mercoledì 27 dicembre 2017

jail, thought #1




becoming a little moon—brightwarm in me one night.
thank god. i can go quietly. the doctor will explain death
and i’ll go practice.

in the catalogue of ways to kill a black girl, find me
buried between the pages stuck together
with red stick. ironic, predictable. look at me.

i’m not the kind of black woman who dies on the news.
i’m the kind who grows thinner & thinner & thinner
until light outweighs us, and we become it, family
gathered around my barely body telling me to go
toward myself.

it won't be a bullet
hollow bones
by tirunesh sherman

seven



- Mi vorrai ancora tra i piedi quando uscirai?

Mare singhiozza una risata affettuosa, esasperata.

- Tutto riguarda sempre te Marc, non è così? Io vivrò sette anni di galera, e ancora vuoi che sia io a rassicurare te.
- Tu ti lasceresti rassicurare da me?
- Non sei capace a rassicurare nessuno, Titus Red.
- Quando uscirò da qui avrò quarant'anni.
- Ma sempre trentadue...
- Ne avrò vissuti quaranta. Non so tra sette anni che persona sarò.
- Sette anni fa eri la persona che sei oggi.
- Non è così. Non ne hai nemmeno idea, ma non è così.

Marcus sospira, lei sospira a sua volta e gli prende la mano. Lo fa sul tavolo, dove tutto è visibile, per non irritare i secondini.

- Chi c'è qua fuori?
- Dopo di me entra tua madre, ed è venuto anche Jules.
- Sally non c'è?

Marcus le accarezza le nocche.

- Dice che verrà quando esci, tra tre giorni.
- Tra sette anni.
- Mi dispiace honey bee.
- Digli di non venire e basta.
- Io verrò a trovarti tutti i giorni, ho preso una stanza allo Sheraton.
- Ogni due anni.
- Meglio di niente, no?

Mare sorride piano. Per un attimo negli occhi si affaccia un lucore tremante.

- Hai paura sweet pie? Non devi, andrà tutto bene. In prigione te la cavi se tieni la testa bassa e trovi subito la protezione di qualcuno di grosso. A te piacciono anche le donne, trova quella più grossa e incazzata e diventa la sua fidanzata. Andrà tutto bene.
- Come sai queste cose?
- Me le insegnava mio padre.
- Di lui non parli mai.
- Ne ho parlato a te. A te ho raccontato tutto, e tu hai raccontato tutto a me. Sarà ancora così quando uscirai.

Quando uscirà, quando uscirà. Lo ripete a mente, ne può quasi sentire il sapore contro il palato. Quando uscirà sarà tardi per tutto. Sarà qualcun altro.

- Mi manca Tish, Marc.
- Manca anche a me.
- Pensi che mi mancherà ancora, quando uscirò?

Marcus boccheggia, indeciso.

- Oppure la dimenticherò?
- Non la dimenticherai.
- O forse sì, come puoi saperlo?

Vorrebbe risponderle, ma alle sue spalle appare una divisa.

- La tua vasca è pronta, Sherman: le visite sono finite.
- Ma c'è sua madre qua fuori...
- Le visite sono finite.

Mare si riempie il polmoni. Sorride e si alza in piedi. Marcus, stordito, si alza subito dopo di lei.

- Ci vediamo tra tre giorni allora, okay? Tra tre giorni.

Mare non risponde. Tra sette anni. Mentre il secondino la strattona via, si chiede se non dimenticherà anche lui.

domenica 17 dicembre 2017

only three of us left


In Ohio, a novembre

"Grazie per essere venuta."
"Grazie per avermi invitato."

Lei e Jules si sono abbracciati strettissimi e lei per un attimo ha temuto di sentire le proprie ossa scricchiolare. Sono anni ormai che nessuno dei due festeggia il proprio compleanno senza Tish, e quest'anno hanno girato attorno all'idea di vedersi per settimane.

Ma alla fine ha funzionato tutto alla perfezione. John e Roselynn - i genitori di Jules - le hanno scritto loro sponte di volerla rivedere, lei è riuscita a sistemare tutto in modo da avere quell'intera settimana libera, addirittura Marc ha sospeso le interminabili ristrutturazioni alla sua villa a Beverly Hills per volare fino a Cleveland. Lui e Mare si abbracciano in maniera più sfuggente, lei gli poggia un bacio sulla guancia che lui non riesce a ricambiare in tempo prima che lei faccia un passo indietro. Roselynn le cinge le spalle e la conduce in salotto, dove le farà vedere delle foto che ha ritrovato di recente, dove tutti loro ragazzi sono ritratti insieme, a fare gli stupidi nella neve. Prima di sedersi, però, lancia un'occhiata rapida al cortiletto oltre la finestra e tira le tende fino in fondo.

- - -

"Sono felice che sei viva."

Mare ride ma a Jules non importa. Sia lui che Marc sono ubriachi, e si sono infilati nella cantina della casa come degli adolescenti che si stanno nascondendo dagli adulti.

"Neanche un sorso? - Marc le oscilla davanti un bicchiere pieno di whisky comprato al discount - io a questa cazzata della sobrietà non ci credo, non ce l'hai mai avuto un problema con l'alcol, tu."

Mare non si offende, ma non accetta nemmeno l'offerta. Sprofonda un po' di più nel divano polveroso. "Anch'io sono felice di essere viva", risponde a Jules in differita, sorridendogli. Jules singhiozza una risata. "Tu e Tish non vi siete mai somigliate, lo sai?"

"Cosa?"
"Tu e Tish. Lo so che siete uguali, fisicamente, lo stesso naso e tutto, ma non vi avrei confuso mai, dal primo giorno che vi ho conosciute. Tu hai... hai..."

"Una faccia da stronza", interviene Marc, gioviale.
"No, cioè sì, c'entra quello penso. Una faccia da stronza nel senso che sei come una cornice chiusa, e Tish aveva... Tish era..."

Mare sorride piano. "Tish era tutto il cielo."

"Sì", Jules lo mormora mentre si asciuga gli occhi "Tish era tutto il cielo."

Marc, mortificato, guarda il fondo del bicchiere finché non gli viene da alzarsi in piedi.

"Andiamo a un bar a bere qualcosa di decente? Dai cazzo alzati, dove hai le chiavi?"

Jules le tira fuori, Marc le prende. Mare ne contempla il taglio di capelli per qualche istante: adesso ha i lati dei capelli rasati, la parte davanti tagliata in un caschetto francescano e disordinato, quella dietro ancora lunga, raccolta in due treccine che le ricordano vagamente Willie Nelson. Si sporge in avanti e gli raccoglie delicatamente le chiavi dalle mani.

"Forse è meglio se guido io."

Sono tutti d'accordo.


- - -

"Meditazione", risponde a Jules mentre guida per le strade innevate di Youngstown, "meditazione soprattutto, yoga... avevo preso a correre ma dopo la prima caviglia slogata ho iniziato con il nuoto."

"E ti è sufficiente?", Jules ha la bocca impastata dall'alcol ed è seduto accanto a lei, Marc invece è sul sedile posteriore canticchia a se stesso un ritornello che lo ha folgorato e non vuole dimenticare.

"No, certo che no. Ma mi tiene viva e mi tiene lucida." 
"Perché non te ne vai? C'è un mondo intero là fuori, un... se avessi dovuto indovinare, avrei detto che ti saresti data alla macchia come tutti gli altri superumani, quelli della... della Young Gifted School. Perché non l'hai fatto?"
"E poi fare cosa, Jules?"

Sorride guardando oltre il parabrezza. Jules le indovina nella piega delle labbra un risentimento rassegnato.

"Come sarei riuscita a guardarmi in uno specchio se avessi rinunciato a tutto per salvare me stessa? Ci sono milioni di mutanti che non hanno l'opzione di scappare, di darsi alla macchia. Con che faccia avrei potuto parlare per loro se mi fossi sottratta a ciò che dovranno patire, solo perché ne avevo la possibilità?"

Jules rimane a guardarla stordito. C'è un lungo momento di silenzio.

"I am ashamed I think maybe sometimes..." Marc strabocca nei sedili davanti con il busto, schiacciando il naso e la bocca contro il collo di Mare le canta addosso pochi versi "maybe sometimes I might have used tricks to make you like me more, when I found you I was running wild, let's get out of here, what's the trouble here..."

Barcolla fuori dalla macchina non appena Mare la ferma nel grande parcheggio pieno di fronte all'unico bar aperto della zona. La sua ebrezza la irrita e la fa ridere allo stesso tempo, gli passa una mano dietro la schiena e lo fa camminare dritto, richiamando ogni tanto Jules perché possa seguire la loro voce, come farebbe con un cane cieco.

Capisce che c'è qualcosa che non va quando nota che delle persone si stanno voltando verso di loro. Ha un attimo di incertezza in cui non sa se rallentare o accelerare. Dura due secondi, ma sono troppi: prima ancora che Marc e Jules possano rendersi conto di qualcosa, un gruppo di ragazzotti non meno ubriachi di loro capitombola sulla loro strada.

"Sì dai te l'ho detto che è lui con quei capelli del cazzo"
"Ce lo fai un autografo Titus? Il grande Titus Red, questa è la tua fidanzata, la figlia mutante di Sally Sherman?"

Marc non si rende conto subito di cosa stia accadendo, e forse in un'altra situazione Mare non gliene farebbe una colpa: non capisce perché non ha mai vissuto niente del genere. Le passa un braccio attorno alle spalle inchiodandola sul posto, gongola "magari ma non mi si prende neanche quando la supplico per cui scopiamo entrambi con altra gente". 

Mare gli poggia una mano sul petto e prova a spingerlo indietro. Jules fa un tentativo simile, ma troppo poco energico perché possa avere un risultato.

"No dai davvero se io fossi una donna la darei solo a Titus Red"
"Ma tu sei quella del libro che l'America è una merda no? Bella merda, lo sanno tutti che tutti i mutanti stanno sul welfare con le tasse che pago io e neanche vi sta bene?"
"Ci fai vedere le ali?"

L'ultima richiesta è quella che la mette più in allarme. Il ragazzo non avrà più di venticinque anni, non è molto alto ma ha spalle larghe, una mascella tagliata con l'accetta, lo sguardo opaco di alcol e un'insoddisfazione che a Mare sembra pura rabbia.

"Non posso, non è legale."
"Ma è legale se inizio a menarti, no? Perché è per difenderti."

Si fa più vicino di quanto Mare non vorrebbe.

"Dai facci vedere, a me piacciono, fammele vedere."

Il ragazzo allunga un braccio in avanti, le dita tozze le sfiorano le clavicole, Jules la strattona indietro e Marc si proietta in avanti, con una furia confusa e improvvisa che gli fa agitare tutti gli arti allampanati alla ricerca di qualcosa da colpire alla cieca. Succede tutto nello stesso istante, e cinque minuti dopo è già finito tra labbra spaccate, occhi neri e nasi rotti.

"Sei arrabbiata con me? Non essere arrabbiata con me pretty punk, honey bee, lovely dovey dove."
"Non sono arrabbiata", dice la verità. A volte se lo scorda, ma sa anche lei che, prima di essere Titus Red, Marcus Brown è stato qualcos'altro, qualcun altro, un ragazzino iroso e scavezzacollo. Gli ha permesso di poggiare la testa sulle sue gambe e ora gli tiene il ghiaccio sullo zigomo.

"Jules si è addormentato?"
"Credo di sì. Oppure è svenuto."
"Ti piaccio ancora?"
"Abbastanza."
"Anche con le rughe avviato per i quaranta e i capelli di merda con le treccine che ti fanno schifo?"
"Soprattutto in quel modo."
"Perché non mi vuoi sulla tua isola, moon pie? Me lo chiedo sempre. Che cazzo ti ho fatto che non mi ci vuoi..."

Mare non risponde, si limita a passargli docilmente le nocche sulle parti del viso non gonfie di botte. Lui continua a fare la stessa domanda, finché non si addormenta, e lei si addormenta poco più tardi.



venerdì 5 maggio 2017

Alexander Hamilton

Marzo 2025, Beverly Hills, California

La vecchia stanza di Tish è rimasta come un decennio prima, ma ora che è tornata a viverci, anche se per poco, è di nuovo tutta scombinata. Mentre lei si fa un bagno, Mare si è stesa sul letto e ha cercato tra vecchi libri qualcosa da leggere per fingere di non essere lì con l'ansia che scivoli, o perda i sensi e si faccia male nella vasca. Trova un vecchio volume del 2004 che lesse così tante volte da consumarne le pagine, assottigliarne. Una biografia di Alexander Hamilton piena di annotazioni, sottolineature e appunti scritti fittamente lungo tutti i bordi delle pagine.

Quando Tish esce dal bagno avvolta in un asciugamano, scrolla le ali schizzandole acqua addosso, e ride quando la vede rotolare di lato sul letto per proteggere il libro.

- Oh God, non di nuovo quel libro, passasti un anno a non parlare d'altro, non ti sopportavo più.
- Potevi dirmelo.
- Sono abbastanza sicura di avertelo urlato in faccia, esasperata, più di una volta.

Mare storce le labbra, tira su la schiena e le fa spazio sul materasso.

- Ma ha senso. Ti sei sempre sentita un po' Hamilton.
- E che ne sai.
- L'ho riletto di recente.
- E' per questo che ce l'hai qui?
- M-mh. 
- Mi piaceva la sua ostinazione.
- Non solo.

Tish si mette in ginocchio sul letto, con il bacino sui talloni e le mani sulle gambe. Sgranchisce ali enormi, ancora mobili per quanto incapaci di sollevarla in volo. Negli occhi le vede serenità che non riesce a penetrare. Si somigliano quasi del tutto, ma pressoché nessuno le ha mai confuse: di quella serenità Mare non è mai riuscita a imparare il metodo, e quando la gente la guarda vede soltanto la promessa di un uragano.

- Che intendi?
- Era un orfano, nato dal niente, fattosi da solo grazie al suo talento e alla famiglia che si era conquistato.

Mare ride.

- Abbiamo dei fondi fiduciari, Tish. Non ci definirei "fatteci da sole".
- Io sì. Te, almeno. Ricordi anche tu com'era la nostra vita, prima di... tutto questo. E tu hai imparato a soddisfare Jake e Rachel molto prima di me. Non so se si sarebbero mai affezionati a me, senza le ali. Senza tutta la preoccupazione che hanno dovuto provare.
- Non dire così.

Mare si incupisce, Tish sorride e le dà una schicchera su una caviglia, per infastidirla.

- Hamilton parlava troppo e scriveva con la foga di chi non aveva tempo da perdere. Non aveva paura di litigare anche con i suoi teorici alleati pur di restare fedele alle proprie idee, era un visionario. Combatté una guerra e creò una nuova nazione.
- Cos'altro?
- Morì prematuramente, in un duello. E tu pensi che morirai prematuramente.

Mare oscilla all'indietro come sotto l'energia di un rinculo.

- Lui era solo, io ho te. No?
- Lui perse un figlio.
- Cosa vuoi dire?

Mare finge di non vedere il percorso di lividi che percorre il braccio destro di Tish. Colpi leggeri che da chiunque altro sarebbero assorbiti senza danni, colorano invece lei di grigio e viola.

- Ho letto il tuo libro.
- Lo so che l'hai letto.
- E hai paura di chiedermi che ne penso.
- Che ne pensi?
- Che citi uno schiavista per sostenere le tue tesi.
- Lo so, ma è Thomas Jefferson.
- Non ti è mai importato.
- Non fingere di non capire il motivo per cui era importante...
- Lo capisco benissimo, ma il mio problema è qui, Miràr. 

Tish prende un respiro profondo. I suoi polmoni enormi incamerano ossigeno finché le costole fragili non le fanno male.

- E' un libro feroce, doloroso, visionario e ispirato. Ma è anche un libro disonesto.

Mare solleva le sopracciglia in un'espressione incredula, offesa.

- Disonesto?
- Lo presenti come un'utopia in modo da non dover chiarire le azioni da intraprendere per realizzarla, ma tu non stai pensando a un'utopia, e non hai scritto un romanzo: hai scritto un trattato politico. Vuol dire che hai già pensato a come ottenere ciò che immagini, ma che hai deliberatamente deciso di tenerlo vago. 

Mare boccheggia. La lucidità di Tish è cortese e spietatamente chirurgica.

- Quindi, conoscendoti, ho una sola domanda per te, ed è una domanda a cui so che non risponderai: cosa c'è di così terribile nell'esecuzione dal farti decidere di tenerla nascosta?

Mare è senza parole. Scende dal letto a piedi nudi lasciandosi dietro la  biografia di Alexander Hamilton. Vorrebbe muoversi, ma finisce solo con il girare su se stessa. Apre e chiude la bocca per un paio di volte prima di parlare.

- E' un posto in cui tu vivresti?
- Per essere libera di volare? - Tish ride in maniera cristallina, infelice, poi si stringe nelle spalle - dodici anni fa, forse sì. Adesso mi bastano paradisi molto più piccoli, Miramàr. Jules mi basta. Voi mi bastate. Ma non vuol dire che tu non debba andare avanti. Ci sono migliaia di Tirunesh Sherman diciottenni, là fuori, per cui la tua Hyperborea vale ogni spanna delle loro speranze.

Mare tentenna. Ha qualcosa incastrato nel petto.

- Non lo so. - ironizza, infelicemente - Hamilton aveva trentaquattro anni quando diventò il primo ministro del Tesoro degli Stati Uniti d'America.
- E George Washington ne aveva cinquantasette quando diventò il primo Presidente.

Mare ride. Tish invece no.

- Non ti lascerai andare, vero?

Mare allunga lo sguardo su di lei. Non risponde finché non vede il suo sorriso tenue.

- Dopo il matrimonio. So che non mi lasci andare facilmente, mh? 

Mare batte le palpebre un paio di volte, il cuore le ha saltato un battito.

- Penso che sopravviverò. - risponde quasi senza voce.
- Prometti che sopravviverai?
- Tish...
- Prometti?
- Okay. Lo prometto.

- Bene, - sospira Tish - è l'unica cosa che mi serve di sapere.

Rimangono in silenzio per qualche istante, ed è di nuovo Tish che prende la parola per prima.

- Hamilton aveva qualcosa da dimostrare, la propria storia da smentire. La sua vita è iniziata con uno sgambetto del destino, e così la nostra, la tua. E' questo che hai percepito da adolescente, ed è questo che adesso provi a realizzare con la tua vita adulta. Lui non bruciò nessuna occasione, e ora non devi farlo neanche tu. Hai ancora un milione di cose da fare, e puoi farle tutte. Devi, o non sarai mai in grado di perdonare te stessa. 

- - -

Maggio 2025, Philadelphia, Pennsylvania

La tentazione di fermare tutto sotto la minaccia dell'ennesima apocalisse è grande.

Ma quando alza la testa, e vede quella specie di enorme disco che contiene laghi e palazzi, non può fare a meno di pensare a una cosa soltanto.

C'è una città sulle loro teste, e non appartiene a nessuno che abbia diritti legali di proprietà sulla Terra.

In ciò in cui tutti vedono un disastro, lei si costringe a vedere un'opportunità.

giovedì 27 aprile 2017

Routh's Place


Ne emerge di tanto in tanto, poi riaffonda. Routh sta facendo esattamente ciò che lei le ha chiesto di fare, ma ogni volta che le mette un piatto davanti si sente aggredita, e la odia con una furia cieca che dura solo finché non ha svuotato il piatto. A volte ci mette ore.

Marc le ha scritto, ha chiesto come stai?

Lei ha risposto bene, poi ha spento il cellulare.

giovedì 20 aprile 2017

Omaha, Nebraska


- Diciamogli la verità. Se lo merita. Ci conosciamo da tempo, abbiamo combattuto insieme altrove. E' un ottimo soldato, è leale alla causa. Francamente, non vedo motivi per non farlo. 
- Così il giorno che lo cattureranno e lo interrogheranno con un telepate, chiuderò i giochi. 
- La stessa cosa succederebbe se prendessero me. Stesso dicasi per Inara.
- E se potessi cancellarlo anche dai vostri cervelli, dal tuo e quello di Inara, lo farei. 
- Idee alternative?  
- Potreste dargli l'OK per non fermarsi finché non sono morta, la prossima volta. Quello risolverebbe di sicuro il problema alla radice. 
- Non mi sembra che tu stia affrontando il problema in modo proattivo
- Perdonami anche tu: mi sentirò di sicuro più proattiva quando masticare smetterà di farmi male. 
- Devi per forza continuare a bere? 
- Non devo: voglio
- - - 
- Perfetto. Ho sentito dire che la scena politica di Omaha è molto promettente, ultimamente. 
 [...]
- Vedro' di parlargli io. Se non funzionerà, faremo in modo che tu sia al sicuro. Altrove.
- - -
- Ti sorprenderebbe scoprire quante poche persone si fidino di una mutaforma.
- - -

Cara Miramàr...

- - -


When I die let the wolves enjoy my bones,
When I die let me go,
When I die let the wolves enjoy my bones,
When I die let me go.

When I die you can push me out to sea,
When I die set me free,
When I die let the sharks come 'round to feed,
When I die set me free.

Oh, the world is dark,
And I've looked as far as I can see,
When the years have torn me apart,
Let me be.

When I die let the flames devour me,
When I die set me free,
When I die throw my ashes to the breeze,
When I die scatter me.

Oh, the world is dark,
And I've looked as far as I can see,
When the years have torn me apart,
Let me be.

Daylight is waiting for you.

Wolves, performed by Down Like Silver
Lyrics by Tirunesh Sherman,
Music by Jules Gold.

martedì 18 aprile 2017

Sweet Company


Quando Mel le apre la porta, la prima cosa che fa è schiantargli sulle labbra un bacio con cui quasi lo travolge, nonostante ogni angolo del volto le faccia male anche al minimo movimento. Lui, incredulo e appena svegliatosi da un sonno sereno, fatica a mettere le informazioni l'una dietro l'altra. Ha bisogno di un attimo, e se lo prende come prende il viso di lei tra le dita, tastandone i lividi e l'cchio nero con un'espressione di sconcerto sofferente. Il suo accento di Chicago si trascina su ogni sillaba.

- Che cazzo ti è successo?
- Ti faccio schifo? 
- Eh?
- Rispondimi.
- No, ma chi ti ha pestato?
- Non te lo voglio dire.
- Che cazzo.

Gli prende le mani e se le conduce sui fianchi, poi lo spinge superando la soglia a richiudendosi la porta alle spalle. Non ha trucchi, e quando si toglie la maglia e i pantaloni, scalciandoli via confusamente, non fa nulla per dissimulare né le costole esposte né il livido sulla pancia né la rosa di cicatrici passate. Una volta le hanno rotto tutte le ossa che aveva da rompersi, comprese quelle delle ali, e non ha mai potuto dirlo a nessuno. Le ali: quelle le estrae, le batte e le libera. Trascinano con loro lampade, oggetti. Finisce tutto per terra, tutto sottosopra.

- Fai parte di un fight club o qualcosa?
- Qualcosa.
- Mi dirai mai che ti è successo?

Due ore dopo, Mel le bacia le ferite (quelle vecchie e quelle nuove) con devozione religiosa. Per farlo deve partire dalle caviglie e poi risalire.

- Sì, quando avremo conquistato Hyperborea e potremo viverci dentro.

Per un momento, un momento soltanto e molto breve, non si sente gravemente sola. Nella sua testa non c'è la morte di Tish, non ci sono Marc né Victor Miller, non ci sono Routh, Benedict e tutti gli amici sulle cui spalle non può piangere quando finisce ridotta in quelle condizioni e le fa male anche respirare, non c'è Heldrich Frost quando le chiede di fidarsi di lui né la collera erosiva di Jude, Amy che ha annullato il matrimonio e ha provato a ricontattarla dopo che la notizia dei funerali è diventata pubblica, non c'è Jules che macera da solo nel suo lutto dopo quasi quindici anni che si conoscono... Non c'è nemmeno Inara, semplicemente non c'è.

Però c'è Mel, che è un uomo ostinato e semplice, è un mutante come lei, registrato suo malgrado come lei, ha visto tutto ma la notte dorme comunque sereno perché sa di aver fatto del proprio meglio, e questo gli basta. Quando le raggiunge le clavicole, esita ad andare più su: vede per la prima volta i lividi sul collo, il segno chiaro di cinque dita ruvide piantate su una gola di cigno.

- Io a chiederti non ti chiedo niente, solo questo: stai bene?
- No.
- Hai bisogno di aiuto.
- No.
- Pensi che starai bene?

Batte le palpebre un paio di volte, poggia le pupille su di lui. Soffia dalle labbra un sorriso morbido.

- No, sinceramente no.

Mel la guarda restare ferma sopra le lenzuola sfatte. Tira su col naso e scrolla la testa, poi le spalle.

- That's fine. Just checkin'. 

Non dice nient'altro, però l'ultimo bacio glielo lascia proprio tra spalla e viso.