domenica 26 febbraio 2017

No More




01:38  Mare [Locale]  «la reazione di Routh non la coglie di sorpresa, ma non per questo le pesa meno sulle spalle. Prende un respiro profondo e si passa una mano sul viso, poi tra i capelli. E' quella che tiene la sigaretta, e per un attimo quasi rischia di bruciarsi.» pensavo che... avrei indossato abiti più dignitosi, quando avremmo avuto questa conversazione. «la voce le si strozza quasi sulle ultime parole, il sarcasmo è piuttosto nervoso. Prende un respiro profondo e si costringe a tirare dritta la schiena, allineare le spalle. Ancora seduta, si orienta meglio verso l'enchanter al suo fianco.» ma Routh, guardaci: c'è una dissonanza in quello che ci accade attorno, è assordante. Veniamo usati per salvare - salvare, non conservare: salvare - il mondo, i mondi. Veniamo usati nell'SCF, veniamo usati quando è conveniente, quando possiamo rischiare la vita per il bene comune. E allo stesso modo non godiamo di privacy, di libertà personale-- no, non è neanche una questione di libertà, ma di giustizia. Non godiamo della basilare giustizia e dignità che dovrebbero essere garantite a ogni essere umano. E cambiare un articolo del VPA o protestare contro l'SSA non cambierà questa verità fondamentale: che ci usano come bestie da soma, e alla fine della giornata ci riconducono nel recinto e lo chiudono con due giri di catena. «solleva appena il mento, respira a fondo. Le pupille sono ferme e le iridi verdi che le circondano tremano.» ma adesso basta. Anche se sarà doloroso: adesso basta.

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Don't it look like rain, mama
Don't it look so cold outside
All the people seem scared and tired
And all the stars seem alight
There's no use in the air, anymore mama
There's no use in their eyes

I just come to say it's over
I just come to say goodbye
I won't compete with the absent
I won't compete for the prize

All them faces are glowing, mama
You can't see what's inside
There's no use for them being anymore
They got the calls in their eyes
It seems a waste to be careless, mama
There's no-one here left to fight

Something - give me something, we're fallin away
Through the minds and the notions we've only depraved
It's a tired imitation that calls your name
It's a cursed invitation that haunts your grave

I just come to say it's over
I just come to say goodbye
I won't compete with the absent
I won't compete for the prize

giovedì 16 febbraio 2017

I Promise You



"Testa o cuore?"
"Testa."

Dopo questo punto non ci sarà ritorno. Fermati. Dopo questo punto non potrai tornare indietro.

"Porterai il peso di questa esecuzione, tormenterò i tuoi sogni perché tu possa ricordare che hai spento la vita di chi ha sempre e solo voluto dare voce alla protesta. Ricordalo, J. Doe "

Dopo di questo non c'è più niente di dolce, di buono. Ci sono solo fuochi che bruciano senza riscaldare. I palmi soffocano, non accarezzano. L'acqua non culla ma affoga. La lotta per i tuoi fratelli diventa una lotta fratricida. 

"Hai ragione, Dana Cavendish: non ti dimenticherò mai, e ti sognerò ogni notte."

Puoi ancora tornare indietro. Nessuno te l'ha chiesto. Nessuno ha chiesto che sia tu a farlo.

"Questo te lo posso promettere."

Dopo di questo non c'è nessuna regola. Nessuno schema. Sei solo tu, il tuo senso di colpa, i tuoi obiettivi. E se fallirai nel realizzarli, tutto questo sarà stato inutile. Non esiste più niente, adesso, all'infuori di questo.

Te lo prometto.

post numero cinquanta


lunedì 13 febbraio 2017

You, Them (2)


Apre gli occhi, non ci riesce, li richiude. L'ultima persona che ricorda Xander, il suo torace enorme, il suo viso sfigurato dall'ustione. Si cerca con le mani il petto, ma sotto i polpastrelli sente soltanto una fanghiglia umida di sangue addensato, di carne sciolta. Le fa così male che sviene di nuovo, poi si risveglia. Continua lo stesso iter per un tempo infinito, finché l'anestesia non la butta definitivamente giù.

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REPERTO B

Una volta l'ha tradito anche lei, ma per vendetta. L'Hollywood Snitch aveva pubblicato delle foto telescopiche di lui su uno yacht con un'altra, stesi al sole in atteggiamenti poco fraintendibili. Non che non glielo avessero detto: i tour europei funzionano così, e per lui era il primo. Lei non ci aveva creduto, illogicamente sicura della loro relazione. Aveva passato due giorni a ignorare le sue chiamate e a studiare con maniacale attenzione se il modo in cui lui le teneva i fianchi, le accarezzava i capelli, le stava tra le cosce somigliasse al modo in cui teneva i fianchi, accarezzava i capelli o stava nelle cosce a lei. Con ancora maggiore cura aveva cercato di valutare quanti centimetri di altezza avesse più di lei, quanti chili di meno, se il seno fosse vero o rifatto, se i capelli rossi fossero tinti o genetici. Aveva pianto di rabbia e di umiliazione tanto da preoccupare addirittura i suoi genitori disattenti.

Il terzo giorno si alzò e aspettò la sera. Si truccò, si mise dei tacchi alti e nell'uscire con il primo nome dei suoi contatti non si preoccupò neanche di evitare i paparazzi: anzi, passò loro attraverso. Ad oggi, il ricordo dei due giorni successivi rimane confuso. Il primo contatto della sua lista, cancellato. Quel senso di umiliazione arrabbiata, invece, ha trovato nuove forme e nuove origini. Concime diverso. Ma non smette ancora di avvelenarla.

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Il primo ad arrivare in ospedale è il suo nuovo emergency contact: Michael Clarke, l'editor di Hyperboreans. Mel da quando lei l'ha ritrovato a Philadelphia. Lui fa tutte le cose giuste: arriva il prima possibile, parla con i medici, corre dietro alla sua barella, aspetta. Non è così grave, gli dicono, ma quando l'ustione sarà del tutto curata richiederà un'operazione chirurgica per ricostruire ciò che è stato rovinato. Mel fa tutte le cose giuste: si volta dall'altra parte quando le fasciano il petto bruciato, si trascina le dita nei capelli e si strofina i palmi sul volto, le sfiora le dita senza avere il coraggio di prenderle, le parla come se potesse sentirlo. Ma Mel è acqua e non sa stare mai nello stesso posto, scivola tra le fessure, ciò che un attimo lo contiene è vuoto il momento successivo. Fa quindi tutte le cose giuste, tranne una: chiama il numero rapido 2 sul cellulare di lei.

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Gli incubi la accompagnano per tutto il tempo, o almeno così pensa quando scivola in una veglia raggiunta con le palpebre pesanti e tutti i pensieri confusi in testa. Non appena mette a fuoco il profilo di chi le è affianco, chiude di nuovo gli occhi e singhiozza un'unica volta. Marc singhiozza a sua volta, seduto su una sedia con i piedi poggiati in fondo al letto e le braccia conserte. Sembra un adolescente offeso, addolorato.

"Sei ancora, sei sempre la stronza che mi ha spezzato il cuore", le chiarisce mortalmente serio. "Ma a quanto pare il mondo sta per finire, e nemmeno due come noi meritano di crepare da soli."

Lei ride, le lacrime le scivolano lungo le tempie.

"Sai di cosa ho paura?", gli chiede. Marc scuote il capo.
"Ho paura", continua lei, "che il giorno arriverà, e poi passerà. Noi saremo le stesse persone, e non una singola cosa cambierà. Sarà tutto identico."

Deglutisce, la gola le fa male.

"Ho paura", rinizia, la voce le si spezza in gola. "-- Che il mondo non finirà. Che saremo tutti condannati a vivere. E' di questo che ho paura."