Amelia è sottile. La saluta con baci sugli zigomi volatili, e ogni volta che vogliono vedersi hanno bisogno di prendere in mano le proprie agende a pianificare luoghi e momenti nei minimi dettagli. Lei si ritrova spesso a scrutarne i lineamenti e, quando affrontano l'argomento della Cittadella, Mare deve decidere quanto scaldarsi, quanto è disposta a dire e a farsi dire. Mantiene un tono moderato per opinioni radicali, ma comunque stemperate rispetto a ciò che pensa veramente. In macchina, sulla via verso Mutiny, decide di fare una deviazione per percorrere a distanza di sicurezza angoli di North Town vicino alle barricate. Mentre guida in silenzio, inizia a chiedersi se non sia diventata a pieno titolo un'estremista. Si risponde che sì, forse lo è, e lo pensa con una leggerezza che le riempie il petto di una risata allegra, liberata da una vita passata a farsi intimare moderazione mentre il mondo attorno a lei andava a puttane. "L'importante è mantenere la calma, miss Sherman", recita a voce alta ciò che le disse il preside dell'UCLA, dopo averla convocata di fronte a un comitato disciplinare, "calma e pacatezza possono risolvere ogni cosa, e portano di certo più frutti di tutto questo urlare." Mare batte i palmi contro il volante, accelera e urla, a pieni polmoni, come una ventunenne durante lo Spring Break.
Nick è deluso? Non ne è sicura. Ne guarda il colorito alla menta e per l'ennesima volta è costretta a mettere in discussione ognuno dei propri passi. Prima lo corteggia con l'idea di un cambiamento pacifico, tacendo come abbiano dovuto ripetere mille volte di non fare vittime tra gli umani da sfrattare, tacendo come uno di loro le abbia puntato contro un fucile a pompa e abbia premuto il grilletto, tacendo come abbia fatto parte del gruppo che ha vegliato sull'allontanamento di una famiglia dopo l'altra dalle loro case. Vorrebbe prendergli la faccia tra le mani, premergli le dita sulle tempie, baciargli entrambi gli occhi e farglieli riaprire sul mondo come lo vede lei, un posto ostile, pieno di nemici in fila per ottenere un barattolo del loro sangue. Si dice che non è consapevole di essere un mutante da abbastanza tempo, che non ha vissuto come un estraneo nel mondo tanto quanto l'ha fatto lei, che ora non è pronto a capire, ma un giorno capirà. Se lo dice, ma non può fare a meno di pensare che, un giorno, dovrà imparare ad accettare che non tutte le persone che vuole al suo fianco saranno necessariamente d'accordo con lei.
Ma alcune sì.
Max è dalla sua parte. Lo scopre e lo riscopre ogni giorno, conquistata da un'incredulità che ha difficoltà a rimodellare. Ricorda le prime volte in cui hanno parlato, il distacco di lui e la sua inesauribile ostinazione a volerlo chiamare
fratello, a stabilire un legame, a sentirlo parte della sua comunità. Quando si è affacciato alla porta di Mutiny, lei ha trasalito e si è chiesta cosa ci facesse lì. Quando se ne è andato, ha combattuto contro se stessa, dicendosi di dover operare maggiore cautela, un po' di sanissima diffidenza. Ma quando è andata a dormire sorrideva, e non è riuscita a fare a meno di riempirsi di una fiducia immensa e devota.
Jo si è fidata di lei. Ha distrutto una delle sue piante preferite e danneggiato la libreria, ma quando non sapeva dove andare, è andata
da lei e le ha detto guardami, sono speciale anche io. Non ha pensato neanche per un istante che non avrebbe dovuto fidarsi? La notte gioca con i suoi capelli mentre dorme stesa accanto a sé, ne guarda i lineamenti morbidi e un corpo generoso in cui non legge privazioni. Per lei inizia qui, pensa, la scoperta di chi è veramente e la frustrazione di non poterlo dire al resto del mondo - oppure dirlo, e poi rassegnarsi a vivere una vita marchiata di nero, di lutto -. In mezzo ai suoi baci ha trovato un angolo di oblio, dimenticanza. E' una parentesi, ma una parentesi piacevole di cui spinge i limiti finché non è mattina, e non si rende conto che il suo frigo è vuoto e l'unica colazione che può offrire è un bastoncino di sedano intinto in caffè non zuccherato.
Benedict è un fantasma, vive in un limbo sospeso tra desiderio e diffidenza. Quando stanno insieme, lei si ritrova a oscillare fisicamente tra lui e lo spazio vuoto alle proprie spalle, magnetizzata da un uomo che non è più sicura di conoscere così bene e, allo stesso tempo, tirata indietro da tutte le cose che dovrebbe dirgli se davvero compiesse quel salto. Non è pronta, e di certo non lo è lui. Quando la mattina le suona la sveglia e non ha voglia di alzarsi, si nasconde sotto il piumone e scorre la rubrica del cellulare, stendendo piani di riserva per il matrimonio di sua sorella.
Tish è felice e Tish sta morendo, ma Mare si impegna per pensare solo alla prima parte. Galleggia in un oceano di negazione, affastella un impegno sull'altro e si preoccupa della propria pelle, della terapia, delle pasticche, della Guyana, della Cittadella, del suo cane che è costretta a lasciare ciclicamente da
Routh, con le scuse più improbabili. Le rende improbabili appositamente: spera che lei dia per scontato che siano false, che in verità riguardino tutte le cure che sta facendo. Menzogne stratificate su altre menzogne, vorrebbe caderle ai piedi e chiederle perdono per ogni stronzata che le dice con un sorriso. La abbraccia meno di quanto vorrebbe, quasi temesse che la sua doppia (tripla, quadrupla) vita si indovini dalla tensione dei suoi muscoli.
A Inara invece non dice bugie, non tace verità: non vuole, almeno a qualcuno deve dire le cose come stanno. Quindi le racconta di Amy, e in parte le racconta anche di Birkenhead, seppur non pronunci mai il nome di nessuno dei due. Parlano di Martha's Vineyard, e sulle prime ride nell'immaginare Joseph Patrick Kennedy III così come l'ha conosciuto impacchettare i cimeli di famiglia e lasciare la sua villa sul mare alla popolazione superumana. Poi ci pensa di nuovo, inizia a contare, a considerare un piano programmatico in quattro, cinque anni. A pensare che forse la sua eredità potrebbe essere questa: un'isola libera. Un angolo di mondo libero. Inara le ha cambiato la vita, gliel'ha salvata, e ora le offre l'opportunità di cambiarla (di salvarla) a qualcun'altro. La mattina dopo, sotto il piumone, invece di scorrere la rubrica, mormora contro il lenzuolo l'iscrizione su una tomba:
qui giace Mirabe Sherman, idealista feroce, mutante con ali solide e polmoni enormi, che liberò questa terra e ora si è meritata di dormirci dentro. Non ebbe mariti, mogli, non ebbe figli. La sua famiglia siamo noi, le abbiamo perdonato tutti gli errori perché ciò che ha ottenuto è più grande di ogni sbaglio che ha compiuto.
E' una casa, e un posto dove vivere. La notte del suo compleanno, cinque minuti prima della mezzanotte,
Marc si presenta alla sua porta con una bustina d'erba e un sorriso che lei, fosse una persona più coscienziosa, gli schiaffeggerebbe via dalla faccia. Invece lo fa entrare, fumano insieme, e passano tutta la notte seduti sul divano a guardare dei filmini di quando avevano diciott'anni, a prendere in giro le loro capigliature, a fingere di non passare tutte le sere a contarsi le prime rughe. Alla fine lui si addormenta sulle sue gambe, e lei gli accarezza i capelli disordinati, un velo di barba troppo tenera per essere quella di un ultratrentenne.
Sulla nostra isola, per te non ci sarà spazio, gli mormora pianissimo, un respiro e un bacio che gli poggia sulla tempia con tutto l'affetto nostalgico di cui è capace. L'ha già perso, è ancora lì. Si addormenta anche lei dopo poco, i suoi sogni popolati da draghi e monumenti agli eroi.