se stiano avendo successo o meno. Deve avere pazienza, miss Sherman."

Lei sospira. Guarda l'orario, é giá tardi. Una volta uscita dalla clinica, chiama Marc e gli dice che dormirá da lui - si dimentica che dovrebbe chiedere, e lui glielo fa notare. La cosa la fa arrabbiare cosí tanto, e in modo cosí irrazionale, che gli attacca in faccia e ignora tutti i suoi successivi messaggi. Invece va a Grand Central e compra un biglietto per tornare a Philadelphia la sera stessa.

Sul treno, é impegnata a leggere il romanzo d'esordio di un'autrice etiope quando un trentenne con una bella mascella squadrata e occhi azzurri le si siede accanto senza chiederle il permesso, e le chiede se non é "quell'attrice mutante di quel film quasi famoso". Lei risponde di no. Lui ride, poggia un dito sulla copertina del libro e la spinge, chiedendole cosa sta leggendo. Lei non risponde. Lui inizia a spiegarle il vero problema con i superumani e come risolverlo. Senza che lei apra bocca neanche una volta, continua a parlare per tutto il viaggio.

Dal momento in cui varca la soglia di Mutiny a quello in cui riesce a salire al secondo piano, dove c'é il suo appartamento, passano due ore. Cade sul divano e accende la tv. Fa zapping finché le news mondane non mostrano il volto di sua madre, in un abito sobrio e costosissimo, mentre parla di fronte a una platea di suoi pari di come sia difficile avere successo nello show biz da donna. Sprofonda un po' piú nel divano e continua a fare zapping, finché non inciampa nella replica di una vecchia stagione di Dancing With The Stars. Ci incontra una faccia conosciuta che le strappa nonostante tutto un sorriso. Quel ballo se lo ricorda, l'ha giá visto su una televisione decisamente piú grande. Si mette comoda sul divano, prende un paio di antidolorifici e si addormenta guardando la puntata, sorprendendosi di come il dolore, almeno per quella notte, non riesca a svegliarla.

martedì 20 settembre 2016

Third Floor


É un terzo piano esterno, sulla scala antincendio, e lei si tocca i lunghi capelli finti (ma é una delle migliori parrucche che si possano acquistare, senza dubbio). La visiera del berretto, poi gli occhiali da sole: ci pensa un po', ma alla fine tiene tutto. Guarda verso il basso. Lui é lí, a un piano di distanza, nascosto. Prende un sospiro profondo, una sigaretta dalla tasca e bussa contro il vetro.

Il ragazzotto all'interno gioca all'x-box, e quando sente il rumore rotola giú dal divano con il cuore a mille. Mare gli fa ciao da dietro il vetro, sfoderando uno dei suoi sorrisi piú rassicuranti, piú giovani. Mostra la sigaretta e tamburella il pollice contro il lato dell'indice, poi pensa che avrebbe dovuto indossare qualcosa di piú scollato. Per qualche secondo ha il terrore di aver fatto una cazzata: casa sua é il suo spazio, lei l'ha invaso, la reazione inconscia sará cercare di respingerla. Tirare le tende, se ce ne fossero.

Invece il ragazzotto apre, chiede ti conosco? Lei rimane accucciata sulle caviglie, si rigira la sigaretta tra le dita. Quando lui le porge l'accendino, lei tira un intimo sospiro di sollievo: da adesso, é solo una questione di pazienza.

- - -

Un'ora dopo, si salutano ridendo. Lei esce da dove é entrata: la finestra, facendosi promettere che spargerá la voce. Odora dell'erba che hanno fumato insieme e della birra economica che lui le  ha offerto e lei non ha rifiutato. Barcolla lungo la scala antincendio in discesa, aggrappandosi al corrimano meno di quanto dovrebbe. Un piano piú giú rischia anche di inciampare, ma Damien la acchiappa prima che rovini lungo un'intera rampa metallica. Lei ride senza motivo, ma molto piano. Farfuglia qualcosa di incomprensibile mentre cerca vanamente equilibrio (qualcosa su come vorrebbe vivere una vita intera cosí, allegra senza motivo di esserlo, leggera senza aver bisogno di una bilancia a testimoniarlo?). Poi, ancora sorridendo, annota: "sei ancora qui. Grazie". Come se, nella sua vita, fosse una completa novitá.

giovedì 15 settembre 2016

Land Mine



"Potresti dirmelo. Qualsiasi cosa fosse."

Mare rovescia il capo all'indietro, guardandolo all'incontrario dall'ampio letto della stanza d'hotel in cui si trovano. Si è fatto tornare i capelli di un colore normale, dopo le sue insistenze. Lei prende un tiro dalla sigaretta che sta fumando. Fuori dalla finestra aperta, Manhattan si sente a stento: è troppo più in basso.

"Lo so che non vieni a New York tutte le settimane per vedere me", continua Marcus, pizzicando le corde della chitarra che ha in braccio. "E che preferisci non dirmi mai un cazzo perché pensi che non sappia gestirlo e faccia solo casini."

Sospira a fondo, mentre Mare assottiglia lo sguardo e si chiede se con un paio di occhiali vedrebbe le prime rughe sul suo volto. "Quante volte hai riscritto il ritornello?", gli chiede all'improvviso.

Lui si stringe nelle spalle, imbronciato.

"Dovrebbe fare così", mormora lei, un buco nello stomaco e uno nel petto, prosciugato da giorni difficili di immobilità imposta, attese lunghe, cattive notizie da vicino e da lontano. Gli canticchia due strofe, lui si illumina. Pizzica le corde, aggiusta la melodia.

"La canti tu?", le chiede dopo un po'.
"Non è dedicata a me?"

Lui ride.

"Non lo sono tutte?"



Well it died, on the fourth of july
But we'll think of something
To patch up our sides

Honey my head bleeds
And tears at the seams
But we'll think of something
And sleep by the ocean

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
And it's just a matter of time

My one and only
This life is so lonely
But we'll think of something 
To pass the time

Maybe we should go
Let the full moon glow
We'll think of something 
before we get old

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
And it's just a matter of time

We are a raging sea
And I know you love me
We'll think of something
to fix this broken thing

And I was told
On the day we were born
But we'll think of something
And feel new again

But I'm a landmine
I'm a landmine
I'm a landmine
It's for you, and you to decide

All of my lies
And holes on my insides
But at least think of something
Just be my wife

But I can see your eyes already know
I can see in your eyes already know
This disguise just makes us old
You're gonna need someone to hold

I can see in your eyes already know

Hold on, our days are on fire
Hold on, our nights are on fire
Hold on, your life is on fire
Hold on, the whole world is on fire

martedì 6 settembre 2016

Buying Time


- Il tè ha il potere di cambiare l'umore, vero?
- Perché non sei ancora tornato sotto una cascata, fino ad ora?
- Ci sono molte cose da fare qui a Philadelphia.

- - -

- Una bella batteria di esami, miss Sherman. Vorrei aggiungervi anche uno stress test, se non va di fretta.
- La nostra ultima conversazione suggerisce che vada discretamente di fretta, in effetti.
- Lei è divertente, gliel'hanno già detto?
- Mai.

- - -

[...] Un mese?
Ok, un mese.

- - -

Non deve esserci tortura più grande del rimanere quaranta minuti sotto una TAC a contemplare le proprie scelte.

- - -


I remember when
I remember, when I lost my mind
There was something so pleasant about that phase
Even your emotions had an echo
In so much space

And when you're out there
Without care
I was out of touch
It wasn't because I didn't know enough
I just knew too much

Does that make me crazy
Probably

An I hope that you are having the time of your life
Oh but think twice
That's my only advice

Come on now
Who do you
Who do you think you are
Woah Woah
Bless your soul
Do you really think that you're in control

Well I think you're crazy
Just like me, yeah

My heroes had the heart
To lose their lives out on a limb
An all I remember
Is thinking I wanna be like them

Ever since I was little it looked like fun
It was no coincidence that I've come
I can die when I'm done

Maybe I'm crazy
Maybe you're crazy
Maybe we're crazy
Probably

sabato 3 settembre 2016

Light Meal


"Tu piuttosto stai bene?"

Il momento è arrivato: quello in cui sembra malata. Ha risposto ad Athanasius che si tratta di un po' di stress, senza riuscire a trovare nei suoi occhi preoccupazione genuina. Ma era una bugia: inizia sempre così, con un momento difficile, e poi esce fuori dal suo controllo. Non è una dimenticanza - non si dimentica di mangiare, non pensa ad altro tutto il giorno -, ma un demone antico con cui il suo corpo sabota sistematicamente se stesso.

Passa un'ora a cucinare. Ingredienti: broccoli, seitan naturale, mezzo limone, semi di girasole, olio e sale (ma il sale non ce lo mette, e l'olio solo mezzo cucchiaino). Mezza fetta di pane fatta a cubetti. Si siede e ciò che vede sono solo valori nutrizionali: proteine, vitamine, antiossidanti, carboidrati. Li misura a mente usando una tecnica che le insegnò il suo primo dietologo quando aveva dodici anni. Tamburella le dita vicino alla forchetta. Spinge il busto indietro per assicurarsi che il cane (a cui ancora non ha dato un nome) non abbia bisogno di niente. Prende il telecomando, accende la televisione per distrarsi e poi, con un gesto risoluto, di slancio, prende la forchetta.

Le fa male la testa. Ti fa male la testa, si dice chiaramente, a voce alta, non puoi andare avanti a integratori. Non puoi assottigliarti fino a scomparire, il tuo compito è allargarti, prendere spazio. Nulla di ciò che vuoi realizzare sarà possibile se diventerai di carta. Lascia che sia ciò che non puoi controllare a ucciderti. Ti serve la mente lucida. Ti serve il cuore forte se vuoi volare, e ti serve energia se vuoi fare tutto ciò che vuoi. Che devi.

Raccoglie il primo, risicato boccone con la forchetta. Un pezzetto di broccolo, un pezzetto di pane, un pezzetto di seitan. Lo avvicina alle labbra e può sentire l'odore di limone con una prepotenza che le fa quasi girare la testa. Stringe gli occhi mentre la tv manda l'ennesima puntata di CSI in cui l'assassino è un superumano fuori controllo. Spinge il boccone oltre i denti, lo mastica poco e poi lo manda giù.

Le sembra disgustoso, ma prende coraggio e prepara un secondo boccone.