Giugno 2012, Health Clinic Garden, California
- Secondo me è una cazzata che è nata in testa a tua madre... stavi bene, stavi lavorando.
Marcus è un ragazzotto senza rughe tra i ventitré e i ventiquattro anni, e quanto è successo negli ultimi mesi gli pare ridicolo. Lui e Mare Sherman si conoscono da nemmeno un anno, ma nella loro amicizia hanno bruciato le tappe, e lui è sempre stato brillante nel conquistare l'attenzione. Tamburella le dita sul tavolo che li divide, guardandosi attorno con diffidenza. Gli sembra l'ora di visita di una prigione di bassa sicurezza.
- Tu come stai...?
- Dico, ti prendono e ti buttano in questa gabbia e tu dovresti starci? Tu come ti senti? Ti senti bene, no?
- Sì... sì, certo. Non dovrei essere qui, sto bene.
Mare Sherman sorride. Ha diciassette anni e alle spalle mesi a girare il film che sicuramente la metterà sui radar di Hollywood, al Sundance Film Festival, chissà che non riescano ad arrivare ai Golden Globes. Sta già pensando agli abiti. Si avvolge le braccia sotto il petto e stringe. E' sottile, tutta spigoli.
- Insomma è normale che tu sia dimagrita, te l'hanno chiesto per il film, era contrattuale, no? Non che io ci capisca un cazzo...
- Il film l'hai visto?
- Sì, come no. Ci sono andato due volte, era pieno.
- A te è piaciuto?
Marc sorride di un sorriso obliquo, molesto.
- Damn you were hot in that. Sono dovuto andare a farmi una doccia fredda, quando sono uscito dalla sala.
Mare ride piano, a Marc sembra lusingata, ma anche distratta. Forse per quello le prende un polso e le passa le dita ruvide di calli sulle nocche, senza rendersi conto che sono bluastre.
- E se ti porto via di qui?
Mare lo guarda in silenzio.
- Facciamo un viaggio, ho la macchina parcheggiata qua dietro.
- Per andare dove?
- Ovunque.
- E' un po' generico.
- Tijuana, andiamo a Tijuana.
Mare ride.
- Che cosa c'è a Tijuana?
- Noi, appena arriveremo.
- Non so, Marc... hanno una politica poco permissiva, qui.
- Meglio: sarà una fuga, come nei film, mh? Ti va?
Le tamburella i polpastrelli sulle nocche, esigendo una risposta. Mare oscilla il capo, guarda indietro. Ha capelli ricci e lunghi, gonfi, ma prima non erano così secchi. Torna a guardare lui. Sorride.
- Ok.
- - -
Dieci giorni dopo, Sally Sherman è irreperibile, ma Rachel li raggiunge all'ospedale di San Diego in tempi record. Mentre delle infermiere ragionano tra loro se sia il caso di chiederle un autografo adesso o più tardi, Marcus la accoglie freneticamente colpevole, alzandosi in piedi non appena sente il rumore dei suoi tacchi. Terrorizzata dalla telefonata che ha ricevuto poche ore prima, gira su se stessa alla ricerca di medici che, con faccia composta e voce placida, la rassicurano più tardi che sua figlia dovrebbe essere fuori pericolo, ma ha bisogno di un serio programma di recupero perché l'insufficienza cardiaca che le ha fatto perdere conoscenza avrebbe potuto facilmente ucciderla. Marcus ascolta da lontano le sillabe gra-ve-de-nu-tri-zio-ne scandite più volte, e gli gira la testa con una violenza che farebbe pensare stia per avere un'insufficienza cardiaca anche lui. Superato il terrore di aver ucciso Mare, rimane l'ansia sibillino di aver quasi ucciso Mirabe Sherman, l'unica persona che conosce in grado di prendere i suoi sogni feroci, modellarli nella creta e renderli realtà.
Si intrufola nella stanza ore dopo, quando Rachel si allontana per prendere un caffè. Lei è attaccata a un respiratore, la vista gli fa stringere lo stomaco. Si ferma al fianco del suo letto e le accarezza le dita. Sono blu, ed è la prima volta che se ne rende conto. All'improvviso tutte le cose che ha ignorato si compongono in un quadro che rende un'immagine così chiara da farlo sentire un'idiota per non averla vista. L'insonnia la notte, le occasionali vertigini, il respiro affaticato, l'assicurazione di aver già mangiato. I brividi costanti nonostante i venticinque gradi di Tijuana.
L'immagine rubata dalla porta schiusa del bagno, uno scorcio di lei seminuda che si misura il girovita con i palmi aperti, guardandosi allo specchio. La ferita tra le scapole e le costole esposte a una luce bianca, impietosa. E poi, due giorni dopo, il modo in cui gli occhi le si sono ribaltati nel cranio un attimo prima che cadesse sulla soglia del bar in cui stavano entrando.
Vorrebbe sedersi accanto a lei, ma ha paura di fare un movimento sbagliato e romperla. Per cui rimane al suo capezzale, in piedi come uno stoccafisso, finché Rachel non è di ritorno e lo caccia a male parole, dicendogli di togliersi di torno e di non farsi più vedere.