Estate 2014
Los Angeles
"Ma non capisco", continua a dire suo padre. "Stava bene, stava molto meglio..."
La faccia del medico è grigia. Le pareti sono grigie, le mattonelle del bagno sembravano grigie, l'acqua nella vasca invece era rossa. Mare sta pensando che le interesserebbe leggere studi che associno i colori a determinate reazioni emotive: il rosso è allarme. Quando appare sulla correzione di un saggio, su un semaforo lampeggiante o sulla pelle di una persona, è utilizzato sempre per segnalare pericolo. La sta guardando dalla parte sbagliata (che sciocca, non ragiona bene): il rosso è ripreso nelle creazioni umane perché vuol dire pericolo in natura, perché è il colore del sangue e il sangue visibile vuol dire ferita (almeno nella società patriarcale: nota a margine, forse da qualche parte c'è lo spunto per un saggio da presentare alla sua professoressa di pratiche di biologia nella società contemporanea).
"Quello che è importante capire", spiega il medico con la faccia grigia, "è che non sono mai casi isolati. Una larga percentuale delle persone che tentano il suicidio, fallendo, lo ritentano almeno una volta nei mesi successivi. E' quindi importante affiancare a un percorso psichiatrico e farmacologico anche un controllo costante sul paziente. Voi vivete tutti nella stessa casa?"
"Sally" Sherman si fa estremamente piccolo sulla sedia, improvvisamente sembra vecchio. A rispondere è Rachel, con la voce ferma e la schiena dritta di un generale. "Vive con me. Mi assicurerò che sia sempre sorvegliata. Cos'altro possiamo fare per lei?"
"Forse", inizia il medico "è il caso di far valutare da un terapeuta lo stato degli altri membri della famiglia... in particolare, situazioni del genere possono avere ripercussioni profondi sui fratelli del paziente. Soprattutto quando si tratta di gemelli, poi..."
Sally si volta e guarda sua figlia con gli occhi spalancati, impaurito come un cerbiatto che ha appena adocchiato un lupo nelle sterpaglie. Anche Rachel si volta verso di lei, le poggia una mano sulla spalla. Mare li guarda ancora confusa, non capisce perché.
Due ore dopo, quando Tish finalmente si risveglia, è lei a trovarsi al suo capezzale. Stava dormendo, ma ha aperto gli occhi dieci secondi prima della sua gemella, quasi ne avesse percepito il ritorno alla coscienza. Tish sorride. "Sei inusitatamente serena", commenta. Le sue enormi ali bianche sono poggiate su un'ampia impalcatura di sostegni e lettini addizionali che occupa metà della stanza privata che i suoi genitori hanno profumatamente pagato.
"Mamma mi ha dato uno Xanax appena è arrivata."
"E quando è arrivata?"
"Mentre ti ricucivano le vene, penso."
Tish sorride affranta, dispiaciuta. "Pensavo non saresti tornata la sera, non eri con Marcus? Mi dispiace."
Mare sprofonda un po' più sulla poltrona. Non ha nemmeno ancora fatto vent'anni.
"Se lo fai di nuovo", la avvisa dolcemente, "mi ammazzo."
Tish sospira. Mare insiste: "Hai capito? Mi ammazzo."
Continua a fissarla finché Tish non si mette a piangere e, nelle lacrime, annuisce rassegnata.
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Philadelphia
Estate 2024
Dorme nella sala d'attesa del General Hospital. Una voce familiare la sveglia da un incubo andato in loop: lei che rincorre Quinn Martin - un semisconosciuto, si ripete in sogno - e lui che vomita mentre suo padre (il padre di chi? La faccia è quella di Sally, ma lei non ne è sicura) dice che il malato sta molto meglio.
"Ehi, bella addormentata..."
L'epitome di una narrativa che vuole le donne relegate a un ruolo passivo oggettificato, pensa mentre apre gli occhi. Si sta coprendo con il trench che aveva addosso la notte prima, non ha potuto cambiarsi e ha bisogno di farsi una doccia. Birkenhead è pieno di cose. Mentre lei si mette seduta, le mostra buste di una boutique in cui deve essere andata a comprare qualcosa almeno una volta. Vestiti, salviette detergenti profumate alla lavanda, anche un tè verde con menta e lime, gelido. Lei lo prende tra le mani e ne fa un sorso ancora prima di decidere se le vada o meno. Lui le si siede vicino. Si passa la mano sugli occhi (il trucco è tutto sbavato), poi gli guarda la giacca. "Hai uno xanax?"
Lui sbatte le palpebre. "No con me, ma posso procurarmelo. Dammi solo un istante..."
"Lascia stare", gli prende il braccio e lo spinge verso il basso, per farlo sedere di nuovo. "Lascia perdere, se resti un attimo va bene lo stesso."
Lo spinge delicatamente contro lo schienale del divano e poi si rigira sui cuscini finché non ha trovato un modo comodo per poggiargli la fronte contro il petto.
"Stai scomodo?", si ricorda di chiedergli, e non ha quasi voce.
Birkenhead sospira molto a fondo, come se non sapesse quanto siano entrambi in ritardo. "No", la rassicura, "no, tranquilla. Va bene così."