mercoledì 31 agosto 2016

Be Fine


- Sei sicura di stare bene?

La voce di Tish non è mai troppo allarmata, ma vibra di qualcosa di più intimo.

- E' stata solo una notte, Tiru. E ho dormito benissimo. Come quando da ragazzine scappavamo col buio per andare a volare, te lo ricordi? 

Si trova in piedi di fronte a un loft enorme, con soffitti altissimi e pareti vetrate. Un loft vuoto, ripulito di ogni cosa che l'ha occupato, ogni traccia del suo passaggio.

- Sei sicura di stare bene per tutto il resto?

Mare non risponde. Tish sa tutto, o quasi tutto. Non sa della malattia. Non sa che ha passato il pomeriggio sotto terra, in un angolo di mondo claustrofobico e minato - letteralmente minato - che però l'ha accolta. Non sa di Inara Roads (un po' più magra, un po' più alta, un po' più giovane, un po' più chiara di pelle). Un po' più coraggiosa. Un po' più solida, un po' più potenzialmente longeva. Un po' più autentica. Un po' più onesta.

- Ricordi di quando nostra madre ci permetteva di dormire assieme a lei? Ci chiudeva nelle sue ali e ci raccontava storie che aveva imparato dai suoi genitori.
- Sì, lo ricordo. Non pensavo lo ricordassi tu, Miramar
- Non ho mai più provato un senso di sicurezza così. La sensazione di essere protetta. Di poter essere protetta. Quel tipo di amore incondizionato. Darei ogni cosa per averlo di nuovo.
- Non stai bene, perché non torni un po' a Los Angeles? E' una vita che non passiamo più del tempo insieme.

Mare solleva il manico del suo trolley - l'ultimo bagaglio. L'ultimo carico di quella vita fatta di cose sporche e brillanti. Se potesse strapparsi dal petto la sedicenne insicura che permise a una serie di circostanze sfortunate di obnubilarle il giudizio e chiuderle il cuore, lo farebbe in quell'esatto momento. La lascerebbe lì, sul pavimento, dopo averle baciato la fronte e averle detto basta così.

 - Sto bene, Tiru. Te lo prometto. Ora prendi carta e penna, per favore.

Si volta e si trascina dietro il trolley. Una ruota traballa e rende spostare la valigia un'operazione più complicata. Mare dà uno strattone. Imbocca la porta.

- E segnati il mio nuovo indirizzo. 

martedì 30 agosto 2016

Just No



Quando la mia baby sitter mi impose di mangiare tutto ciò che c'era nel piatto, quando mamma e Sally mi dissero che sarebbe stato meglio tenere nascoste le mie ali, quando mi dissero di mostrare un po' più di "spalla" per il photoshoot, quando il mio agente disse che per il ruolo serviva qualcuno di "disposto a tutto", quando Reitman e il suo attore preferito mi proposero un modo per sciogliermi ed entrare in contatto con la mia sessualità, quando Marc mi chiese di chiamarlo alle cinque del mattino tutti i giorni, per una settimana, per aiutarlo a svegliarsi e assumere "nuovi schemi di vita", quando mamma suggerì per la prima volta una piccola dieta, quando registrarsi diventò legge e mi dissero che non c'erano altre opzioni, quando Donna volle che trovassi un fidanzato ufficiale di facciata, quando Birkenhead mi propose di svolgere un tirocinio presso il suo programma, quando mi invitò a ballare, quando quell'amico di Sally mi invitò ad andare a trovarlo sul suo yacht, quando mi dissero che la passerella sarebbe stata mia se solo avessi perso un'altra mezza taglia, quando Jules mi chiese se la mia vita mi piaceva, quando Jules mi chiese se ero felice.

Sul sedile posteriore di una Black Car dell'SCF, Mare guarda fuori dal finestrino e pensa che avrebbe dovuto rispondere no, ogni singola volta. A tutto ciò che la restringeva invece che allargarla.

Ma lo ha fatto stasera. Con l'ostinazione degli idealisti della peggiore risma e l'incoscienza di chi non ha niente da perdere, con la calma di Lin, il coraggio pulito di Routh, il desiderio di rivalsa di Calliope, la mano di Nicholas a stringere la sua più forte quando gli ha detto che, se voleva, poteva andare... è rimasta ferma. Ha pensato a tutto ciò che avrebbe fatto con una vita intera piuttosto che con il tempo monco che le rimane, e a quanto dovrà fare nell'ansiosa frenesia di lasciare un segno che le sopravviva - al tempo che ha perso, alle cose inutili per cui si è preoccupata, alle persone su cui ha investito troppo e che le hanno restituito troppo poco. A quanto sarebbe felice, vergognosamente felice, se potesse spalancare le ali e lanciarsi contro il sole come Icaro, correre in volo e guardare il mondo dall'alto - cinque, dieci anni, se potesse vivere in quel modo sarebbero abbastanza -.

E così, quando un guardiano le ha detto spostati, ha risposto.

Ho risposto.

No. 


But I was late for this, late for that, late for the love of my life
And when I die alone, when I die alone, when I die I'll be on time
[...]
I won't be late for this, late for that, late for the love of my life
And when I die alone, when I die alone, when I die I'll be on time

lunedì 29 agosto 2016

Silly Me



E' una scelta senza ritorno. E alla lunga, comporterà l'abbandonare tutto quel che hai: famiglia, amici, amori. Non c'è spazio per altro, se non per la guerra. 
Non mi interessa. [...] Farò ciò che è necessario

- - - 

Non posso fare meglio di così, adesso. Non posso davvero. 
Che sciocca. Sei veramente l'uomo che dicono che tu sia. 

- - -



domenica 28 agosto 2016

All Right


"Non saresti dovuta passare qui."
"Ho i documenti dell'annullamento da farti firmare e non mi rispondi al telefono."

Amy non trova nulla da obiettare. La lascia passare e le fa poggiare la borsa sul tavolo della cucina. Mare apre la borsa e cerca con pochi movimenti efficienti la cartellina e la penna di cui ha bisogno. Prende la prima, la apre, stappa la seconda. Non sorride mai e non si toglie gli occhiali da sole.

"Una firma qui e altre due dietro."
"Tutto qui? Non dobbiamo andare di fronte a un giudice?"
"Non se siamo d'accordo."
"E lo siamo?"
"E' ciò che vuoi, no? Me lo farò andare bene."

Amy sfiora il foglio con la punta della penna, ma ancora non firma.

"E' assurdo che sia tu a fare l'offesa, in questa situazione."
"Non sto facendo l'offesa, Amanda. Firma i fogli, per favore."
"Eravamo ubriache. Come mai potresti pensare che io possa sposarmi in condizioni simili? Ti avevo detto di quanto sia importante la mia famiglia, per me... di mia madre che mi dice sempre che indosserò il vestito che indossò lei quando si sposò, e di come mio zio promise a mio padre che mi avrebbe accompagnato lui all'altare, quando sarebbe morto... ti ho raccontato tutto pochi giorni fa."
"Come hai detto più volte, eravamo ubriache."
"E il giorno dopo... tutta quella gente, come potevi non sapere che ci fossero dei paparazzi?"
"Non c'erano paparazzi, solo qualche intruso con uno smartphone."
"Mia madre l'ha saputo dalla sua parrucchiera, le è quasi preso un colpo."
"Mi dispiace. Mi dispiace di tutto, ma non è una cosa su cui ho controllo, Amy. Pensavo te ne rendessi conto."
"Avresti potuto essere più attenta."

Mare si trascina una mano sul volto, e le parole successive le escono quasi come un gemito: "ho capito. Non ho fatto che scusarmi. Ora puoi firmare?"

Amy prende un respiro profondo. Quando torna a parlare, lo fa più mitemente. "Mare, ci conosciamo a stento. Non voglio che tu pensi che ciò che abbiamo avuto fino ad ora sia stato senza valore, o insincero... ma è troppo. Lo so che non è colpa tua, ma è comunque troppo."

Mare non risponde. Amy firma i documenti.

"Magari tra qualche mese ti chiamerò. Per sapere come stai."

Mare sfiata dalle labbra un sorriso frustrato e infelice, pieno di sarcasmo, e intanto ripone i documenti nella cartellina, la cartellina nella ventiquattrore.

"Puoi anche non farlo: starò bene. Sto sempre bene."

E' l'ultima cosa che le dice.

sabato 27 agosto 2016

Something More

Sabato sera Sally insiste perché sua figlia e il suo protetto rimangano a festeggiare la nascita del suo primo figlio maschio (riconosciuto, pensa Mare). Lei evita il neonato il più possibile, con la scusa di non disturbare lui e la madre, e si va invece a fare il bagno nella profonda piscina che suo padre ha fatto scavare nel giardino terrazzato. Galleggia sulla schiena e osserva il cielo, poi prende un respiro profondo e si lascia affondare nell'acqua. Inizia a contare.

A sessantacinque secondi, Marcus la prende e la riporta in superficie. "Non starai mica provando ad affogare per dispetto, honey bunch?", le chiede con un sospiro, togliendole i ricci zuppi dalla fronte, "e neanche ventiquattro ore dopo il tuo bel matrimonio, è una morte un po' troppo rock n' roll per qualcuno che sta provando a diventare una persona seria e rispettabile?"

Mare si passa i palmi sugli occhi pieni di cloro e si agita scontenta. "Dov'è finita tua moglie, mh?", infierisce lui, scuotendo il capo. "Ha bisogno di qualche giorno, aggiusteremo tutto", fa lei.
"E' già rotto?"
"Lo stai adorando, non è così?"
"Non adoro mai vederti tutta triste, you funny valentine, ma non posso dirti di non essere almeno un po' felice quando i tuoi tentativi di calpestare il mio povero cuore ti portano un po' sfortuna."

Rimangono a galleggiare per un po'. Senza neanche permetterle di accorgersene, Marcus la indirizza lentamente verso il bordo piscina, dove può tenerla meglio sotto controllo. La vede vibrare di fastidio solo quando si rende conto di non essere più dove l'acqua è più alta. "Sei un egocentrico e un prepotente. Perché continui a girarmi intorno? Perché sei qui? Perché sei a casa di mio padre? Non sei già famoso abbastanza senza tutta questa pubblicità?"
"You lil' scamp, pensi davvero questo? Che sono io che ti sto intorno? Sono dieci anni che ci pigliamo e ci lasciamo, non pensi di aver avuto nessuna parte in questo?"
"Sono anni che non stiamo più insieme. Che ti dico di lasciarmi in pace."
"Sono anni che mi chiami alle due di notte e mi dici di correre da te. Ogni volta che ti viene un prurito. Io ho fatto tutto quello che volevi. Mi sono messo delle parrucche improbabili perché non mi riconoscessero quando entravo nel tuo palazzo mentre eri in campagna elettorale.”
"L'unica cosa improbabile sono i tuoi capelli veri..."
"... Ho detto in tv di andare a votare per te. Non mi sono mai lamentato..."
"Sei andato al letto con mezza Los Angeles."
"Non mi hai mai chiesto di aspettarti. Neanche quando volevo farlo: mi hai detto vai, togliti di torno. Ti ho chiesto di sposarmi tre volte e hai detto sempre di no."
"Eri ubriaco tutte e tre le volte. Sei andato al letto con Ivy Rose mentre stavamo insieme e ti sei fatto fotografare per tutta Hollywood."

Marcus sorride tristemente e scivola verso il basso fino ad avere il mento nell'acqua. Ma, conoscendo la sua propensione alla fuga, la intrappola anche tra le proprie braccia, agganciando le mani al bordo della piscina, oltre i fianchi di lei.

"Ho fatto una cazzata. Ti ho chiesto scusa mille volte. Ma Mirabe, ci conosciamo da dieci anni e non mi hai mai detto che mi ami. A un certo punto anche una persona con 'un ego smisurato come il mio' delle domande se le fa. E le ho fatte anche a te. Ma non mi hai mai risposto. E io continuo ancora a fartele: mi hai amato, almeno un po'?"

La domanda le sembra semplicemente assurda, ma non sa dire il perché. "Certo che sì. Te lo dicevo sempre."
Marcus scuote il capo. Lo spostamento del naso sul ciglio dell'acqua propaga onde basse che si infrangono sulla pelle di lei. "No, non me l'hai detto mai. Neanche una volta da quando ti conosco. Non l'hai detto neanche adesso." sospira. "L'hai mai detto alle tue fidanzatine o ai tuoi hot daddies? O a tua moglie che conosci da poco più di un mese, per quello che vale? E da quando vuoi sposarti, comunque? Non volevi aspettare fino ai quar--"
"Fino ai quarant'anni? No: è una cosa che ho detto a te perché mi lasciassi in pace e smettessi di coprirti di ridicolo."

Marcus soffia dalle narici, ma sott'acqua: sulla superficie arriva solo un borbottio di bolle. 

"Perché non te ne sei andato, allora?"
"Te l'ho detto, chocobun: perché ti amo. E perché so per certo che ti piacevo anche quando non ero ricco e famoso, ma solo un post adolescente senza un quattrino alla ricerca di gloria. E mi fido di te perché sei troppo bella e ricca per voler qualcosa da me, e tu puoi fidarti di me per lo stesso motivo. Guardami: ti sei sposata e sono ancora qui. Di quanti ex innamorati puoi dirlo, ah?"
"Pensi che ci lasceremo."
"E' partita senza di te..."
"Abbiamo trent'anni, la risolveremo... faremo dei piani, abbiamo l'età giusta per una famiglia, per una vita che sia..."
"Mi dispiace lovely dove, ma penso vi siate già lasciate."

Lo dice pieno di delicatezza, ma non si preoccupa neanche per un attimo di provare a sembrare dispiaciuto. Invece gli fa scivolare il naso sulla pancia e poi va sott'acqua. Le bacia l'ombelico, l'orlo del bikini mentre le poggia le mani sui fianchi. Lei lo scalcia via piena di fastidio e si tira in su, a sedere sul bordo piscina. Lui riemerge e sospira, nuotando pigramente all'indietro. 

"C'è un mondo intero là fuori che ti riterrebbe la persona più fortunata della terra, pretty punk, lo sai? Che hai che non ti va mai bene niente? Che devi essere il pesce più grosso dello stagno, cambiare il mondo, e ora una famigliola allegra? E i cuccioli con o senza ali? Se fossi Tish lo capirei, ma a te che ha mai fatto il mondo per renderti così scontenta?"
"Non ho tempo da perdere."
"Siamo in mezzo al nulla e l'alternativa è andare a contemplare un ragazzino che somiglia al mio alluce e che ti chiamerà sister per il resto dei tuoi giorni, ammesso che Sally non lo molli come fa di solito, quindi direi che non ci corre dietro un cazzo di nessuno. Che hai? Che vuoi? Cosa diavolo vuoi, Mirabe Sherman?"

Non ha bisogno di alzare la voce per suonare finalmente ostile.

"Non te", sbotta seccamente lei mentre si alza in piedi. Cerca un asciugamano mentre il cuore le batte direttamente in gola. "Non una vita passata a fare il pagliaccio per intrattenere il pubblico, ad accumulare cose inutili, statuette inutili, persone inutili, per poi morire ed essere ricordata se tutto va bene come la migliore clown tra tutti i clown. Non questo. Voglio qualcosa di meglio e lo voglio presto, okay?"

Marcus scuote il capo, deluso, e scompare sotto il filo dell'acqua, mentre lei continua a urlarglielo dietro: voglio qualcosa di meglio, Marcus, mi hai capito? Voglio qualcosa di più.


venerdì 26 agosto 2016

Losing Control

Lunedì sono organizzate. Guardano mappe e ripassano il piano, riaggiustandolo in modo da ridurre il tempo in Nevada e aumentare quello in California. In taxi Mare pensa alla sua ultima conversazione con Benedict, alla precisione dei suoi ricordi solo fino a un certo punto, alla sicurezza con cui ha saputo nominare il colore del suo vestito e il brand che glielo regalò per entrare nelle grazie di sua madre. Lei gli ha sorriso e ha ironizzato sugli istinti predatori della gente ricca e famosa come se fosse un argomento da salotto che non le ha mai torto lo stomaco e fatta vomitare – vomitare, a un certo punto non aveva neanche più bisogno del manico di uno spazzolino per costringersi a farlo – per anni alla ricerca dell'approvazione di cui sentiva disperatamente il bisogno. Nel pensarci finge di leggere qualcosa al cellulare, Amy glielo prende dalle mani e le fa promettere che lo terrà spento per tutta la vacanza, se la ama, dice proprio così: se mi ami, poi si imbarazza come se avesse preso una storta in mezzo a una piazza (è la prima volta che ne parlano in quei termini e decisamente troppo presto), e Mare ci ripensa quando ai controlli in aeroporto la riconoscono e le controllano il bagaglio a mano tre volte (non c'è da fidarsi di questi muties estremisti, dicono tra di loro pensando che lei non possa sentirli). Se mi ami, ha detto Amy, e così si ripromette di non accendere il cellulare, leggere giornali, controllare le news e fare qualsiasi cosa che non rientri nello standard di una vacanza con una persona che ami.

Martedì sono attive. Mare si impone di fare colazione e Amy è stregata dal vederla in abiti semplici, privi di pretese, la sua energia intellettuale riconvertita in tensione muscolare e occhi attenti, a volte nascosti dall'obiettivo della reflex. Mare le fa poche foto, ma ognuna è speciale, ognuna è bella in modo diverso, e Amy ha sotto la pelle l'eccitazione irragionevole degli innamorati nuovi, che devono ancora scoprirsi, e per questo la sera fanno l'amore senza neanche sentire la stanchezza della giornata, e si addormentano ancora nude con l'immaginazione piena dei paesaggi riarsi del Nevada.

Mercoledì sono rilassate. Camminano lentamente e fanno soste frequenti e lunghe, in cui parlano della loro vita. Amy racconta a Mare dei sacrifici fatti dai suoi genitori immigrati, dell'incidente in cantiere che uccise suo padre, delle difficoltà d'apprendimento di sua sorella minore e del ruolo che svolse nella sua decisione di dedicarsi all'insegnamento. Mare tentenna, procede come un bagnante timido: infilando la punta del piede nell'acqua per verificarne la temperatura. Le dice, in maniera vaga, di aver avuto un'infanzia e un'adolescenza insolite. Le racconta di come Tish sia per lei Tiru, e di come Tiru la chiami Miramare quando sono da sole perché si sono promesse da piccole di non cedere mai a coloro che avrebbero preferito cancellarne l'identità mista, mulatta. Le racconta di quanto fosse Tirunesh l'incosciente, tra loro due, la coraggiosa: di come si buttò a sette anni nella piscina della loro villa senza aver mai imparato a nuotare, e di come aveva imparato a scalare le palme californiane. Le dice che le manca il Pacifico, ma non Los Angeles. Le rivela di come non sia mai neanche andata al letto con Daniel Wolk, dei veri motivi per cui lui accettò di fingersi il suo compagno per tutta la durata della campagna elettorale (è la prima persona al mondo a cui li racconta). Amy ascolta tutto. Le chiede cosa si ricorda dei suoi primi anni di vita, dei suoi genitori naturali. Mare dice “poco”, e nient'altro, ma a qualcun'altro avrebbe risposto niente. Glielo dice: a qualcun'altro avrei risposto niente, e dentro c'è la promessa di dirle di più, prima o poi. Presto.

Giovedì sono felici. Si spostano in California durante la mattina e passano tutta la serata con Tirunesh Sherman, che le accoglie con un sorriso e un braccio rotto che fa preoccupare Mare più di quanto sarebbe normale, consueto. Tish e Amy continuano a parlare anche quando Mare si allontana per andare al bagno, e si ferma dietro il muro a guardarle non vista. Vanno d'accordo, ridono, discutono di letteratura e poesia in modo appassionato. La prima cosa che Amy ha detto a Tish quando le ha presentate è che ha delle ali bellissime. Non ha guardato altrove, non ha fatto una battuta né finta di niente, non ha posto domande personali, ha solo detto: le tue ali sono bellissime. Tiru sembra ancora più fragile dell'ultima volta che l'ha vista, e quando Amy esce a fumare racconta a sua sorella di star valutando un rientro permanente da Portland a Los Angeles per poter essere seguita da una struttura medica attrezzata alle sue sempre maggiori esigenze. Il suo scheletro si sta frantumando, ma questo Mare lo sa già. Si è rotta il braccio sbattendo per sbaglio contro una porta. Quando si abbracciano e si salutano, Mare è particolarmente attenta a non stringerla troppo forte. La tua ragazza mi piace molto, le dice Tiru, ad oggi, è la mia preferita. Mare ride, il cuore le si riempie di cose che, per tutta la notte, le sembrano giuste e concrete, e vedere Tiru disintegrarsi le spinge nelle vene una forma d'urgenza tutta nuova.

Venerdì sono ubriache (di vita, d'amore, di tequila). La tequila è imputabile a una festa per VIP a cui sono state invitate da una sua vecchia amica che ha sentito dire che Mare Sherman era tornata a L.A. Non ci sarebbe andata se Amy non avesse mostrato tanto entusiasmo all'idea di incontrare qualche stella di Hollywood su una barca più costosa di qualsiasi appartamento abbia mai avuto in affitto, e una volta lì Mare le presenta un paio di editori che potrebbero aiutare il suo progetto per portare libri nelle scuole delle periferie di Philadelphia. La vede esitare, trovare coraggio, poi provare. La guarda da lontano mentre Marcus urla il suo nome da una parte all'altra della poppa, e lei si sente sciocca per aver pensato che non l'avrebbe trovato lì. Sono già ubriachi entrambi quando lui le dice che quella ragazza latina è molto carina e chissà quanto durerà, e le racconta quanto sarà bella e grande la casa in cui vivranno quando saranno quarantenni sposati, e i nomi ridicoli che daranno ai loro figli famosi, tutti naturalistici, come i Phoenix (lui pensava Hurricane, Thunder e Storm, un batterista, un chitarrista e una cantante). Si sorprende quando trova, invece del solito scivoloso spirito dismesso e magnanimo che lei gli concede di solito, un'irritazione viva e vivace: Mare si alza in piedi e si allontana, ma non senza prima avergli detto sono stanca e piena delle tue stronzate. Passa il resto della nottata a ballare con Amy e manca poco all'alba quando vanno a cercare il Capitano del vascello perché reciti qualche formula di rito.

Sabato sono sposate e i paparazzi l'hanno già scoperto da diverse ore: le foto del “matrimonio” sono già state vendute e pubblicate dal miglior offerente. Quando Mare apre gli occhi ha la testa piena di grilli e Amy sta fingendo di dormire, voltata in modo da darle le spalle. Nel pomeriggio non può correrle dietro: nasce prematuro ma in salute Sunny Sherman, figlio di Jake “Sally” Sherman e di Bea (Beatrice Qualchecosa, Mare non si è data pena di impararne il cognome il giorno che scoprì che aveva due anni meno di lei) – suo fratello, cioè. Marcus si offre di darle un passaggio verso dove ha avuto luogo il parto in acqua, un costoso vigneto californiano, l'ultimo acquisto di Sally che lei aveva più volte sconsigliato. Non si scambiano una parola per tutto il percorso, ma scoppiano a ridere, infelici all'unisono, quando la radio passa la prima canzone che abbiano mai cantato insieme. I've got chills, they're multiplying...

giovedì 25 agosto 2016

Eyes Shut


- Hai fatto un altro incubo?
- Ho sognato di cadere durante una tempesta.
- Ne dovresti parlare con un terapeuta.
- Mi dispiace, ti ho svegliato?
- Sí, ma non fa niente. Sogni di volare nella tempesta?
- Sono fulmini sul mare, e non mi fanno paura finché uno non mi paralizza e mi trascina a terra.
- Precipiti sul terreno?
- A volte. Altre volte nell'acqua, e mi accorgo che è dolce. Tu non hai incubi ricorrenti?
- No, mai. Mare...
- Lo so, un terapeuta...
- No, non quello. Tish mi piace.
- Davvero?
- Sí. Non ti somiglia.

Mare ride.

- Intendo...
- No, ho capito. Anche tu piaci a lei. Sono felice di averti portato in California. Hai mai surfato?
- Mai.
- Domani ti insegno. Vuoi dormire un altro po'?
- No, stiamo sveglie.
- Ok.


lunedì 22 agosto 2016

Sunday Girl


- Hai preso tutto?

Amy trascina il suo trolley fino al taxi e ringrazia il tassista che glielo prende e va a caricarlo nel bagagliaio. Mare la guarda: ha lo sguardo appesantito dalle poche ore di sonno, ma è il ritratto della salute. Le porge il caffè che le ha preso al locale subito sotto casa sua, dove è andata a prenderla.

- Ma allora in California ci passeremo?
- Tu vuoi passarci? C'è mia sorella, questa settimana.
- Sei pronta a presentarmi a tua sorella?
- Tiru ti adorerà.
- E i tuoi?
- Loro non li incontreremo se riusciremo ad evitarlo, e fidati è un bene.
- I miei tu li conosci.
- Per caso. E poi i tuoi sono persone piacevoli.
- Non posso darti torto... i tuoi amici?
- Te li presenterò tutti.
- Ti ricordi cosa mi hai detto la prima notte che abbiamo passato insieme?

Amy la guarda con aria interrogativa.

- Avevamo bevuto un po'.
- Te lo sei scordata?

Ci pensa.

- Quella storia della prima volta che andasti a fare surf da sola e avvistarono uno squalo vicino alla spiaggia, no?

Mare sorride. La bacia sulla bocca (il tassista allunga il collo) e si infila con lei sui sedili posteriori.

- E quello che indossavo te lo ricordi?

Amy rotea gli occhi al cielo.

- Ora mi stai chiedendo troppo.

Mare ride. Dice al tassista di dirigere verso l'aeroporto. Ha una buona sensazione sulla pelle: si sente leggera. La felicità, pensa, non deve essere troppo differente.


mercoledì 17 agosto 2016

502 Books


Amy è un porto sicuro. E' una delle prime persone che ha conosciuto a Philadelphia e le corde sfilacciate della loro relazione non le hanno mai strette così tanto da farle scoprire - e soffrire - gli alti e i bassi dell'umore di Mirabe Sherman. Mare è rimasta irretita dal suo sorriso luminoso, dalle curve di un corpo accogliente e volitivo, dalla passione schietta e priva di ombre con cui parla dei suoi ragazzi, scolaresche di adolescenti indisciplinati del Southside, strappati alla forza magnetica delle gang, a cui insegna storia e letteratura americana presso la Martin Luther King High School nascosta dietro Shields Street. Le piace come dell'ironia non rida e sovente non la capisca, perché non concepisce la doppiezza che vi è indispensabilmente associata. Di come le ha raccontato di quando ha scoperto il suo potere per la prima volta, senza chiederle di reciprocare subito - senza nemmeno aspettarselo -. Le piacciono la consistenza del suo materasso e l'odore dei suoi capelli, le sensazione di raccolta protezione che non riesce mai a sentire in compagnia di un uomo, perché dagli uomini ha imparato a sentirsi manipolata fin da adolescente e l'imprinting le ha fottuto la testa per tutti gli anni a venire senza che abbia trovato ancora una chiave di decifrazione adeguata di ciò che le naviga nel retro del cervello.

Per cui, quando va da lei, non lascia biglietti e non si cerca le scarpe per terra aiutandosi con la luce emanata dal display del cellulare: invece dorme tutta la notte e la mattina si ferma per la colazione, anche se non mangia mai niente. Ma oggi si lascia tentare da tre chicchi d'uva, contati.

"Dovresti venire a parlare ai ragazzi, un giorno. Sto provando a esporli al maggior numero di persone possibile, la maggior parte di loro non è mai uscita dalla Pennsylvania?"
"E pensi che i tuoi colleghi sarebbero d'accordo a far indottrinare dei teen da una pericolosa sovversiva come me?"
"Non trovo tu sia una pericolosa sovversiva."

Mare sorride. Amy non ha colto l'ironia, ma non la corregge. Vorrebbe correggere invece se stessa: dovrebbe usarne di meno, pulirsi la testa dal sarcasmo malevolo che ha appreso fino a quel momento e ricominciare una vita epurata da tutto ciò di buio che ha incontrato. Sarebbe una rigenerazione quasi messianica: le basterebbe abbandonarsi all'ordine naturale e pacato della vita di Amanda Fuerte - sarebbe sufficiente a farle scoprire la normalità, finalmente. La pace di mente, di spirito. Sa di doversi vestire e andarsene, e si sente così in colpa da sorprendersi a chiederle se le va di andare al cinema insieme, nel weekend. Amy risponde di sì, ma vuole scegliere lei il film. Mare risponde che va bene tutto, basta che non sia l'ultimo di Reitman. Amy dice okay, senza chiederle il perché. Senza chiederselo neppure.

- - -

Amy è un porto sicuro, ma troppo: quando lascia il suo monolocale, il mondo le sembra un po' più minaccioso di come lo ha lasciato. Torna a casa propria con un taxi, John le consegna un busta con un biglietto e una chiave. Riconosce la calligrafia ancora prima del nome, e dopo essersi fatta una doccia e cambiata i vestiti è di nuovo su un taxi. Sa già cosa troverà nel magazzino che quella chiave apre, ma quando tira su la saracinesca metallica e accende la luce il cuore le salta ugualmente un battito. Sfiora i frontespizi in punta di dita: conosce già tutti i titoli a memoria. Sul secondo scaffale trova Abyssus di Damasqua Hart, il suo terzo libro preferito. Lo tiene tra le mani mentre si siede a gambe incrociate di fronte al resto. Non c'è niente di ordinato o pacato nel modo in cui si sente. Nulla di razionale, sicuramente non c'è un briciolo di pace. Le viene da ridere e da piangere nello stesso momento, e si sente così ridicola da trovarsi intollerabile. Allo sbando: pneumatici lisci su asfalto ghiacciato. Tutte le sue responsabilità le sembrano per quei momenti inconsistenti, le sue scelte passate sbagliate e bisognose di una scrupolosa analisi sotto una lente di ingrandimento che magnifichi ogni svolta poco ragionata e un bisturi che sezioni le sue motivazioni fino a inciderne le ossa. Quanto ha ottenuto negli ultimi dieci anni? Quante cose reali e concrete ha davvero ottenuto, al netto di tutti i tentativi e tutti i fallimenti? Quanto può sperare di fare nei prossimi dieci anni?

Due settimane fa aveva cinquemila volumi, adesso ne ha cinquecento. Resta a contemplarli per un po'. Ancora un altro po'. 

sabato 13 agosto 2016

Evolution, Baby

Park&Reckon Metahuman Diseases Medical Center, New York

"Capisco sia difficile capacitarsene con sintomi così leggeri, ma è così che inizia: un fastidio alle ossa. Il dolore si farà più intenso nei prossimi giorni e sentirà delle fitte improvvise, ma non dovrebbe durare più di una settimana. Le darò degli antidolorifici che le renderanno la transizione meno traumatica, ma immagino sappia già cosa aspettarsi, dopo sua sorella..."
"Può quindi confermare che si tratta della stessa situazione di Tirunesh?"
"Temo di sì."

La dottoressa Park ha corti capelli neri e occhi color castagna. Il suo curriculum suggerisce che abbia almeno una sessantina d'anni, ma ne dimostra almeno dieci in meno. Mare si chiede se faccia parte della sua mutazione, oppure sia solo una fortunata eredità della sua discendenza sud-coreana. 

"So che può suonare di poco conforto, ma ci tengo a spiegarti che, per il tuo corpo, un'evoluzione di questo genere è una miglioria: questo tipo di trasformazione delle ossa la renderà più leggera e quindi più aerodinamica. Forse non avrà modo di sperimentarlo, ma potenzialmente la sua agilità in volo decuplicherà. Saper evitare i danni e fuggire rapidamente è una delle migliori forme di difesa che la natura conosca."

Mare rimane composta. China il capo e si liscia la gonna con i palmi. Fa parte dell'ultima collezione primaverile di un prestigioso brand francese, ma la lavanderia l'ha stirata in maniera inadeguata e se ne sta rendendo conto solo adesso.

"Mi ricordo che a Tish disse che c'era una percentuale di... arresto." 
"Sì, assolutamente. E' una percentuale estrapolata da un numero di casi ridotto, purtroppo, ed è piuttosto bassa. Nel sette percento dei casi osservati l'abbassamento di densità ossea si ferma entro sei mesi dal suo inizio, lasciando lo scheletro alleggerito in maniera non compromettente. Nel tre percento di casi, si ferma tra i sei e i dodici mesi."
"Un dieci percento, quindi. E nell'altro novanta percento di casi?"
"Il gene che determina l'abbassamento della densità ossea non si disattiva. Ma impiega comunque del tempo a intaccare la qualità della vita."
"Quanto tempo?"
"Di solito i primi effetti più notevoli si manifestano quattro o cinque anni dalla prima diagnosi, mentre abbiamo notato un aggravamento sensibile dopo otto, massimo dieci anni. Ma anche cinque anni sono molti, miss Sherman, e la ricerca medica potrebbe fare passi avanti. Nel frattempo, le prescriverò vari integratori che potrà iniziare a prendere subito. Tenderei a suggerirle anche una terapia ormonale a base di estrogeni, che prevede però degli effetti collaterali che dovrò spiegarle."

Mare non risponde. Boccheggia per un attimo senza davvero niente da dire. Park capisce.

"Può essere un momento complicato, miss Sherman. Il mio consiglio è quello di non farsi sopraffare. Ora la lascerò dieci minuti da sola, per farla riflettere su eventuali domande, fare delle telefonate... si prenda tutto il tempo di cui ha bisogno."

Dice: "okay". Non le sembra di averlo mai detto prima in tutta la sua vita, sulle labbra le suona strano. La sua voce le suona strana, e comunque risponde troppo tardi, quando Park è già uscita. Rimane nello studio dieci minuti, poi se ne va assicurando di lasciare alla reception i suoi ringraziamenti per la dottoressa Park e la promessa che la ricontatterà a breve.

mercoledì 10 agosto 2016

Fumigated Demons


Ha promesso a Benedict che ci penserà. Non fa altro per tutto il viaggio in Uber che la porta al Wells Fargo Center, lo stadio di hockey di Philadelphia riconvertito d'estate a sede di alcuni dei rock fest più affollati della Tri-State Area. L'autista riesce a portarla solo fino a un certo punto, lei ringrazia e fa il resto della strada a piedi. Se mi metto in ginocchio adesso, le ha detto, corro il sereno rischio di non riuscire più a rialzarmi. I cartelloni che supera recitano a grandi lettere THE CONS: BARELY LEGAL TOUR. Li supera grazie al VIP Pass che Marcus le ha legato al polso ingessato mentre dormiva, scrivendo sul retro come ai vecchi tempi. Quel tipo di vita - i vecchi tempi - la chiama indietro e la terrorizza. Ma la terrorizza anche essere circondata solo da nemici. Alcuni dei quali la vogliono morta. Non te ne andare, le ha chiesto. Accede al backstage e un roadie la avvicina per dirle che adora tutto ciò che suo padre ha mai fatto, artisticamente. Anche le overdose? vorrebbe chiedergli. Anche le settimane in cui spariva e non sapevamo dove fosse finito, anche la manciata di figli illegittimi, anche il modo in cui si è giocato la mia macchina nuova a poker, anche quello? Non dice niente, invece, se non grazie: in fondo, non ha risentimenti verso Sally.

Il concerto è già iniziato. Sarebbe dovuto cominciare alle nove, ora sono le undici, vuol dire che devono aver suonato la prima nota non prima di una mezz'oretta fa. Conosce il set a memoria, sa che ogni canzone del nuovo album deve alternarsi a una hit del passato. E lei conosce ogni pezzo come se l'avesse scritto lei stessa - in molti casi, era in sala produzione quando si decideva cosa sarebbe stato scartato e cosa invece sarebbe finito nell'album definitivo. Ancora più spesso, ha ritrovato pezzi della loro storia travagliata nella Billboard Top 50 Chart. Per uno, due, tre. Nove anni. All'inizio la lusingava. Non è colpa tua / Ma va così / Sono stanco di te / Ora e così / E sempre lo resterà. The Way It Is, il primo singolo del secondo album, 2016, scritta in occasione della loro prima separazione. La mia ex dice che manco di profondità / farò del mio meglio / Tu dici che vuoi starmi accanto / Tesoro c'è qualcosa che non va in te. Someday, 2020, l'ex era lei. Voglio rubarti l'innocenza / Voglio rifiutarti / Ma rivoltarti / Contarti le voglie / Comportarmi male, gliel'aveva sussurrato tra le lenzuola sei mesi prima che diventasse il ritornello più cantato nelle rock venues californiane. Hard To Explain è il resoconto del loro peggiore litigio. Two Kinds of Happiness l'hanno scritta insieme mentre erano in vacanza in Europa. Razorblade è uscita fuori dopo la terza proposta di matrimonio poco seria, fatta da ubriaco e rifiutata (Sono sempre o nelle tue braccia / O ai tuoi piedi).

Se mi metto in ginocchio adesso...

Lo ha implorato mille volte di smetterla. L'ha minacciato, l'ha lasciato più volte, sempre con tutti i riflettori puntati e addosso l'ansia del giudizio universale. Ma come faccio, sweet darling, honey bee, che colpa ne ho se sei la mia musa? Lui le sorride dal centro del palco, dal centro del palco raggiunge il backstage lasciando circa ventimila persone ad aspettarlo, solo per stringerle la vita troppo forte e premerle un bacio inebriato sulle labbra. Lei gli vede le pupille dilatate (troppo)  e gli spinge via la testa come si farebbe con un cane di casa troppo molesto, ma di cui tutto sommato ci si fida. Lui ride, tenendo la chitarra di lato per poterle mordere un orecchio e oscillare assieme a lei, mentre qualcosa osa dirgli che forse è il caso di tornare sul palco. "Vieni a cantare Waterloo con me?", chiede. "No."
"Però te la posso dedicare?"
"No. Non è neanche vostra, Pete non si risentirà?"
"Chi se ne frega di Pete, te la dedico lo stesso, tanto ti incazzi uguale."
"Mi devi sempre far pentire..."
"Resti finché non chiudiamo?"
"Però ora torna sul palco..."
"Giuri?"
"Sì, dai, ma vattene."

Lui ci riprova, lei lo schiaffeggia, lui si preme entrambe le mani sul cuore mentre barcolla all'indietro, presto visibile a tutte le persone che hanno pagato per sentirlo suonare. E' un impunito senza vergogna, ma per qualche motivo, in quel momento, riesce a farla ridere, a farla sentire leggera. "Questa", annuncia al pubblico, "l'ho cantata mille volte, e sempre sotto la stessa finestra. Sto ancora aspettando che si apra." Deve essere il motivo per cui decide di andare via solo mezz'ora dopo, passando a salutare Jules prima.

Passa a Mutiny. Chiede all'Uber di aspettarla mentre lei sale "per un momento". Infila le chiavi nella toppa e, quando entra, la corrente non funziona. C'è solo la luce pallida dei lampioni vicini a trapelare dalle finestre. Illumina pareti nere, mobilio carbonizzato. Illumina le piante sul balcone, tutte bruciate. E i libri. Cinquemila volumi, tutti andati in fumo, inutilizzabili. Probabilmente la più grande biblioteca tematica sui superumani, e ora non è più niente. Probabilmente il più grande sforzo della sua vita, l'unica cosa in cui ha messo sempre e solo costanza e dedizione. Sei la mia Waterloo / E io sarò la tua Gypsy Lane / Sono così contento di sapere cosa fare / e a chi dare la colpa. Si passa la mano sul viso e cerca con tutta l'energia che ha di non piangere. Hai visto, ti ho portato dei fiori / Li ho raccolti dal palco dell'Old Vic / Sono ore che sono seduto qui / A rincorrere le parole sulla pagina. La California le manca, Marcus le manca. Le mancano Jules e Tish. Le manca la prepotente leggerezza delle feste di Hollywood, piene di gente che si crede al centro del mondo senza mai parlare di niente di importante. Dimmi che mi ami / Per tre buoni motivi. Otto settimane prima, era riuscita  trovarne solo due.

Se me ne vado...
Se mi metto in ginocchio adesso...

Il coraggio non gliel'ha mai insegnato nessuno, l'incoscienza invece veniva da sola con quel tipo di vita. Quando finalmente torna tra mura familiari e intatte, in un ampio e alto loft del centro, la prima cosa che fa è spiegare le ali. Si slancia in alto, ma non le batte mai, terrorizzata dalla possibilità della caduta. Prende un paio di Xanax e si infila nel letto, piombando in un sonno senza sogni. Rimane nel letto quasi ventiquattro ore secche. Quando finalmente si sveglia, trova una manciata di chiamate e di messaggi. Birkenhead le chiede come è andata la giornata. Marcus le scrive che è una stronza per essersene andata, ma che l'ha già perdonata. Si alza e va a gettarsi nella piscina. Tre buoni motivi: il primo è resistere alle minacce. Il secondo è vendicare Robert. Mentre è sott'acqua, sente ancora le stesse parole. Se mi metto in ginocchio adesso... 

Mi convincerai a restare.



You'll never fumigate the demons
No matter how much you smoke
So just say you love me
For three good reasons
And I'll throw you the rope

You don't need it
Because you are the survivor
Of more than one life
And you're the only lover I had
Who ever slept with a knife

But you're not Judy Garland
Oh just like me you've never really had a home of your own
But I'm not Tony Hancock baby
Until the dawn
We'll stone the crows
We'll stone the crows

And you see I've brought you flowers
All collected from the Old Vic Stage
Well I've been sitting here for hours, baby
Just chasing these words
Across the page

Cause you're my Waterloo
Well I'll be your Gypsy Lane
I'm so glad we know just what to do
And exactly who's to blame

And you're my Waterloo
I'll be your Stanley Park
Well I'm so glad we know just what to do
And no one's left
Stumbling around
Fumbling around
Tumbling around
In the dark

Always in the dark

You're my Waterloo
I'll be your Calvary
Well I'm so glad we know just what to do
And everyone's gonna be happy
Everyone's gonna be happy
Everyone's gonna be happy

But of course

sabato 6 agosto 2016

Old Jokes

"Non è stato molto carino", mugugna appena svegliatosi, "mettermi nella blacklist", e non ha tutti i torti.

Lei schiude gli occhi, stende di lato il braccio sano e prende la bottiglietta d'acqua in cui sua madre ha infilato una cannuccia. Fa qualche sorso mentre lo mette a fuoco. "I tuoi capelli sono ridicoli", considera con un sospiro, e Marcus - ma è più noto al mondo come la rockstar dei Cunts, Titus Red - sorride molesto, contento di avere a che fare con la Mary che conosce piuttosto che con una palla di piume ferita e depressa. Forse, da qualche parte, sa che ciò che Mirabe mostra e ciò che Mirabe sente sono concetti che di rado camminano parallelamente, ma in fondo non gli importa.

Lei, d'altra parte, gli ha sempre perdonato tutto. Non gli dice niente - se non un mugolio un po' sofferto - quando lui le si va a schiantare accanto, sul letto, e le circonda la testa tra le braccia baciandole l'occhio sano (a schiocco) e quello pesto (più delicatamente). Una tale invasione del proprio spazio personale Mare l'ha concessa di rado, e mai con la naturalezza vagamente rassegnata che adopera ogni volta che Marcus le gira attorno.

"Ma non ti fa schifo scoparti un vecchio?" lamenta lui, fingendo una vaghezza che non gli appartiene, un trucco che lei potrebbe presto riconoscere se non avesse la testa appesantita da antidolorifici e dolore troppo forte per essere sopito dal mix di farmaci che le gira nelle vene. Invece di negare, gli dice che "un giorno saremo vecchi anche noi". Marcus sorride. "Ma io a quarant'anni avrò fatto abbastanza soldi da mettere la testa a posto, honey bee, pretty punk: ti sposerò e faremo una marea di bambini di cui incasineremo il cervello insieme. Gli diventa duro almeno? O devi passare le ore a ballargli intorno?" Le bacia una guancia e poi il collo, mentre il petto di lei singhiozza l'intenzione di una risata. "Non ti sposerei fossi l'ultimo uomo rimasto al mondo, Marc." Ruota il capo e gli poggia le labbra sulla tempia, spingendo con la testa per allontanargli la bocca dalla propria pelle.

Lui si vendica stampandole un bacio sulla bocca un attimo prima di rotolare giù dal letto. Si rialza sbuffando, dopo aver fatto a tentoni un metro pieno, e la prima cosa che fa è solleticarle la pianta dei piedi per farla mugolare di fastidio deliziato. "Vai a chiamare qualcuno, mi sta scoppiando la testa." Marcus le fa il verso e ciondola fino alla porta. Proprio mentre sta abbassando la maniglia, Rachel Carson fa il suo ingresso, impeccabile come suo solito. Guarda Marcus, e il suo sguardo basta - come al solito - a farlo schiacciare contro un muro. Poi cerca sua figlia, la vede sorridere ammaccata dal dolore di un'emicrania. "E' successo qualcosa alla sede del Philadelphia Doubter", la informa, ma è solo un preambolo: "questa città è piena di squilibrati, appena ti dimettono torni in California con noi." Marcus sorride tronfio, mentre il cuore di Mare Sherman sprofonda nel buco nero del terrore. "Una volta tanto", dice lui, "sono d'accordo con la signora."


giovedì 4 agosto 2016

Bad Fall


Il mostro le chiude gli occhi prima che possa rendersi conto che Robert è morto tra le sue braccia e che i suoi cinquemila volumi, lo sforzo di una vita, stanno bruciando insieme a tutto ciò che ha costruito da quando è arrivata a Philadelphia. Magari te le taglieranno via per non prendersi la pena di riparartele, le mormora in un orecchio. Occupano solo spazio, mentre questo mondo è fatto per donne che entrano nel palmo di una mano. Se mi fossi allenata, se avessi potuto volare più spesso, se fossi stata più leggera... Avrebbe fatto la differenza? Gli chiede per favore di lasciarla stare, almeno per stanotte. Lui risponde okay, ma per il resto del tempo - in loop - le fa comunque sognare di cadere.

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mercoledì 3 agosto 2016

Tamable Bones


Inciampa non appena supera l'ingresso del minuscolo appartamento sotto la sede di Mutiny, ma si rialza perché ha fretta. I gatti le si infilano tra i piedi, le fanno le fusa, rischiano di farla cadere di nuovo (pensa: mi sono dimenticata di nutrire queste due odiose bestie, spero non abbiano mangiato il topo in assenza di alternative). Si sfila la bomber jacket e la lascia cadere a terra, sperando che non ci piscino sopra (vorrebbe evitare di rovinarla, in un modo o nell'altro), poi il top, poi il reggiseno.

Mezza nuda, geme di dolore mentre le ossa le strusciano contro le vertebre. Le fa sempre un male cane quando prova a trattenerlo, e ormai è più di una settimana che essere confinata a Bella Vista le impedisce di spiegare le ali. Ma non ha scelte: ha promesso di non tornare in centro perché lì i suoi angeli custodi non potrebbero proteggerla - soprattutto non potrebbero catturare i prossimi Cacciatori che verranno a trovarla. Ma verranno? Li sta aspettando, ma se non venissero mai? Paga fior di quattrini per il suo loft in centro, una voliera scelta appunto per impedirle di impazzire, o di perdere il controllo. E ora non può neanche usarla.

Nel momento esatto in cui sta allungando la mano per raggiungere il mobiletto dei farmaci (a due passi da dove ha dovuto far vomitare Quinn), sente lo strattone: robusto, all'indietro, la spinge nel il corridoio e le fa sbattere la schiena contro il muro con un'energia che le fa supporre di essersi fratturata qualcosa. Farle rientrare è impossibile, anche solo controllarle è un lavoro di fino per cui adesso non ha testa, o calma (non avrei dovuto bere quel caffè).

Sbattono contro i mobili, buttano a terra una lampada nuova che si schianta con un fragore di cocci. Sono quasi le due, pensa, mentre abbattono un quadro ritraente dei cani da caccia che era ordinatamente appeso a una parete. Dei gatti non c'è più traccia, si sono nascosti terrorizzati in qualche angolo. Prova a batterle piano (uno, due, uno, due), su una traiettoria breve, quanto basta perché la spinta d'aria la faccia rimettere in piedi. Ma non regola bene, le sfuggono, un attimo dopo qualcosa ha rotto una finestra e lei è proiettata contro il soffitto. Il colpo la fa rimbalzare verso il basso, sembra la biglia di un flipper.

Dalla porta del bagno non passano di certo, non così. Si aggrappa agli stipiti e poi prova a spingersi dentro, mentre qualcuno inizia a colpire rabbiosamente la porta d'ingresso. Urla Sherman, Sherman, fottuta troia! E' un uomo, non le importa, la porta è solida e lei ha altri problemi. Prova a piegarle all'indietro, parallele l'un l'altra, mentre tende il busto e le braccia in avanti, verso il mobiletto. Sherman fottuta stronza, ci vivo da quindici anni qui, ho due figli e tu mi vuoi cacciare, mutante negra del cazzo? Arrivi coi tuoi soldi e pensi che puoi sfrattarci? Dove pensi che vado, con due figli, stronza? Ti brucio casa sotto al culo prima di andarmene da qui, devi averci paura a dormirci! 

Check, pensa, check and check, ho già paura a dormirci, non è questo il momento di preoccuparsi di queste cose. Loro spingono per tirarla indietro e lei invece supplica di proiettarsi in avanti, quasi come ha supplicato Maximilian Lee di smetterla di essere un nemico della comunità superumana, comunità, comunità, la sua di comunità latita. Pesca a piene mani dal mobiletto prima di finire di nuovo con la schiena contro il muro del corridoio, e solo per miracolo, scartando tubetto dopo tubetto, trova ciò che le serve. Due pasticche di Xanax, facciamo tre, che questo è il dosaggio basso (non è vero, se l'è fatto modificare, ma finge di non ricordarselo). Le manda giù a secco e rimane seduta per terra ad aspettare che facciano effetto, mentre loro fanno quello che vogliono. Buttano giù qualche altro quadro, forse, o forse no, non se ne rende conto. Scivola nell'incoscienza più dolce così, sul pavimento, mentre chiunque ci sia fuori dalla porta inizia a prenderla a calci esasperati. Questo non è il tuo posto, Sherman, io vivo qui da quindici anni, tu non hai nessuno qui. Il giorno che gli Hunters vi faranno saltare tutti in aria stapperò una bottiglia di spumante, Dio mi sia testimone.

Si sveglia ancora sul pavimento, ma rannicchiata in un guscio di piume chiusosi su di lei durante le ore di incoscienza per proteggerla. Sente in bocca ancora il sapore di caffè e di mentolo, mischiato con il lamento di uno stomaco vuoto, affamato. Si concentra e questa volta riesce a farsele rientrare nelle scapole, avvolgerne le ossa attorno alla spina dorsale e alla gabbia toracica. Si alza in piedi barcollando. E' ancora mezza nuda, in tasca ha ancora il cellulare. Lo prende, Birkenhead le ha scritto quasi due ore fa. Non gli risponde e invece va ad aprire una scatoletta per i gatti che hanno ripreso a strusciarsi contro le sue gambe. Poi si siede per terra, si avvolge le ginocchia con le braccia e li guarda mangiare. Il mostro è ancora lì, la abbraccia da dietro. Le dice che non sa niente e le suggerisce i modi migliori per farsi tanto minuscola da scomparire. Lei annuisce e lo ringrazia, come etichetta esige.

lunedì 1 agosto 2016

Sleeping Beauty

Estate 2014
Los Angeles

"Ma non capisco", continua a dire suo padre. "Stava bene, stava molto meglio..."

La faccia del medico è grigia. Le pareti sono grigie, le mattonelle del bagno sembravano grigie, l'acqua nella vasca invece era rossa. Mare sta pensando che le interesserebbe leggere studi che associno i colori a determinate reazioni emotive: il rosso è allarme. Quando appare sulla correzione di un saggio, su un semaforo lampeggiante o sulla pelle di una persona, è utilizzato sempre per segnalare pericolo. La sta guardando dalla parte sbagliata (che sciocca, non ragiona bene): il rosso è ripreso nelle creazioni umane perché vuol dire pericolo in natura, perché è il colore del sangue e il sangue visibile vuol dire ferita (almeno nella società patriarcale: nota a margine, forse da qualche parte c'è lo spunto per un saggio da presentare alla sua professoressa di pratiche di biologia nella società contemporanea).

"Quello che è importante capire", spiega il medico con la faccia grigia, "è che non sono mai casi isolati. Una larga percentuale delle persone che tentano il suicidio, fallendo, lo ritentano almeno una volta nei mesi successivi. E' quindi importante affiancare a un percorso psichiatrico e farmacologico anche un controllo costante sul paziente. Voi vivete tutti nella stessa casa?"

"Sally" Sherman si fa estremamente piccolo sulla sedia, improvvisamente sembra vecchio. A rispondere è Rachel, con la voce ferma e la schiena dritta di un generale. "Vive con me. Mi assicurerò che sia sempre sorvegliata. Cos'altro possiamo fare per lei?"
"Forse", inizia il medico "è il caso di far valutare da un terapeuta lo stato degli altri membri della famiglia... in particolare, situazioni del genere possono avere ripercussioni profondi sui fratelli del paziente. Soprattutto quando si tratta di gemelli, poi..."

Sally si volta e guarda sua figlia con gli occhi spalancati, impaurito come un cerbiatto che ha appena adocchiato un lupo nelle sterpaglie. Anche Rachel si volta verso di lei, le poggia una mano sulla spalla. Mare li guarda ancora confusa, non capisce perché.

Due ore dopo, quando Tish finalmente si risveglia, è lei a trovarsi al suo capezzale. Stava dormendo, ma ha aperto gli occhi dieci secondi prima della sua gemella, quasi ne avesse percepito il ritorno alla coscienza. Tish sorride. "Sei inusitatamente serena", commenta. Le sue enormi ali bianche sono poggiate su un'ampia impalcatura di sostegni e lettini addizionali che occupa metà della stanza privata che i suoi genitori hanno profumatamente pagato.

"Mamma mi ha dato uno Xanax appena è arrivata."
"E quando è arrivata?"
"Mentre ti ricucivano le vene, penso."

Tish sorride affranta, dispiaciuta. "Pensavo non saresti tornata la sera, non eri con Marcus? Mi dispiace."

Mare sprofonda un po' più sulla poltrona. Non ha nemmeno ancora fatto vent'anni.

"Se lo fai di nuovo", la avvisa dolcemente, "mi ammazzo."
Tish sospira. Mare insiste: "Hai capito? Mi ammazzo."

Continua a fissarla finché Tish non si mette a piangere e, nelle lacrime, annuisce rassegnata.

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Philadelphia
Estate 2024

Dorme nella sala d'attesa del General Hospital. Una voce familiare la sveglia da un incubo andato in loop: lei che rincorre Quinn Martin - un semisconosciuto, si ripete in sogno - e lui che vomita mentre suo padre (il padre di chi? La faccia è quella di Sally, ma lei non ne è sicura) dice che il malato sta molto meglio.

"Ehi, bella addormentata..."

L'epitome di una narrativa che vuole le donne relegate a un ruolo passivo oggettificato, pensa mentre apre gli occhi. Si sta coprendo con il trench che aveva addosso la notte prima, non ha potuto cambiarsi e ha bisogno di farsi una doccia. Birkenhead è pieno di cose. Mentre lei si mette seduta, le mostra buste di una boutique in cui deve essere andata a comprare qualcosa almeno una volta. Vestiti, salviette detergenti profumate alla lavanda, anche un tè verde con menta e lime, gelido. Lei lo prende tra le mani e ne fa un sorso ancora prima di decidere se le vada o meno. Lui le si siede vicino. Si passa la mano sugli occhi (il trucco è tutto sbavato), poi gli guarda la giacca. "Hai uno xanax?"

Lui sbatte le palpebre. "No con me, ma posso procurarmelo. Dammi solo un istante..." 
"Lascia stare", gli prende il braccio e lo spinge verso il basso, per farlo sedere di nuovo. "Lascia perdere, se resti un attimo va bene lo stesso."
Lo spinge delicatamente contro lo schienale del divano e poi si rigira sui cuscini finché non ha trovato un modo comodo per poggiargli la fronte contro il petto.
"Stai scomodo?", si ricorda di chiedergli, e non ha quasi voce.
Birkenhead sospira molto a fondo, come se non sapesse quanto siano entrambi in ritardo. "No", la rassicura, "no, tranquilla. Va bene così."