(Non avevi detto che...
Potrei aver mentito.)
Mare torna a casa la sera ormai tardi, dopo aver girato nel nulla per ore, in macchina, per qualche motivo sicura che qualcuno la stesse seguendo. La accoglie una cagnetta affezionata a cui deve ancora trovare un nome, e quando la porta a spasso e qualcuno le chiede come si chiama, si limita a inventare.
Sul tavolino all'ingresso trova un pacco postale che Scarlett deve averle lasciato ore prima. Il timbro postale dice Portland, quindi sa già cos'è (è stato annunciato). Scavalca le bollette senza neanche guardarle e va a mettersi sul divano. La sveglia del suo cellulare squilla, lei prende un paio di pillole che ha in tasca e le manda giù. Sospira.
(Speravi che me ne andassi... o che restassi?)
I bambini sono quattro, non tre: aveva informazioni sbagliate. Ad una prima occhiata tre, cinque, dieci e sedici anni, più un vecchio e una donna di una quarantina d'anni. I piccoli sono tutti diversi, e nessuno di loro somiglia alla madre, ma dietro la madre si nascondono quando un gruppo di sconosciuti entra in casa loro a informarli che devono andarsene. Il sedicenne no: si butta in avanti e prova ad aggredirla con una mazza da baseball, ma qualcuno di più grosso di lui lo prende per la collottola e lo inchioda a terra.
(Per cui ora ti dirò questo, e tu potrai farne quello che vuoi.)
Aspettate, prega l'anziano mentre vengono scortati fuori, aspettate, vi prego. Non hanno altri posti in cui andare, nessuna famiglia all'infuori di loro, che cosa potranno fare? Il clima è ancora tiepido, si dice lei, e riusciranno a trovare una soluzione prima che diventi inverno. Spinge sotto il tappeto tutto ciò che ha studiato sui corsi e ricorsi della povertà, ma non riesce a fare a meno di pensare di essere, ancora prima che una mutante che caccia degli umani, una privilegiata che sottrae un tetto a una famiglia in difficoltà.
(Potrò essere più... precisa, nell'immaginare il futuro.)
Un brivido le suggerisce che potrebbe starle tornando la febbre. Come ha imparato, si prende il polso e conta i battiti al minuto. E' ancora sotto controllo, si dice, non ha motivo di preoccuparsi. E ha ancora un giorno intero prima della prossima seduta, lunedì mattina. Prende in mano il pacchetto e lo scarta. E' un volumetto di una novantina di pagine, sottile e con un'illustrazione espressionista in copertina. Di Tirunesh Sherman. Il titolo della raccolta di poesie è "Hollow Bones".
(Ero furiosa. Non stavo ascoltando.)
Non piange solo perché non ne ha più forza, ma il sospiro che prende le si spezza a metà. Solleva la copertina e sfoglia le prime pagine. La dedica dice: "a chi mi somiglia".
(Devi solo... darmi un attimo. Un attimo soltanto.)
E tutto avrà senso, di nuovo.
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Forget the ink, the milk, the blood—
all was washed clean with the flood
we rose up from the falling waters
the fallen rain’s own sons and daughters
and none of this, none of this matters.