domenica 24 luglio 2016

Burnt Bridges


La sveglia la posizione leggermente scomoda, un po' troppo contorta, che ha assunto sul divano, o più probabilmente lo squillo sonoro del cellulare che la fa trasalire. Si era appena riuscita ad addormentare, e quando riapre gli occhi incrocia un paio di elementi insoliti per la cui ricostruzione abbisogna di un secondo. Sospira, spinge il busto di lato, trascina i palmi sul tappeto fino a trovare gli shorts, e nella tasca degli shorts il cellulare. A quel punto è il quinto squillo, e nella fretta risponde senza controllare il mittente.

Il modo in cui sente trascinare hello gorgeous su una voce arrochita dall'alcol e da una risata sfiatata le fa gettare aria fuori dai polmoni con una certa rassegnazione. Ancora stesa, ma con mezzo busto sporto nel vuoto, solleva la mano libera e se la trascina sul viso, sulla fronte, poi tra i capelli. Guarda di lato e l'uomo che ha affianco si rigira ancora ad occhi chiusi, ma è difficile pensare che non si sia svegliato come lei. Ha dei tatuaggi? Lo nota adesso, le sembra per la prima volta. E nota che uno raffigura un drago: rotea gli occhi al cielo e soffia tra i denti un altro sospiro in cui si tende un velo di sufficienza.
- Sei ubriaco...
- Sono le tre del mattino, cos'altro dovrei essere, ah? Come stai, honey bunch, you lovely love muffin, you pretty naughty jellybean, mh?
- Ti ho chiesto più volte di non svegliarmi mentre dormo perché sei ubriaco, Marcus...
- Lo so, sono un fottuto insubordinato, vero?
Scivola giù dal divano molto piano, lasciando sulla pelle dell'uomo una carezza che scorre lungo la spalla. lungo il braccio, ne sfiora le dita e poi le lascia, andando a raccoglierle da terra una maglietta scura e pulita che non le appartiene. Se la infila piuttosto di fretta, poi si gira su se stessa per provare a individuare gli slip. La voce di Marcus se la sente addosso come carta vetrata.
- Ma non ti chiamo mica perché mi manchi you sweet, pretty moonpie, ah? Ho un Google Alert su di te e non squilla soltanto quando qualcuno mette una tua foto piccante online.
- Di che foto stai parlando?
- Fa un cazzo di casino anche quando ti succedono cose serie.
- Marcus, di che foto stai parlando?
Lo chiede alzando la voce, nelle corde vocali naviga un allarme attento, tutto teso. Un respiro sospeso.
- Nessuna foto lil' flower, è un modo di dire... ho letto che della brutta gente è venuta a disturbarti, t'ho chiamato per questo.
Mare riprende a respirare mentre si tira sui fianchi i lembi degli slip. Torce il busto all'indietro e con la coda dello sguardo coglie l'occhio aperto e quello chiuso dell'uomo che la osserva, senza invadenza, dal divano su cui è ancora steso. Lei sospira, si passa una mano sul volto e supera il tavolino. Imbocca l'uscita sul balcone e si accosta la porta-finestra alle spalle (non ha ancora imparato come sia una barriera acustica del tutto insufficiente).
- Non dici niente? Sei ubriaca anche tu? Non lo sai che è illegale?
- Sto bene, è stato uno spavento ma stanno tutti bene.
- Parlato con gli sbirri? Che dicono?
- Non molto... uno l'hanno arrestato.
- Bene, uno stronzo in meno a Philadelphia. T'hanno rovinato casa?
- Non è casa mia, è la sede... no, hanno buttato giù una porta ma non hanno fatto danni gravi.
- Good girl. Always knew you were a good girl. 
Mare abbassa il cellulare, si preme il microfono contro l'interno della spalla e tira indietro il capo. Può fare un sospiro profondo solo così, nascondendo l'esasperazione leggera che le appanna lo sguardo. Più lontano, più soffuso, ma non può fare a meno di sentire ugualmente la voce di Marcus dall'altro capo del telefono.
- E a proposito di stronzi in più o in meno... tieniti pronta, dieci giorni e sei mia, m-mh?
Lei storce le labbra, riporta il cellulare all'orecchio.
- Cosa?
- Che uccellino distratto che sei: abbiamo una data a Philly tra dieci giorni, non te ne eri resa conto? Caesar e Augustin non vedono l'ora di venire a far baccano dove ci sei anche tu, topolina. Meglio che inizi a raccogliere tutte le tue amiche più fighe da adesso...
- Tra dieci giorni hai detto?
- Sì, è quello che ho detto...
Mare si morde il labbro inferiore, e con gli occhi spazza la linea lunga della strada deserta sotto di lei.
- Oh shit, I'm so sorry. Quella settimana sono a Chicago, ho già prenotato i biglietti.
- E che ci fai a Chicago?
- Questioni accademiche. Incontro un'esperta in politiche d'inclusione nell'America post-razziale--
- D'accordo, d'accordo, lo so che sei un uccellino intelligente, love. Tutta la settimana, possibile? Al tuo amico scenderà una lacrimuccia, quando glielo dirò.
- Il mio amico?
- Non te l'ho detto di Jules? Sta in tour con noi anche lui.
- In-- lo state facendo aprire per voi?
- Oh fuckin' Jesus no-- con quelle lagne, che ti viene in mente. Era un po' a terra e adesso sta facendo il roadie. Racimola qualcosa, si compra qualche cosina che gli piace... Sei proprio sicura che non ci sarai?
Lei si strofina un palmo sul volto, dimenticandosi delle labili tracce di trucco che vi sono rimaste.
- Devo proprio andare, Marc. Ci sentiamo presto, okay? Mi faccio sentire io.
- Ma aspetta, prima risp--
- A presto, promesso. A presto.
Interrompe la chiamata con un sospiro di sollievo profondo. Ci mette un po' a scrollare le spalle, raddrizzare la schiena, liberarsi dal disagio. Poi torna all'interno dell'appartamento, rilevando con un vago dispiacere la posizione di Birkenhead: seduto sul bordo del cuscino, non più steso.

Lo raggiunge e si infila tra la sua schiena e lo schienale del divano, ma solo dopo aver abbandonato di nuovo il cellulare sul tappeto. Gli accarezza la spina dorsale (ce l'aveva anche qualche ora fa il tatuaggio in mezzo alle scapole?).

Gli chiede: "resta". Lui sfiata un sospiro profondo che nasconde il ritmo sincopato del cuore. Sorride, dice "okay".E mantiene la parola.