Torna a casa tardi, dopo essersi ripulita di ogni cosa, cambiata, essersi passata le dita tra i ricci mori per ravvivarli. Il peso di una giornata infinita le grava al centro del petto. La rabbia della sconfitta per un errore sciocco, inspiegabile, l'attacco di panico che le ha imposto di chiudersi nei bagni del Nest finché non è riuscita a tornare a respirare, a mentirsi dicendosi che troveranno una soluzione, nonostante tutto. La sorpresa di trovare in Davey Callaway un essere umano pronto ad ammettere e a pagare per i propri errori, e non solo un gorilla di cui ha avuto timore dal primo momento in cui l'ha visto. L'incertezza di non sapere cosa accadrà, di sentire gli eventi sfuggirle di mano senza poterli in alcun modo recuperare. Quando sale le scale fino al suo piano è talmente assorta nei suoi pensieri da non rendersi conto fino all'ultimo dell'uomo seduto sul pianerottolo, di fronte alla sua porta. Trasalisce, e lui sembra riprendersi da un torpore antico, tetro.
- Marc, maledizione, cosa ci fai qui?
Marcus Brown, Titus Red, avrebbe bisogno di tagliarsi i capelli una volta per tutte, ma a quella parte della sua giovinezza non ha ancora rinunciato. Non ha rinunciato alle giacche di pelle, ai vestiti sgualciti, alla vita rock n' roll che il successo in California gli ha garantito, rendendolo una delle rockstar più apprezzate dei tempi moderni. Non ha rinunciato alle ore piccole e ai grandi gesti da infilare in una canzone. Non ha di certo rinunciato a presentarsi ubriaco alla sua porta, con gli occhi rossi di chissà cosa e grumi e nodi pesanti nel petto di cui non vede l'ora di liberarsi. Le sorride. Si lascia scavalcare. Quando lei entra nel proprio appartamento, lui si tira su a fatica e la segue come un randagio.
- Stai male?
Glielo chiede molto delicatamente, con la bocca impastata, mentre si richiude la porta alle spalle. Mare lo guarda come se non capisse, non risponde.
- Non sapevo perché venissi a New York. Sapevo che non era per me. Ti ho fatto seguire. Scusa.
- Mi hai fatto seguire a New York?
- Sì.
Mare sbatte le palpebre, incredula. Boccheggia senza spiegazioni.
- Sei andata allo stesso centro di Tish. Più volte. Con la stessa frequenza con cui andava lei quando stava provando a... ho chiesto a Jules. Mi sono fatto dire cose da Jules. Stai male?
Il modo in cui infila una parola dopo l'altra le fa girare quasi la testa.
- Non hai nessun diritto di chiedermelo.
- Lo so. Lo sto facendo lo stesso. Hai quello che ha Tish? Quello che...
Piega il capo di lato e strizza gli occhi. Geme come se gli stessero calpestando un piede.
- ... Quello che aveva vostra madre?
Lei continua a non rispondere. Martie si tiene in disparte, forse ha annusato la situazione dal suo cuscino d'angolo. Marcus oscilla il peso da una gamba all'altra, non le è mai sembrato più a disagio. Ha gli occhi lucidi e tira su col naso come fosse un ragazzino.
- Ti prego, di' qualcosa.
- Non so cosa dirti.
- Da quanto lo sai?
- Diversi mesi. La scorsa estate.
- Perché non me l'hai detto?
Mare sorride, ha scuse dolorose incastrate negli occhi. Spalanca le braccia, poi le lascia ricadere lungo i fianchi. Sembra delusa.
- Perché non volevo far star male Tish. Perché non volevo dover consolare altre persone. Te. Perché non mi andava di pensarci.
- Se lo avessi saputo...
- Cosa?
- Avrei messo la testa a posto, sarei venuto da te prima.
- Non mi avresti trovato. Lo sai.
- E ora?
Marcus oscilla in avanti. Sono quattro passi, ma riesce lo stesso a non farli dritti, a ciondolare. Ha sempre oscillato come un giunco al vento. Deve essere il motivo per cui nulla è mai riuscito a spezzarlo: ha sempre avuto un modo di essere elastico.
- Avanti, Sherman. Sono io, siamo noi. Senza di te non sarei mai arrivato qui, non sarei niente. Ti piace Philadelphia? Okay, rimaniamo a Philadelphia. Rimaniamo in questo quartiere, in questo palazzo, in questo appartamento pulcioso se ti va. Tu puoi continuare a lavorare e io posso mollare i Cons e iniziare la mia carriera solista con qualche etichetta della zona.
- I ragazzi avranno da ridire.
- Non me ne frega un cazzo dei ragazzi. Di nulla. E tu come farai quando arriverai al punto in cui è Tish adesso? Lei ha Jules. Tu hai bisogno di me. Io di te.
Oscilla ancora in avanti finché lei non può sentire il suo respiro alcolico sulla pelle. Le prende le tempie tra i palmi, preme fronte contro fronte.
- Per favore non mandarmi via. Per favore ora basta. Per favore, dimmi cosa devo fare e lo farò.
Lei sospira. Marc ha il tepore di qualcosa di familiare. Le prende i polsi con le mani e lo costringe ad abbassarli. Gli accarezza il viso, ma lo bacia solo su una tempia.
- Puoi dormire qui. Ma domani devi andare via.
- Perché?
- Perché non ho più posto per te, Marc. Voglio altre cose.
- Posso dartele io. Dimmele.
- Non puoi.
- Dimmele.
- - -
Slip back out of whack at your best.
It's a nightmare,
So I'm joining the army.
No house phones, but can I still call?
Will you wait for me now?
We got the right to live, fight to use it,
Got everything but you can just choose it
I won't just be a puppet on a string
Don't go that way.
I'll wait for you.
And I'm tired of all your friends
Listening at your door
I want, what's better for you,
So long, my friend and adversary.
But I'll wait for you.
Get dressed, jump out of bed and do it best.
Are you OK?
I've been out around this town
Everybody's singing the same song for ten years.
I'll wait for you.
Will you wait for me too?
And they sacrifice their lives
In our land are all closed eyes.
They've said it a billion times and they'll say it again.
So long my adversary and friend.
Don't go that way.
I'll wait for you.
I'm tired of all your friends,
Knocking down your door.
Get up in the morning, yelling no more,
So long, my friend and adversary.
I'll wait for you.