mercoledì 29 marzo 2017

Difference Between


"La differenza", faceva una canzone di suo padre "è tra le persone che ti chiedono se possono fare qualcosa per te... 
e quelle che lo fanno e basta." 

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It is a curious thing, the death of a loved one. We all know that our time in this world is limited, and that eventually all of us will end up underneath some sheet, never to wake up. And yet it is always a surprise when it happens to someone we know. It is like walking up the stairs to your bedroom in the dark, and thinking there is one more stair than there is. Your foot falls down, through the air, and there is a sickly moment of dark surprise as you try and readjust the way you thought of things.

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«E se qualcuno pensa che sia un dannato crimine, well: vengano a prendermi. Quello che potevo perdere ormai l'ho perso, e non c'è più niente che possano farmi, adesso.»

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«Smettila, ti fai male.»

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«Devi sapere questo: che io vi ho voluto, e che io vi ho amato. E che mai nessun dolore e mai nessuna tragedia o malattia potrà mai togliermi la gioia di avervi conosciuto.»

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«I never stopped caring... I'm pretty sure I never will.»

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«I'm so so sorry, baby girl.»
«Don't say that. Don't ever say that again.»

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Cara Miramàr...


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Mama there's wolves in the house
Mama they won't let me out
Mama they're mating at night
Mama they won't make nice

They're pacing and glowing bright
Their faces all snowy and white
Bury their paws in the stone
Make for my heart as their home

They tumble and fight
And they're beautiful
On the hilltops at night
They are beautiful

Blazing with light
Is the whitest and the tallest and the biggest one
She's muscled and fine
When she runs

They're tearing up holes in the house
They're tearing their claws in the ground
They're staring with blood in their mouths
Mama they won't let me out

They tumble and fight
And they're beautiful
On the hilltops at night
They are beautiful

Blazing with light
Is the whitest and the tallest and the biggest one
All muscled and fine
When she runs

Mama there's wolves in the house
Mama I tried to put them out
And mama I know you're too wise
To wait till those wolves make nice

domenica 26 marzo 2017

Ashes! Ashes! (fifth and last)



Una donna bionda dal profilo texano, abiti alla moda, abbronzatura californiana. Tiene un microfono in mano come fosse una cronista (non lo è). Sta in piedi di fronte alla telecamera. Il paesaggio, alle sue spalle, è la villa di Rachel Carson, a Beverly Hills. La donna (trent'anni? Forse anche di meno) deve scacciare le altre troupe dalla sua inquadratura - ce ne saranno una decina raccolte attorno ai cancelli della villa -, poi mima un'espressione grave. Inizia a parlare quando il suo cameraman le rivolge un pollice alto e nella cuffia sente la voce dell'host dello scadente programma televisivo 

- Solo oggi è stata resa nota al pubblico la morte improvvisa di Tirunesh Sherman, nota alle cronache per essere una delle due figlie adottive della plurinominata agli Oscar Rachel Carson e di Sally Sherman, una delle rockstar più celebri della scena punk dei primi anni Ottanta. Secondo indiscrezioni non confermate, Tirunesh Sherman sarebbe morta nella notte di venerdì, poco prima dell'alba, a causa di un male incurabile e la famiglia avrebbe avuto un funerale privato nella mattina di sabato.

Si ferma. Ascolta nell'auricolare, in differita di pochi secondi, l'host del programma. 

- Sì, entrambe le gemelle Sherman sono state adottate quando erano ancora bambine, e hanno sviluppato entrambe il gene mutante. Mirabe Sherman, attualmente situata in Philadelphia, è pressoché fuggita da Los Angeles dopo la sua disastrosa corsa a sindaco della primavera del 2024, e ci risulta abbia da poco scritto un libro con una casa editrice locale su come separare gli umani dai mutanti. Tirunesh è stata meno presente sulla scena politica e sulla scena in generale, molti dicono a causa della sua deformazione permanente: un paio di ali che non era in grado di ritirare. Aveva comunque pubblicato una piccola raccolta di poesie di recente.

Si ferma di nuovo. Una folata di vento le disturba la capigliatura, ma a Los Angeles fa caldo.

- Le nostri fonti, non confermate, sostengono che sia Mirabe Sherman che suo padre, Sally Sherman, fossero a Los Angeles quando Tirunesh è morta, ma impegnati in una festa e non quindi al suo capezzale nella Clinica che la seguiva ormai da anni, dove sarebbero arrivati solo diverse ore dopo il decesso. Mirabe Sherman al momento sarebbe già ripartita per Philadelphia, mentre la famiglia è raccolta in cordoglio nella casa materna, a Beverly Hills e, oh...

Il gesto con cui indica la villa alle sue spalle la fa girare, facendole vedere un ultratrentenne con i capelli troppo lunghi per essere una persona seria, che apre il cancello e stringe la mano attorno a una mazza da baseball. 

- Possiamo vedere alle nostre spalle Titus Red, frontman dei Cons, la band-rivelazione dell'ultimo decennio. E' noto a tutti all'interno di Hollywood come Red sia ormai da tempo, oltre che impegnato tra alti e bassi con Mirabe Sherman, una sorta di figlioccio di Sally Sherman, che ne ha seguito e aiutato la carriera fin dai prim--

Si deve interrompere quando Marc inizia ad avanzare verso la troupe di Star Snooper brandendo la mazza da baseball come se fosse pronto a battere il fuoricampo della sua vita. 

- Ti ho detto che ti devi togliere dai coglioni, Alex!
- Questa non è proprietà privata, lo sai come funziona...
- Funziona che sto per aprirti quella cazzo di testa di merda che ti ritrovi.
- E' suolo pubb-- ehi ehi ehi!

Indietreggiano tutti quanti come un'onda quando la mazza si abbatte contro una delle videocamere piantate su un cavalletto. Un'attrezzatura da tremila dollari.

- Che è, Titus, la ragazza t'ha mollato di nuovo?
- La pianti? Non lo vedi che è matto?

Il secondo è il parabrezza di uno dei furgoncini, e se non si decidessero ad andare via il terzo potrebbe forse davvero essere il ginocchio di qualcuno. Marc lo rende chiaro puntando la mazza da baseball in avanti, come una spada.

- Siete dei fottuti sciacalli - dice senza mezzi termini - e se non vi togliete di dosso dagli Sherman lascio perdere la musica e passo il resto della mia vita a rovinare la vostra. Giuro su Dio.

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Austin ha acconsentito a tenersi Martie per un po', questo dovrebbe darle almeno un po' di tempo. Si richiude la porta dell'appartamento alle proprie spalle, e si chiede per un attimo se non avrebbe fatto meglio a restare almeno qualche giorno, come sua madre l'ha supplicata di fare. Marc voleva seguirla, ma alla fine gli ha chiesto di restare indietro, assicurarsi di stare un po' con Jules e di infilare Sally nell'ennesima comunità di recupero.

Dal suo trolley formato bagaglio a mano prende una cosa soltanto, Hollow Bones. Rilegge la dedica ("a chi mi somiglia") e sfoglia le pagine fino a ritrovare una delle ultime poesie. Le è rimasta incastrata nella testa, e per mesi si è chiesta a chi Tiru stesse parlando. Tirami fuori, non puoi impedire che tutto questo succeda? Chiudi le porte e tienili fuori. Dissotterrami, non avresti potuto impedire che tutto questo succedesse? Dissotterrami da sotto la nostra casa. Forse pensava che l'avessero già sepolta, che si fossero tutti rassegnati alla sua assenza. Forse è caduta e si è rotta ogni cosa, forse è caduta perché qualcosa si è rotto. Forse è inciampata perché non ce la faceva più a camminare sul terreno, quando tutto del suo corpo era costruito per non toccare mai nulla di più concreto del vento.

Forse sarebbe dovuta rimanere in ospedale con lei. Chiudere gli occhi con lei, oppure soltanto chiuderle gli occhi e basta. Non avresti potuto impedire che tutto questo succedesse? Forse no, ma avrebbe potuto provare con un po' più di ostinazione.

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Pull me out. 
Can't you stop this all from happening?
Close the doors and keep them out.

Dig me out,
Couldn't you have kept this all from happening?
Dig me out from under our house.

Tirunesh Sherman,
dalla raccolta "Hollow Bones". 


Ashes! Ashes! (4)


I'll check myself out when I put you to bed,
and tear that old band off my wrist.
But I'll come back to see you for a minute or less,
and leave you my ring in your fist.
Your hair will start growing, your face will become mine,
your femur will be breaking in half.
The sensation will be scissors and too much to scream,
so instead, please, love, just start to laugh.

"Shiva", di Tirunesh Sherman
Dalla raccolta di poesie "Hollow Bones".

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Quando aveva ventitré anni, Jake "Sally" Sherman lo portò su una collina da cui si vedeva tutta Hollywood, parcheggiò la macchina, gli disse che se con sua figlia faceva sul serio era "ora di conoscersi", dopodiché procedette a fargli assumere così tante sostanze stupefacenti che, quando tornò a casa due giorni più tardi, Marcus giurò a se stesso che non avrebbe mai più preso roba chimica per tutto il resto della sua vita. Negli anni successivi violò il fioretto più volte, ma l'imprinting avuto con Sally funse sempre da freno inibitore, e - giusto un paio d'anni dopo - dover chiamare il 911 durante una sua overdose lo convinse una volta per tutte a non superare mai più un determinato limite.

Il ricordo gli gira in testa da almeno un quarto d'ora quando si rende conto del perché: la collina, magari Sally è su quella collina. Convince Mare a farlo guidare dopo averle promesso di non riportarla a tradimento in ospedale e, dopo una manciata di svolte sbagliate e inversioni a U, ritrova esattamente lo stesso posto, la collina con vista su Hollywood, e su quella collina la BMW decappottabile blu che Sally ha rubato a Monk. Marc vorrebbe scendere, assicurarsi che stia bene, ma lo fa più lentamente di Mare. Le lascia il compito di precederlo, di guardare attraverso i finestrini e assicurarsi che Sally respiri.

Quando lei apre lo sportello, deve farlo evitando che una bottiglia le rotoli sui piedi, e tossendo fuori l'odore di fumo alchemico che per tanti anni Marc ha associato all'arrivo di Sally. Lui se ne sta sul sedile del guidatore, da solo, con la testa riversa all'indietro e le pupille dilatate come ventose, la camicia aperta su un torace segnato dall'età e dall'incuria. Mare si mette in ginocchio sul sedile del passeggero, si sporge in avanti, stringe una mano attorno alla sua spalla. Lo chiama: Jake. Lo scuote: Jake, concentrati. Lui oscilla il capo verso di lei e la guarda con uno sguardo confuso, che tarda a riconoscerla. Quando finalmente indovina nei lineamenti di lei quelli di sua figlia, sorride e le accarezza una guancia.


- Hai visto che ti ho trovato, baby girl?

- Jake dobbiamo andare, Tish sta male, è in ospedale.
- Il tuo regalo. Mi ero dimenticato, pensavo ce l'avesse quel tuo amico, ma l'aveva vinta quel matto con i cani. 
- Riesci a camminare? Avanti, inizia ad alzare il busto.
- Non me la voleva restituire, ma io te l'ho rubata. 

Il cellulare inizia a squllarle in tasca. Lei non risponde, continua a scuotere Sally, a spingerlo, a cercargli dentro un po' di energia.

- Uno vi dà quello che ha. Io i piedi per terra mai avuti, ma vi ho dato tutti i soldi che avevo, e il bene, e la musica. Poi a un certo punto non basta.

Marc apre lo sportello del guidatore, gentilmente. China il busto e prova a mettere le braccia attorno a Sally, sollevarlo, ma lui lo spinge via a ceffoni confusi, stirando i muscoli delle gambe e tenendosi al volante.

- Papà ti prego, servi a Tish, ti vuole vedere.
- Sai quanto ci misi a scegliertela, la macchina? Feci il giro di tutti i venditori. E non lo chiesi a Little Rob, no: ci andai io, le guardai io, mi feci spiegare quale... quale era la migliore per una come te. Per una che studiava, che sarebbe andata al college e avrebbe... 
- Papà...

Intanto il cellulare smette di squillare, poi rinizia, poi smette di nuovo. E quando riprende, il suono è un altro: è quello di Marc. Lui guarda il mittente con il cuore che gli fa un tuffo: è Jules. Alza gli occhi su Mare ancora prima di rispondere. Non dice niente, ma Mare riesce a guardarlo a stento. Lei continua ad agitare Sally mentre lo sgomento le sale dal petto fino alla punta dei capelli. Le rende gli occhi lucidi, la voce più fragile. Un lamento che trascina addosso a suo padre, che negli ospedali non è arrivato mai in tempo, che non è arrivato in tempo alle recite scolastiche e ai compleanni, che ha fatto tardi alla sua cerimonia di laurea cum laude e che quando Tirunesh ha letto per la prima volta pubblicamente una sua poesia è arrivato strisciando quando le luci si erano già spente e i versi stavano finendo, che era in tour quando tirarono Tish giù dal cielo e non reperibile quando dovettero portare lei d'urgenza a un ospedale di San Diego perché non mangiava da settimane, quando dissero a sua madre che pesava trentacinque chili e quando dovette andare a registrarsi, a umiliarsi; che è sempre stato in ritardo e quando Marc risponde al cellulare, e viene da piangere anche a lui, Mare si rende improvvisamente conto che suo padre non è in ospedale perché aveva già capito tutto, perché ha sentito l'odore di disastro in anticipo su chiunque altro e perché ha reagito come ha sempre reagito ai disastri: distraendosi, confondendosi e anestetizzandosi. Che non c'era alla prima esibizione di Tish perché sapeva che le sue poesie parlavano del suo dolore, che non è andato a votare per lei alle elezioni perché sapeva che avrebbe perso, che ha evitato di vederla quando di lei erano rimaste solo le ossa perché Jake Sherman non sa gestire il dolore senza morirne e che, se all'ospedale per superumani non ci è andato è perché semplicemente, quasi banalmente, non voleva esserci.


Tirunesh Sherman, 2022
- - -


Suddenly every machine stopped at once,
and the monitors beeped the last time.
Hundreds of thousands of hospital beds,
and all of them empty but mine.

Well, I was lying down with my feet in the air,
completely unable to move.
The bed was misshapen, and awkward and tall,
and clearly intended for you.

You checked yourself out when you put me to bed,
and tore that old band off your wrist.
But you came back to see me for a minute or less,
and left me your ring in my fist.
My hair started growing, my face became yours,
my femur was breaking in half.
The sensation was scissors and too much to scream,
so instead, I just started to laugh.

Suddenly every machine stopped at once,
and the monitors beeped the last time.
Hundreds of thousands of hospital beds,
and all of them empty but mine.

sabato 25 marzo 2017

Ashes! Ashes! (3)



Driving in your car 
I never, never want to go home 
Because I havent got one anymore

Take me out tonight 
Because I want to see people 
And I want to see light

- - -

Tua sorella ha avuto una crisi, ora l'hanno stabilizzata. Per favore lascia perdere tuo padre e vieni qui.

- - -

Mare legge il messaggio ma poi si rimette il cellulare in tasca senza rispondere né invertire rotta. Ha insistito per guidare nonostante Marc volesse farlo per lei, e adesso lui se ne sta sul sedile del passeggero con la stessa inquietudine con cui si sta seduti su una graticola ardente.

- Gira a destra.
- Conosco una scorciatoia.

"Il monaco", Monk, ha una villa ai piedi di Beverly Hills, un branco di dobermann a proteggerla, e un'enorme struttura coperta che ospita almeno una cinquantina di macchine di ogni tipo. L'ultima volta che Mare ci è andata doveva avere non più di una quindicina d'anni, e mentre Monk mostrava a suo padre la collezione, lei aveva indugiato a bordo piscina per poter guardare la splendida mrs. Monk, una modella di origini nigeriane, prendere il sole in bikini su un lettino gonfiabile.

Non devono citofonare più di una volta prima che lui apra il cancello. La prius si immette nel vialetto, lo risale fino al portico dove Monk li sta aspettando a piedi nudi, con addosso una vestaglia aperta e un paio di mutande colorate. Ha i pugni sui fianchi e i capelli grigi raccolti in un codino. Il suo cane preferito è al suo fianco, gli altri inseguono la macchina da quando entra dal cancello fin quando non arrivano a destinazione. Monk rimane lì, in piedi, e Marc rialza il finestrino un secondo dopo averlo abbassato, giusto in tempo per evitare che uno dei cani gli morda via un dito. "Porca puttana."

Mare spinge il pugno chiuso contro il clacson finché Marc non si tappa le orecchie, i cani non guaiscono e Monk non si decide a scendere i tre gradini della veranda e raggiungerli. Bussa al finestrino del guidatore, Mare lo tira giù e lo guarda negli occhi.

- Cavalluccia, quanti anni che non ti vedo.
- Un sacco. Stiamo cercando Sally, è qui?
- No tesoro. Ma lo sai che ho letto il tuo libro? 

Marc bussa contro il finestrino e indica il parcheggio.

- Quella è la sua macchina.

Mare si sporge, la guarda, poi torna a guardare Monk.

- Digli di uscire adesso, è urgente.
- Che succede passerotto?
- Un'emergenza familiare.
- Oh, che peccato. - considera, respirandole in faccia odore di alcol e di erba. Si abbassa, allunga lo sguardo verso Marc e sorride - e tu che te ne vai in giro con una che con gli umani non ci vuole avere niente a che fare? Non è che il grande Titus Red nasconde un segretuccio genetico anche lui?

Marc impreca, in uno slancio di impazienza prova a uscire. Un cane gli si attacca alla caviglia e Monk ride di pancia mentre lui fa tutto il possibile per scalciarlo via, imprecando contro quelle "cazzodibestiedelcàzzo"

Qualcuno la definirebbe un'empasse. In tasca il cellulare trilla l'arrivo di un altro messaggio, mentre il tic tac di un conto alla rovescia Mare lo sente solo nella propria testa. Avvolge le mani attorno al volante, poi alza la voce e si preoccupa di essere ben udibile nel dire: "Marc, prendi la pistola che Rachel tiene sotto il cruscotto."

Marc sta rinunciando a un brandello dei suoi jeans quando si volta e la guarda stralunato.

- Eh?
- Eh? - gli fa eco Monk da fuori l'abitacolo.
- Inizio ad ammazzare questi cazzo di cani uno alla volta finché Sally non esce.
- Ma sei matta?
- Dai passamela.
- Stai scherzando.
- Sta scherzando - ripete Monk sorridendo.

Mare lascia il volante, spinge il busto di lato, lancia un braccio verso il cassetto sotto il cruscotto e prova ad aprirlo. Marc le schiaffeggia via il polso cercando di mettersi sulla sua strada mentre uno dei dobermann gli sfila inavvertitamente una scarpa (l'obiettivo forse era masticargli il piede), Monk indietreggia rapidamente e solleva entrambe le mani, urlando "oh, oh, oooooh!"

- Porta-fuori-Sally!
- Porco cazzo non è qui, d'accordo? E' venuto con la sua macchina e mi ha chiesto di vedere la collezione, quello stronzo si è fissato sulla macchina che gli avevo vinto a poker tipo dodici anni fa, mi ha chiesto le chiavi per fare un giro e ha preso e se ne è andato! Non lo so dove sta.
- Che macchina era?
- Una BMW del 2014 decappottabile, blu...
- Non ha detto dove andava?
- Non hai capito? Me l'ha rubata, è già tanto se non ho chiamato la polizia. Ma era fatto come un aquilone, è fortunato se non è finito contro qualche guardrail...

Mare toglie la mano dal cassetto del cruscotto. Sbatte la portiera del passeggero e Marc si rassegna a dire addio alla sua scarpa da duecento dollari. Fa un'inversione a U in cui rischia di investire Monk, dopodiché riparte a velocità troppo alta, ed è solo un miracolo che il cancello sia aperto quanto basta per farli passare piuttosto che schiantare.

- Torniamo in ospedale, pretty punk. Tua madre ha bisogno di te lì, e Jules anche. 
- Ho un altro paio di posti dove cercarlo.
- Dimmi quali e lo cerco io: ti porto in ospedale e io continuo a girare, ma tu stai con Tish.
- No.
- Smettila.
- Non rompermi il cazzo, Marcus. Ho detto di no. Trovo Jake, lo porto in ospedale da Tish. Se sapesse, vorrebbe esserci. E lei lo vorrebbe lì.  

Marc geme contrariato, ma non dice più niente. Apre il cassetto sotto il cruscotto e vede il profilo lucido e compatto di una minuscola semiautomatica da autodifesa. Vorrebbe accarezzarle una mano, ma non lo fa. Continua a occhieggiarle il profilo mentre lei guarda la strada. Sembra una metafora perfetta. 

- - -



Take me out tonight
Where there's music and there's people
Who are young and alive
Driving in your car
I never never want to go home
Because I haven't got one anymore

Take me out tonight
Because I want to see people
And I want to see life
Driving in your car
Oh please don't drop me home
Because it's not my home, it's their home
And I'm welcome no more

And if a double-decker bus
Crashes in to us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well the pleasure, the privilege is mine

Take me out tonight
Take me anywhere, I don't care
I don't care, I don't care
And in the darkened underpass
I thought Oh God, my chance has come at last
But then a strange fear gripped me
And I just couldn't ask

Oh, there is a light and it never goes out
There is a light and it never goes out

venerdì 24 marzo 2017

Ashes! Ashes! (2)

Los Angeles

Riescono ad arrivare quando non ha ancora fatto alba, fuori ci sono dodici gradi ma nella struttura ospedaliera se ne sentono almeno ventidue (Marcus prometterebbe che ce ne siano almeno trenta). Possono vedere Tish da dietro un vetro, ma quando Marc le prende la mano per portarla dentro,lei tentenna. Lo guarda con occhi enormi e confusi, e aspetta che sia invece sua madre a uscire fuori. Jules invece rimane a dormire sulla poltrona, tenendole un solo dito sotto il palmo inerte.

- Pensano che sia caduta proprio a causa di una frattura della caviglia, ma il colpo ha fatto il resto... mi sono scritta tutto, sto chiamando medici esterni perché non mi fido, e...
- La seguono qui da quando aveva vent'anni.
- Ciò non significa che...
- Ma che ti hanno detto?
- Che è come se si fosse schiantata contro un muro all'interno di una macchina lanciata in velocità. Ha un polmone perforato dalle costole... ti rendi conto? Per una stupida caduta...
- Dov'è Jake?
- Non lo so, Mirabe.
- Non hai chiamato papà?
- L'ho chiamato, non risponde.
- Bea che dice? Hai chiamato Bea?
- E' sempre la solita storia... non c'è mai, quando serve. Non c'è mai.
- Mamma, hai chiamato la compagna o no?
- No.

Mare si trascina le dita tra i capelli con uno sconcerto incredulo che Marc raccoglie bene poggiandole una mano al centro della schiena e conducendola via. Prendono ognuno il proprio cellulare all'unisono, ma è Mare la prima a chiamare. Deve far squillare il telefono almeno per cinque minuti prima che Bea risponda, in sottofondo il pianto di un bambino molto piccolo.

- Bea, sono Mirabe. Sally è lì?
- Eh?
- Mi puoi passare mio padre, per favore?
- Mirabe?
- Sì, sono io.
- Oh, scusa, no... no, Sally non è ancora tornato, scusa.
- Sai dove andava?
- All'Hendrix Club, ma ormai sarà già chiuso...
- Sai con chi stava?
- I suoi amici...
- Ne ha molti.
- Ma va tutto bene?
- No. Quali amici te lo ricordi?
- No... ma è passato a prenderlo quello col garage enorme... come si chiama.
- Quello con tutte le macchine, intendi?
- Sì, lui.

Le riattacca in faccia involontariamente: di dirle ciao se ne è dimenticata. Quando alza lo sguardo, Tish oltre il vetro è attaccata a un respiratore. Marc le sfiora una spalla.

- Sta con il monaco? Vado a prenderlo io.
- Vengo pure io.
- Tu resta qui con Tish e con tua madre... e con Jules, okay?
- No. - Mare scuote il capo con energia, mentre si sente sotto le piante dei piedi il prurito del tempo che stringe, un'ansia istintuale prima di tutto - lo porto qui, dovrebbe stare qui. Vengo con te.

Marc vorrebbe farle cambiare idea, ma mentre cerca le parole lei si è già fatta dare le chiavi della macchina di Rachel e sta ripetendo a bassa voce quanto le ha detto lei: settore giallo, zona E, la Prius gialla che si è regalata come premio di consolazione dopo essersi fatta soffiare l'Oscar.



giovedì 23 marzo 2017

Ashes! Ashes! (1)


Torna a casa tardi, col bisogno di togliersi di dosso l'odore dell'insuccesso. Non sveglia Marc che sta dormendo sul divano insieme a Martie, e si dimentica anche di mettere sotto carica il cellulare spento.

Quando esce dalla doccia, Marc si è svegliato e tiene in mano il proprio iPhone.

- Dov'eri?
- Con degli amici. Che succede?
- Tish.

Lui ha ancora gli occhi impastati dal sonno, le parole gli incespicano in bocca anche prima di superare i denti.

- E' caduta... lungo delle scale, è caduta.

Mare sbatte le palpebre. Ciò che per chiunque altro liquiderebbe con uno schiocco di dita, assume proporzioni catastrofiche quando si parla di ossa tanto fragili.

- E'...? 
- In ospedale. Mi ha chiamato Jules, tua madre è già lì.
- Sally?
- Lo stanno cercando.

Si trascina una mano tra i ricci bagnati. Marc fa lo stesso, pettinandoglieli indietro.

- Fai una valigia, ok? 
- Ok...
- Io raccolgo un paio di favori e chiamo un Uber.
- Ok...
- Ci sei?

Mare alza gli occhi stralunati sul viso di lui.

- Non lo so.
- Devi esserci. 
- Ok.
- Andrà tutto bene. Torniamo a casa per un paio di giorni, giusto per vedere che sta bene. Ok?
- Ok.
- Ora fai la valigia.

Mare annuisce. Fa un passo indietro, poi si ricorda di qualcosa. Ne fa uno speculare in avanti, bacia Marc mentre le tremano i polsi di paura, poi lo lascia. Nella valigia si scorda di metterci tutte le cose fondamentali, ma ci infila dentro la propria copia di Hollow Bones.


* * *

Ring-a-round the rosie,
A pocket full of posies,
Ashes! Ashes!
We all fall down.



martedì 21 marzo 2017

Ten Decisions


Margaret Bauman è la prima sconosciuta che non inizia una conversazione sul suo libro esordendo con "mi dispiace molto per sua sorella". Pensa a questo mentre esce dal Macy's Center, la grande libreria al suo interno che ha rifiutato di prestare i suoi spazi a una presentazione di Hyperboreans appena svuotatasi dopo la presentazione dell'ennesimo libro moderato su come umani e superumani risolveranno tutti i loro problemi imparando a convivere. E' quello che dicono tutti - quello che dice il governo, la YGS, quello che dicono i media e tutti coloro che hanno una voce e un megafono abbastanza potente da farla sentire -. Dicono questo, ma non offrono progetti. Non offrono nulla che non sia la pacifica, implicita accettazione che per convivere siano i superumani a dover fare ogni singolo sacrificio. Il sottotesto, pensa Mare Sherman, è che siamo fortunati che ci consentano di vivere.

Mentre cerca la sua macchina in un enorme parcheggio sotterraneo pensa a Zygmunt Bauman e alla sua modernità liquida, chiedendosi cosa avrebbe pensato degli Stati Uniti del 2025, della frammentarietà della comunità mutante, di tutti i suoi suoni cacofonici e discordanti, delle stonature tra fratelli e sorelle che la tengono sveglia la notte. Chi rappresenta i superumani in modo riconoscibile? Il problema posto da Margaret le rimbomba nella testa con una tale energia che la mente la inganna, le fa sentire rumori che non ci sono, passi che cerca con gli occhi e non trova. Il cuore le batte nel petto come un tamburo, ma quello che ha attorno è solo un parcheggio sotterraneo. Deve rilassarsi: è solo un parcheggio sotterraneo, e nessuno vuole farle del male.

Nel mondo che voglio io, tu sei salvo. Si è lasciata alle spalle la rabbia, ma l'ostinazione con cui prova a convincere Benedict le fora ancora il cervello da parte a parte, e lei non può farci niente. Non può non pensare che lui ed Emma siano due liberali moderati assolutamente perfetti l'uno per l'altro, e allo stesso tempo non può fare a meno di credere che da qualche parte, nascosto dietro la vecchiaia che gli sembra essere scesa addosso negli ultimi mesi, Benedict Birkenhead sia ancora il rivoluzionario anarchico che le aveva fatto credere di essere una vita prima. Di avere, dentro di sé, la forza di un uomo disposto a vivere con l'incubo di un mondo che viene demolito con null'altro che la promessa che su quelle macerie verrà costruito qualcosa di migliore. Nel mondo che voglio io, lo sei anche tu. Mentre entra in macchina e accende il motore, una consapevolezza improvvisa la fa ridere: stanno morendo entrambi, stanno morendo più rapidamente di tutti gli altri, ed è altamente improbabile che nessuno dei due veda il mondo che vogliono. O che si salvino, per quello che vale.

Jody gliel'ha detto: che vede nelle persone quello che potrebbero essere piuttosto che ciò che sono veramente. Vive e ama in potenza: quando apre gli occhi su Jody, tutto ciò che è a lungo riuscita a vedere è la sua forza di volontà ferrea, il suo senso di lealtà, il coraggio e la sua natura. Ha visto la madre affezionata e la telecineta che potrebbe rendere la Casa Bianca un cumulo di macerie il giorno della rivoluzione. Ha scelto di ignorare il dolore lancinante del sentirsi tradita, del sentirsi messa sotto scacco dalle circostanze, dalle minacce di Raul Vazquez, dalla decisione di non esporsi tanto da far intervenire la Fenice a sua protezione. E se anche quella pazienza a cui è costretta si sta sciogliendo come cerca sotto il fuoco, quando snocciola la lista di abusi subiti il suo è l'unico nome che non riesce a pronunciare.

Si ritrova sulla porta di casa senza neanche ricordarsi come ci è arrivata. Gira le chiavi e scivola all'interno, sentendosi all'improvviso esausta. Marc è seduto sul bordo del divano e guarda un notiziario, e lei gli sorride senza guardare nemmeno lo schermo.

- Ma hai sentito? Un palazzo intero nella Old City... crollato dal nulla, e la polizia...
- Spegni la tv, dai.
- Com'è stata la presentazione?
- Come tutte le altre.

Si toglie di dosso la giacca e le scarpe, poggia una carezza tra le orecchie di Martie e si lascia cadere accanto a Marcus, sotto il suo  braccio. Lui le passa distrattamente una mano tra i capelli tenendo gli occhi sul televisore, lei gli disegna una traccia di baci tiepidi sul collo.

- Sono morte delle persone.
- Andiamo da qualche parte domani?
- Domani registro con i ragazzi.
- Pensavo stessi ancora lavorando ai testi.
- Lo sto facendo.
- Ti serve aiuto?

Marcus soffia tra le labbra una risata netta, schietta e avvelenata.

- Stai scherzando.
- No, ma non fa niente. Almeno puoi suonarmi il pezzo a cui stavamo lavorando insieme a New York, mesi fa? I'll try anything once?
- Alla fine lo abbiamo scartato. Era troppo lento, l'abbiamo ribaltato. Ora si chiama You only live once.
- Me lo fai sentire?
- Quale?
- Il primo. Il nostro. Finiamolo.
- Non lo registreremo.
- Non importa. 

Marc le getta addosso un'occhiata piena di diffidenza. Lei può sentirne i muscoli irrigidirsi. Sospira e si tira indietro, lasciandogli una carezza su un braccio.

- E' l'unica canzone...

Sospira. Prosegue a fatica, mentre Marc la guarda con la coda dell'occhio, come un animale ferito.

- E' l'unica canzone che non parla di qualcosa di sbagliato che abbiamo fatto. Esplicitamente, o implicitamente. Non parla di tradimenti, di rabbia, di delusione, di desolazione o di come ci siamo fatti male. E' l'unica canzone che dice soltanto: avevamo molte scelte, e ne abbiamo fatte alcune. Abbiamo fatto quello che hanno fatto tutti gli altri, e non siamo speciali per questo. 

Marc ride piano e scuote il capo. Spinge i gomiti sulle ginocchia e affonda il volto tra le mani. Vi strofina sopra i palmi come se volesse fargli prendere fuoco.

- Per me - geme dopo un po' - per me è un pezzo su come tutti quanti moriremo. E su come tu sei... - si interrompe - eri - riprende - l'unico sollievo che riuscivo a trovare. L'idea che un giorno avremmo trovato una strada per rincontrarci. E stare insieme.

Ruota il capo verso di lei, sporto in avanti. Sorride di amarezza. Rimangono a guardarsi in un silenzio di cocci e vetri finché uno non si stanca e va al letto per primo, chiedendosi quanto tempo ci metterà l'altro a raggiungerlo.



Ten decisions shape your life,
You'll be aware of 5 about
7 ways to go through school,
Either you're noticed or left out
7 ways to get ahead,
7 reasons to drop out
When I said, "I can see me in your eyes",
You said, "I can see you in my path"
That's not just friendship that's romance too,
You like music we can dance to

Sit me down,
Shut me up,
I'll calm down,
And i'll get along with you

There is a time when we all fail,
Some people take it pretty well
Some take it all out on themselves,
Some they just take it out on friends
Oh everybody plays the game,
And if you don't you're called insane

Don't don't don't don't - it's not safe no more,
I've got to see you one more time
Son you were born,
In 1984

Sit me down,
Shut me up,
I'll calm down,
And i'll get along with you,

Everybody was well dressed,
And everybody was a mess
6 things without fail you must do,
So that your woman loves just you
Oh all the girls played mental games,
And all the guys were dressed the same

Why not try it all,
If you only remember it once?
Oooh, ooooooh

Sit me down,
Shut me up,
I'll calm down,
And I'll get along with you

martedì 7 marzo 2017

California Bride


Suo padre è il più facile.

- Hai letto il mio libro?
- Certo che sì, è sul mio comodino. Se sempre così brava. Questa settimana lo finisco. Di che parla?
- Non l'avevi già iniziato?
- Certo, certo, intendo come finisce. Vado a pensare in spiaggia dieci minuti, se tua madre mi cerca dimmi che non mi hai visto.
- Mia madre...?
- Bea, intendo Bea. Ci vediamo dopo, baby girl.

E se ne va.

- - -

La discussione con sua madre avviene il giorno prima. Va lei a prenderla in macchina all'aeroporto. E' dietro il volante in un'utilitaria senza autista: già questo dovrebbe farle squillare qualche allarme dietro la nuca, e lo fa. Carica la propria valigia in macchina, ignorando i paparazzi che seguono Rachel Carson ovunque. Non le chiede nemmeno se è stato un buon viaggio. Rimangono in macchina in silenzio, finché non è lei a decidere che è ora di parlare.

- E' la tragedia di ogni genitore adottivo. Dai un figlio ogni cosa, ma non è mai abbastanza. Ogni volta che qualcosa andrà male, nella sua testa starai competendo contro l'immagine idealizzata dei suoi genitori naturali. E non importa quanto fossero terribili, inadatti, infelici: vinceranno sempre loro.

Mare rimane in silenzio, si guarda le ginocchia.

- Certo, la maggior parte delle persone non deve poi vedere il proprio dolore romanzato, e il suo personaggio incattivito perché possa essere un buon villain in un libro.
- Non è quello che ho scritto.
- Non lo è? Tutto ciò di cui i giornali hanno parlato negli ultimi due giorni è di quanto Sally Sherman e Rachel Carson siano stati genitori inadeguati.
- Non sono giornali, sono tabloid.
- E se posso capirlo per tuo padre, io ho fatto tutto ciò che ho potuto, Mirabe. Sono stata lontana dall'essere perfetta, ma vi ho dato una casa, vi ho pagato un'istruzione eccellente, vi ho permesso di esplorare ogni cosa che voleste fare, comprese quelle che non capivo. A nessuno è concessa una vita perfetta, Mirabe. Ma se una vita perfetta esiste, la tua ci si è sicuramente avvicinata.

Mare non risponde. Punta un gomito contro il finestrino e si sfiora la fronte con le dita. Guarda la strada scorrere per un lasso di tempo che sembra infinito.

- Hai fatto tutto quello che hai potuto. Non ho più l'età per avercela con te per non essere una persona diversa da chi sei, mamma. 
- Ce l'hai con me perché sono un'umana.

La voce di Rachel trema di rabbia.

- Perché pensi che io non possa capirti. Non ho bisogno di leggerlo in un libro per sapere chi sei. Anche se vuoi creare una Nazione tua pur di tenermi lontana... sei mia figlia.

Mare le guarda il profilo. Sono anni che non la vede con gli occhi genuinamente lucidi.

- Sei mia figlia. 

- - -

Forse chiede ad Emma di venire con lei in spiaggia perché non vuole saperla sola, forse perché vuole mostrarle chi è veramente (una persona con un paio d'ali). Forse vuole dimostrare a se stessa che può fidarsi di un'umana al punto di usare i propri poteri di fronte a lei senza temere di essere denunciata all'SCF. Tish, più tardi, le dirà che Emma le piace, mentre Little Rob, l'agente di suo padre che la conosce fin da bambina, le dirà che non si è perso l'acume di presentarsi al matrimonio con una donna (abbastanza da stuzzicare l'interesse voyeur dei media) ma umana (abbastanza da rassicurare sul fatto che non sia fatta della pasta dei genocidi, e che gli umani non hanno motivo di temerla).

Pensa a Routh tutta la sera. Ha messo anche il suo nome sul biglietto del regalo di nozze che ha scelto praticamente da sola. Lei non ha potuto fare a meno di chiedersi se non abbia deciso di andare in California con loro perché avesse percepito che qualcosa sarebbe andato male, che la loro amicizia aveva una data di scadenza. Non riesce a togliersi dalla retina l'immagine impressa delle sue spalle mentre esce da Mutiny un'ultima volta, e non può bere per sfumarne i colori.

- - -

Ma quella mattina, quando è pronta ad andare a dormire esausta dal volo con Tish stretta contro il petto, le minacce di Victor tornano a tormentarla. Più ancora che la paura di essere scoperta, più ancora che l'istinto di sopravvivenza, è la sensazione di isolamento a tenerla sulle braci. A farle male. Mutiny non ha più l'aspetto che aveva una volta, e per tutti quelli che sono arrivati altrettanti se ne stanno andando. Ross seguirà Routh, ne è quasi sicura. Nicholas è ormai lontano da più tempo di quanto riesce a ricordare, dalla questione del Quartiere Mutante, e forse questa goccia sarà quella che farà traboccare il vaso della sua tolleranza. In California non è più la benvenuta, ha perso Marc per colpa propria, e ora anche il cuore delle operazioni della Fenice è diventato un posto poco sicuro. Inara l'ha pregata di non andarsene, le ha garantito che non avrebbe risolto nessun problema così. Che con il tempo. Mentre Victor accusava Zelda Cassidy di essere sfuggente e indegna di fiducia, Mare Sherman si rendeva conto di non conoscerlo, di non conoscere veramente nessuno tra quelle quattro mura. Di non avere nessuno, e di non poterlo avere senza correre rischi a cui non è disposta a cedere.

- - -

Allora va da Marc. Emma è andata a dormire e così Jules e Tish, piena di lividi ma felice. Affonda le dita nella sabbia e gli dice: "parliamo". Lui, con la cravatta allentata e la giacca tutta sgualcita, si trascina i palmi sul viso e dice "sono stanco di parlare"

"Ok", lei accetta docilmente. "Allora non dire niente. Torna sulla East Coast con me. Vivi nella mia casa, dormi nel mio letto, porta a spasso il mio cane quando io non posso." Marc soffia tra i denti un sorriso frastornato. All'orizzonte albeggia.

- Pensavo fossi lo stronzo per cui non ci sarà posto nel tuo fazzoletto di terra di merda per soli mutanti.
- Non ci sarà. E' per questo che dovremmo stare un po' insieme, intanto che possiamo.
- Come faccio a sapere che non cambierai idea da qui alla Pennsylvania?
- Te lo prometto. Stai incidendo un album a New York, tutto s'incastra.
- E perché pensi che io sia disposto a darti un'altra chance? Dopo tutto questo.
- Perché io ne ho date tante altre a te.

Il giorno prima, in un'intervista, il giornalista di Rolling Stone gli ha chiesto ironicamente come ci si sentisse a traumatizzare così tanto le proprie fidanzate da spingerle a teorizzare la creazione di una Nazione che sia a lui virtualmente irraggiungibile e poi, più seriamente, con un ammiccamento complice, gli ha chiesto come fosse stare come una mutante. Tra le lenzuola. Lui ha riso ed è stato al gioco, ha raccontato un aneddoto piccante senza fare nomi, e si è reso conto che avrebbe dovuto sentirsi in colpa solo diverse ore più tardi. Gli ha ricordato di non essere mai stato perfetto, e allo stesso tempo con quale odiosa ossessione quella donna gli è rimasta nella vita.

- Allora, vieni? Ti ho già comprato il biglietto.

Lui le passa un braccio dietro la schiena e sospira, continuando a guardare il cielo senza risponderle.