mercoledì 3 agosto 2016

Tamable Bones


Inciampa non appena supera l'ingresso del minuscolo appartamento sotto la sede di Mutiny, ma si rialza perché ha fretta. I gatti le si infilano tra i piedi, le fanno le fusa, rischiano di farla cadere di nuovo (pensa: mi sono dimenticata di nutrire queste due odiose bestie, spero non abbiano mangiato il topo in assenza di alternative). Si sfila la bomber jacket e la lascia cadere a terra, sperando che non ci piscino sopra (vorrebbe evitare di rovinarla, in un modo o nell'altro), poi il top, poi il reggiseno.

Mezza nuda, geme di dolore mentre le ossa le strusciano contro le vertebre. Le fa sempre un male cane quando prova a trattenerlo, e ormai è più di una settimana che essere confinata a Bella Vista le impedisce di spiegare le ali. Ma non ha scelte: ha promesso di non tornare in centro perché lì i suoi angeli custodi non potrebbero proteggerla - soprattutto non potrebbero catturare i prossimi Cacciatori che verranno a trovarla. Ma verranno? Li sta aspettando, ma se non venissero mai? Paga fior di quattrini per il suo loft in centro, una voliera scelta appunto per impedirle di impazzire, o di perdere il controllo. E ora non può neanche usarla.

Nel momento esatto in cui sta allungando la mano per raggiungere il mobiletto dei farmaci (a due passi da dove ha dovuto far vomitare Quinn), sente lo strattone: robusto, all'indietro, la spinge nel il corridoio e le fa sbattere la schiena contro il muro con un'energia che le fa supporre di essersi fratturata qualcosa. Farle rientrare è impossibile, anche solo controllarle è un lavoro di fino per cui adesso non ha testa, o calma (non avrei dovuto bere quel caffè).

Sbattono contro i mobili, buttano a terra una lampada nuova che si schianta con un fragore di cocci. Sono quasi le due, pensa, mentre abbattono un quadro ritraente dei cani da caccia che era ordinatamente appeso a una parete. Dei gatti non c'è più traccia, si sono nascosti terrorizzati in qualche angolo. Prova a batterle piano (uno, due, uno, due), su una traiettoria breve, quanto basta perché la spinta d'aria la faccia rimettere in piedi. Ma non regola bene, le sfuggono, un attimo dopo qualcosa ha rotto una finestra e lei è proiettata contro il soffitto. Il colpo la fa rimbalzare verso il basso, sembra la biglia di un flipper.

Dalla porta del bagno non passano di certo, non così. Si aggrappa agli stipiti e poi prova a spingersi dentro, mentre qualcuno inizia a colpire rabbiosamente la porta d'ingresso. Urla Sherman, Sherman, fottuta troia! E' un uomo, non le importa, la porta è solida e lei ha altri problemi. Prova a piegarle all'indietro, parallele l'un l'altra, mentre tende il busto e le braccia in avanti, verso il mobiletto. Sherman fottuta stronza, ci vivo da quindici anni qui, ho due figli e tu mi vuoi cacciare, mutante negra del cazzo? Arrivi coi tuoi soldi e pensi che puoi sfrattarci? Dove pensi che vado, con due figli, stronza? Ti brucio casa sotto al culo prima di andarmene da qui, devi averci paura a dormirci! 

Check, pensa, check and check, ho già paura a dormirci, non è questo il momento di preoccuparsi di queste cose. Loro spingono per tirarla indietro e lei invece supplica di proiettarsi in avanti, quasi come ha supplicato Maximilian Lee di smetterla di essere un nemico della comunità superumana, comunità, comunità, la sua di comunità latita. Pesca a piene mani dal mobiletto prima di finire di nuovo con la schiena contro il muro del corridoio, e solo per miracolo, scartando tubetto dopo tubetto, trova ciò che le serve. Due pasticche di Xanax, facciamo tre, che questo è il dosaggio basso (non è vero, se l'è fatto modificare, ma finge di non ricordarselo). Le manda giù a secco e rimane seduta per terra ad aspettare che facciano effetto, mentre loro fanno quello che vogliono. Buttano giù qualche altro quadro, forse, o forse no, non se ne rende conto. Scivola nell'incoscienza più dolce così, sul pavimento, mentre chiunque ci sia fuori dalla porta inizia a prenderla a calci esasperati. Questo non è il tuo posto, Sherman, io vivo qui da quindici anni, tu non hai nessuno qui. Il giorno che gli Hunters vi faranno saltare tutti in aria stapperò una bottiglia di spumante, Dio mi sia testimone.

Si sveglia ancora sul pavimento, ma rannicchiata in un guscio di piume chiusosi su di lei durante le ore di incoscienza per proteggerla. Sente in bocca ancora il sapore di caffè e di mentolo, mischiato con il lamento di uno stomaco vuoto, affamato. Si concentra e questa volta riesce a farsele rientrare nelle scapole, avvolgerne le ossa attorno alla spina dorsale e alla gabbia toracica. Si alza in piedi barcollando. E' ancora mezza nuda, in tasca ha ancora il cellulare. Lo prende, Birkenhead le ha scritto quasi due ore fa. Non gli risponde e invece va ad aprire una scatoletta per i gatti che hanno ripreso a strusciarsi contro le sue gambe. Poi si siede per terra, si avvolge le ginocchia con le braccia e li guarda mangiare. Il mostro è ancora lì, la abbraccia da dietro. Le dice che non sa niente e le suggerisce i modi migliori per farsi tanto minuscola da scomparire. Lei annuisce e lo ringrazia, come etichetta esige.